insoliti per il mondo se non allineati

Se noi viviamo pressoché tranquilli in mezzo al mondo,

è segno che forse ci siamo intiepiditi. H. De Lubac

I libri che si sono insediati sulle pareti dello studio – sono entrati in casa uno alla volta, come si conviene per la buona intimità di ogni amico e per il rispetto che si deve a ciascuno; quei libri ogni tanto chiedono di essere ripresi in mano. Chiedono? Non sono muti portatori di parola, vivi solo per qualcuno che li apre? Sono allineati sugli scaffali come materia inerte, che dunque non parla; o stanno ormai dentro di te, con la discrezione
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per ricominciare

È una mattina dall’aurora molto lunga, questa. La luce stenta a sorpassare il confine che la tiene altrove. Sembra faccia fatica a svolgersi nel nuovo giorno: come chi si interroga, nel dormiveglia mattutino, se la giornata che ha davanti meriti che ci si alzi prontamente. È inevitabile che ogni cosa sia preceduta da un giudizio: direi che è il giudizio che fa nascere ogni cosa, ed è il giudizio che la tiene in vita, o la abbandona. Giudizio di bene o di tornaconto
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terra di tutti, terra fertile

Alla porta del rientro di settembre, addosso ci troviamo una batteria di valigie strapiene di avvenimenti, occasioni, ricordi, e problemi. Un anno di giubileo che si sta svolgendo sovraccarico di incontri e di provocazioni, ma anche di illusioni e di delusioni: certamente di contraddizioni.

Si gongola per numeri che sembrano oceanici, in manifestazioni religiose o politiche, e si finge che non esista il problema di chi non c’è:
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in fondo all’estate i luoghi e le ore

in fondo all’estate i luoghi e le ore

Uno dei primi filosofi ha scritto che è l’anima dell’uomo che scandisce il tempo. Non il sole e non l’orologio. Quello che, nella vigilia, ti si prospetta come un viaggio insopportabile per la sua lunghezza (metti di dovere in treno andare da Bergamo a Roma per un impegno) può invece diventare piacevolmente rapido. O una messa solenne obbligata, che alla vigilia infastidisce un po’ le attese sobrie del tuo stile religioso, ti passa via in un soffio
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buttare uno sguardo da fuori, dentro ciò che siamo

Sono talvolta chiamato a dare un qualche mio contributo ad altre comunità, parrocchiali e non, in provincia o fuori. E solitamente provo grande ammirazione per le persone e le situazioni che incontro, per l’entusiasmo, per le cose fatte bene, per la tensione al meglio che mi pare di vedere. Ne ritorno sempre caricato. E con la sensazione che qui da noi manchi qualcosa. Poi, succede che altri passino da noi: e dicano nei nostri riguardi una uguale ammirazione,
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poveri ma liberi

Chi è stato a Roma racconta che le basiliche sono piene, i confessionali frequentati, e i bottegai delusi per i pochi affari. È un bell’ascoltare, e non certo perché io abbia qualcosa contro i bottegai. Ma, poiché la paura di questo Giubileo era che tutto finisse in affari dentro e fuori i sacri recinti, sapere che i pellegrini per fede hanno l’astuzia evangelica di chi sceglie l’azione di grazia, conforta e sprona. Abbiamo alle spalle molta storia
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ha dato, ha tolto, Dio sia benedetto

“Da quando tua madre è morta, non parlo più con Dio”. Solo un ebreo può dire una frase così ad un figlio che lo invita a pregare. Siamo in un film americano, dove il giorno dell’indipendenza coincide con il giorno in cui l’umanità supera finalmente i confini di razze e d’ideologie, e si ritrova insieme contro un comune nemico che viene dai mondi lontani dal sistema solare. Può sembrare un’americanata: ingenuo nelle elaborate e fortunose soluzioni, e con effetti
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ciascuno cavi la parabola per sé

Sarà per qualche folata, che fa strusciare i rami delle palme sulla finestra, piegando e avvolgendo le affilate lame verdi in un suono lento e cadenzato, che ritma lunghi silenzi sospesi; sarà per questo vento inatteso che viene da non si sa dove a portare la speranza che si rompano finalmente i cieli, a guarire la lunga aridità e a ripulire l'aria: ma anch'io, che sono tra i più disinteressati, sono stato coinvolto dal rosso e dal nero, che in questi giorni
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con questa Chiesa nella carità della verità

Caro don Attilio,

   sulle dimissioni del Papa, di cui ha parlato il vescovo Lehmann di Magonza, si sono fatte molte parole. Da "una specie di aggressione che suona anche di cattivo gusto" del vescovo di Como, alla "impressione che chi invoca le dimissioni abbia una visione sociologica della Chiesa e della missione del Papa" secondo la sentenza del cardinal Fagiolo. Ho anche letto che l'intervista del vescovo tedesco non era poi del tenore riportato nelle prime notizie: una cattiva comprensione di un congiuntivo lettera firmata
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varcare la soglia del finisterre

Ciascun popolo ha il suo finisterre: c'è in Bretagna, c'è in Gibilterra, il nostro, almeno quello visto da me, è a S. Maria di Leuca. E' il confine tra terra e mare che diventa un termine della terra, e con la terra, la fine di un andare, l'ostacolo, il limite ultimo. Che poi ultimo non è mai: basta una barca e il vento, e si solca l'insormontabile. Ma per che cosa? Per ritrovarsi su altre terre, per essere chiamati da altre acque.

A volte si va controvoglia,
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