in fondo all’estate i luoghi e le ore

Uno dei primi filosofi ha scritto che è l’anima dell’uomo che scandisce il tempo. Non il sole e non l’orologio. Quello che, nella vigilia, ti si prospetta come un viaggio insopportabile per la sua lunghezza (metti di dovere in treno andare da Bergamo a Roma per un impegno) può invece diventare piacevolmente rapido. O una messa solenne obbligata, che alla vigilia infastidisce un po’ le attese sobrie del tuo stile religioso, ti passa via in un soffio

(è successo a chi ha osato venire per la prima volta alla lunga veglia della Pasqua: a suo dire, in un soffio d’attimo s’è trovato sbalzato dal fuoco nuovo che apre la celebrazione all’ite missa est (per dirla in modo comprensibile a tutti), che così pieno di alleluia inviava nel mondo ormai illuminato da Cristo.

E’ il miracolo dell’incontro. E della compagnia che trovi. E’ il miracolo di parole che si svolgono piacevolmente tra persone che s’incontrano per la prima volta, o della Parola che ti viene offerta secondo attese più ampie e più profonde di quelle rituali: e questo fa dire che le ore sono passate senza che ci si accorgesse. Il tempo passa in fretta se stiamo con persone a cui vogliamo bene, e troppo in fretta quando facciamo cose che ci interessano. Non passa mai quando una celebrazione è noiosa, quando un incontro non s’accompagna a simpatia. L’esperienza ci dice che il tempo è relativo allo stato d’animo: e le cose si danno e si sottraggono secondo la passione di quel momento.

Ma anche lo spazio ha una scansione diversa. O meglio, i luoghi, che dello spazio sono tangibili volti. Quattro anni fa sono stato in Sicilia: una terra magnifica, un’esperienza che ha marcato le mie categorie di bellezza. Quattro anni fa sono stato in Sicilia: una terra magnifica, un’esperienza che ha marcato le mie categorie di bellezza. Da allora, con gli ospiti delle nostre accoglienze, appena sentivo che venivano da Agrigento o da Palermo, da Trapani o da Catania, mi è successo di partecipare i miei ricordi in maniera così calda, da vederli sciogliersi nei toni di una familiarità speciale. E questo mi ha insegnato con chiunque altro – venisse da Bolzano o da Napoli – l’ingresso nella verità di una relazione attraverso la porta della sua storia: che è fatta, prima di ogni altra relazione, dai colori del suo mare e delle sue montagne, del tramonto o dell’alba – che sono così diversi per ciascuno, pur nella invariabilità degli elementi e dei fenomeni. E’ questa memoria che rende complice ogni sconosciuto.

Quanto tempo non ha preso significato per noi? E quanti luoghi non si sono incontrati, pur passandoci in mezzo? Ci è mancato il presente, l’essere qui e proprio adesso. Ci priva del futuro non capire lo spessore del momento che si vive, e si spreca per sempre, forse, una chiamata.

L’estate che ci sta davanti può servire a questo, qualunque avventura ci capiti. Che sia nella luminosa penombra di Chartres o del nostro Tempio; nella quiete di via Fontanabrolo o dell’estrema terra di Bretagna, nell’assolata distesa della campagna madrilena o nella immobilità estiva di via Statuto, appena scossa da un raro passaggio di ambulanze: ovunque sia, lasciamo che il tempo scivoli nella nostra anima, a riempirla dei luoghi dell’infinito.