Chi è stato a Roma racconta che le basiliche sono piene, i confessionali frequentati, e i bottegai delusi per i pochi affari. È un bell’ascoltare, e non certo perché io abbia qualcosa contro i bottegai. Ma, poiché la paura di questo Giubileo era che tutto finisse in affari dentro e fuori i sacri recinti, sapere che i pellegrini per fede hanno l’astuzia evangelica di chi sceglie l’azione di grazia, conforta e sprona. Abbiamo alle spalle molta storia
in queste terre di antico cristianesimo; e davanti a noi la tentazione di assicurarci un avvenire tranquillo.
Lo slancio missionario si è indubbiamente affievolito. I giovani europei mettono la religione al dodicesimo posto dei loro interessi, dopo internet: e dunque il milione e mezzo dei ragazzi che in agosto si stringeranno attorno al Papa non devono diventare una cortina fumogena per poter cantare i peana del ritorno al religioso. Mai era successo che si vivesse prendendo Dio come un accidente, in cui forse capiterà di imbattersi. Mai come oggi la quasi totalità della cultura, diffusa da letteratura e cinema, vive di situazioni in cui i fatti della fede non esistono proprio: esiste la facciata delle cerimonie – battesimi, matrimoni, funerali – ma non esiste il sacro, e il silenzio e la domanda che ne derivano.
Eppure sono uomini e donne battezzati, che discendono da comunità fecondate da uomini grandi come Benedetto e Bernardo, e da santi che hanno costellato tutti i secoli, anche i più bui. Che sta succedendo? Perché questa credibilità in meno? Eppure la Chiesa è più accettata di un tempo, è meno combattuta dai laicismi di sempre. Le pratiche di fede dei singoli non interessano; interessa la Chiesa: forte per i deboli a cui le istituzioni non arrivano, garante la sua parte delle cose costituite, che di solito si chiamano valori. Una Chiesa che si adatta al mondo, che stringe convenzioni e vive di concordati, chi convince? Può convincere i vari poteri del mondo, e dunque diventa anch’essa un potere. Ma chi convince di quelli che cercano l’avvenimento grande della storia, Gesù venuto per risuscitare dopo essere morto?
La forza della Chiesa sta nella propria debolezza, nelle ferite risuscitate del corpo di Cristo che annuncia al mondo. La sua forza sta nella sembianza della città sopra il colle: bella se le sue costruzioni, incernierate l’una all’altra, mostrano una congruenza compiuta, pur nella diversità dei colori e degli spazi. Se si staglia come Città Alta in questi giorni di aprile, ritagliata dal sole in un cielo da temporale. Se ritrova la libertà nel difendere la sua diversità rispetto ai mezzi del mondo, e al consenso inutile che le viene da un appiattimento sulle richieste del mondo. Se ritrova la profezia dell’altrove, che un vecchio papa, indomito contro la debolezza del suo corpo, riesce a trasmettere ben oltre ormai le sue stesse parole.
La Chiesa nell’insieme del suo corpo, e non solo nei singoli, compie il proprio Giubileo, se si rimette all’inizio, nel cenacolo chiuso dalla paura: definitivamente spalancato dallo Spirito, che manda ad annunciare le cose del Signore, nella leggerezza lieta di chi non ha borsa.