Non ho un account social
La dipendenza da riscontro immediato che affligge chiunque stia troppo attaccato ai social non mi affligge (e non ne abbiano a male quanti stanno nel miliardo di utenti giornalieri di whatsapp, e mi predicano l’indispensabilità di simili tecnologie nel tempo presente). E dunque, su questo nostro giornale di collina scrivo quando ho qualcosa da dire, da condividere con i sempre citabili ventiquattro lettori. E capisco che i tempi della loro attesa non sempre coincidano con i miei tempi di tempestività. Per esempio: ho avuto voglia di chiosare quanto, cerca tre settimane fa, Barack Obama così ha provocato gli studenti ad impegnarsi per il loro paese (loro, i giovani, quelli che astenendosi dal voto, procurano guai alle loro nazioni – vedi per la Brexit o per l’avvento dell’attuale…
compagno/a
Una volta era l’orgoglioso modo di sentirsi appartenente alla schiera di chi il mondo lo leggeva con occhi di giustizia; o come appartenenza sociale: compagno di scuola, del servizio militare, di squadra sportiva, e che si prolungava ben oltre gli anni. Ora è cambiato l’uso. Adesso ha preso il posto di quelle definizioni che stavano a segnare un cammino d’amore: fidanzato/a, sposo/a. A sentir dire, oggi non ci sono più mogli e mariti. Ci sono compagni. Però a me sembra che manchi l’orgoglio nella pronuncia, quell’orgoglio che era frutto di una scelta condivisa, di un offrirsi al mondo insieme. Certo, un tempo non c’erano i divorzi: e dai molti lo si racconta come fosse una disgrazia. Mentre disgrazia è questo condursi di fiore in fiore, neppure si fosse dei calabroni. So che è un parlare…
l’eterna giovinezza
Si racconta che il no alle Olimpiadi a Roma è stato deciso da un ristretto gruppo di opinionisti, radunati nell’officina del meccanico che cura la moto di quel expolitico non ancora del tutto ex che va sotto il nome di “dibba”. Dunque le cose stanno così, e non è una leggenda romana: è nero su bianco in un libro scritto dallo stesso ex non ancora del tutto ex. Si racconta dunque che il suo meccanico abbia convocato un po’ di vicinato, tra pezzi di ricambio su pavimento oleoso, per un sondaggio, preliminare di quella votazione in rete di cui i suddetti sarebbero stati le cavie. Una decina di persone, ma rappresentative: un fruttivendolo, un edicolante, un pensionato, e un paio di familiari, il “dibba” stesso in veste di elicitatore. Non è detta l’età dei partecipanti, ma forse non conta ai…
esercizi
Quando si ha un po’ più di tempo a disposizione – e l’estate è questo tempo, quando si rallentano gli impegni dell’anno – ci si può dare a riprendere i libri del liceo. E uno in particolare che mi aveva allietato, sottobanco, durante lezioni noiose, era sull’etimologia delle parole italiane derivate dal latino. Quelle che hanno la stessa radice ma significati diversi: ad esempio, le due parole tradizione e tradimento. Due parole che non potrebbero essere così distanti. All’apparenza. Perché derivano entrambi dal consegnare: nel primo caso la consegna riguarda tutto ciò che viene passato dalle mani di una generazione a quelle di un’altra, per salvaguardarlo dallo scorrere nel tempo; nel secondo caso, invece, la consegna riguarda qualcosa che dovrebbe essere protetto, e invece viene…
ragnatele
Impatto di un insetto, e carico del vento: sottile e resistente, la tela di un ragno è studiata dagli scienziati; e ci dicono che l’ancoraggio è il suo segreto e l’elasticità la sua forza.La natura è straordinaria e ogni piccola cosa ce lo ricorda. Quanto tempo per guardare un ragno domestico mentre costruisce e fa prendere forma a una ragnatela perfetta? È tempo perso? O il tempo utile ad accorgersi d’essere circondati da meraviglie e misteri, che possono sfuggire per tutta una vita? e dunque lasciarci poveri di sguardo sul creato che ci è donato? Ma non è di ragni che si tratta qui, anche perché di aracnofobia potrebbe essere affetto un qualche frequentatore del sito (e di fatto alcuni ragni sono proprio repellenti: e aprono il dibattito su perché la creazione abbia anche forme…
Vanità
Vanità delle vanità è la vita. Non l’ho mai così ben capito come dopo questa notte: in sogno, la signora Bona mi ha rimproverato perché da tempo non scrivo sul sito. Dovete sapere che la signora Bona è morta qualche mese fa, a novantadue anni. Una di quelle donne fino all’ultimo sveglie e battagliere. Una che seguiva questa rubrica, per voler sapere come da qui viveva il suo emerito parroco. Una che circa due anni fa, per una sosta scritturale di cui oggi non ricordo il motivo, pure mi aveva sollecitato a riprendere, e l’aveva fatto con il tono di chi non vuole che accampi scuse. Aveva diritto di non lasciarmi solo, diceva: e ha detto con le stesse parole stanotte (sapete, i sogni sono ricordi che si slacciano dall’impiantito della memoria). E così ho dovuto spiegarle, in sogno, il perché…
cerchio magico
Una espressione usata (per la prima volta?) qualche anno fa riguardo al capo di una parte politica ben precisa, che si sarebbe poi estenuato, quel capo, in un condottiero molto muscolare, e più evidentemente destrorso. Ma da allora molti altri sono stati accusati di lasciarsi irretire da un cerchio magico: che sarebbero poi degli incensatori del capo, per impedirgli di andare oltre loro (ricavandone così benefici per le proprie azioni e le proprie idee). Insomma, loro imprigionano il capo, dentro una rete che fa credere al malcapitato – che tuttavia si rassicurerebbe in tale nube di incenso o di nebbia – facendogli credere il loro dire e il loro pensare come il dire e il pensare di tutti. Qualcosa che viene ora imputato anche al papa, e non da fonti giornaliste interessate da accanimenti…
25 aprile
Quel giorno là, io c’ero. L’avrebbero chiamata giornata della liberazione: dai fascismi. Avevo un anno e due mesi. Dunque non potrei averne memoria. Se non per i libri, o per i racconti di famiglia. Mio padre ancora in prigionia, cosa che si sarebbe protratta fino all’inizio del ’46. E le donne rasate, nel mio piccolo paese, in segno di disprezzo: non uccise, ma con quella violenza sulla fronte che le avrebbe segnate a vita. E ancora oggi la si celebra così, festa della liberazione, chiamando a raccolta contro i nuovi fascismi, più occulti, ma non meno pericolosi. Dunque quei corsi e ricorsi della storia, che non si vorrebbero su queste tragedie? Fu appunto Giambattista Vico a dire che “per i Latini il ‘vero’ e il ‘fatto’ sono reciproci, ossia, come afferma il volgo delle scuole, si…
Il post
Il post- come caratteristica dell’ultimo secolo. E così si è raccontato di aver attraversato, in successione, una società post-illuminista, post-fascista, post-comunista. Dando la tara: perché di illuminismo e fascismo e comunismo restano intrisi molti animi, seppur in quantità e qualità diverse, ma non tanto da incidere sulla figura della società in cui viviamo. (Senza naturalmente disconoscere i ritorni: quelli che avvengono all’est dell’Europa, o in confini tra loro estremi della geografia politica). Ora, se non ci siamo ancora, poco ci manca a definirci una società post-cristiana: qui da noi, in cui Roma è caput mundi per la sua storia millenaria e per la sede cattolica che ne ha preso il peso, e anche la zavorra. Naturalmente, i post- nella misurazione ideologica: un pensiero che non…
fake
Scrivo mentre si stanno completando le chiamate per l’elezione dei due presidenti del Parlamento. Che sembra ormai realizzare quanto hanno già detto i muri di Roma, con quella moderna pasquinata del murale che profetizza un abbraccio tra due forze che in campagna elettorale si sono dette opposte l’una all’altra. Ma noi dovremmo gioire purché si realizzi il salmo 85, là dove si auspica che il futuro veda abbracci, sempre. Per la verità, il salmo dice dell’incontro di amore e fedeltà, di giustizia e pace. Ma sono parole che chiunque vorrebbe realizzate, da qualunque abbraccio provengano. O no? Ma sarà così? In un suo studio, l’amico Nando Pagnoncelli dell’Ipsos racconta che quel che è avvenuto all’inizio di marzo è frutto di una campagna elettorale “fake”. Una competizione elettorale basata…