Varie ed eventuali .3
Sulla famiglia vogliamo stendere un pietoso velo? Cari cattolici che sosterrete alle prossime elezioni quelli che se ne riempiono la bocca, avendone due o tre, o nessuna ma amanti dichiarate con figli allargati? Voi cattolici, dico, che per ragioni elettorali vi sentite tanto cugini di movimenti para-cattolici, ma molto poco cristiani. Un’indagine della Fondazione Donat Cattin rivela che più della metà dei giovani intervistati non vede figli nel proprio futuro, e un 20 per cento non vuole nemmeno un rapporto stabile di coppia. Non è colpa di quei movimenti, ma di queste radici inaridite si dovrebbero occupare, nelle piazze delle loro anime.
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“Più bravi di Totò, che pure era riuscito a vendere la fontana di Trevi. Eppure, sotto altre forme, c’è chi ci promette cose impossibili e noi gli diamo fiducia. Si deve prendere atto, laicamente, che la credulità è un male necessario del suffragio universale: molte grossolane menzogne vengono incontro al nostro desiderio segreto di crederci”. E così, se qualcuno vi dice che per ottocentomila nuovi pensionati che otterremmo con l’abolizione della Fornero (non lei …) ce la caveremmo con un miliardo, non barrate “credo”. Andate a controllare, e vi accorgerete che qualcuno non sa fare di conti. Eppure pretende di governare il paese.
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Lo direste che al Meeting di Rimini ci siano persone che sfuggono al clima destrorso che da sempre distingue i giussanini? C’è una certa Chiara che a differenza di quanto fatto finora, dice che voterà centrosinistra. Perché gli fanno meno senso, non perché siano perfetti. E infatti, lavora a Milano, e lì si stupiscono che una cattolica come lei si trovi bene con gli stranieri. No, “Cristo se la faceva con pescatori e puttane. Non il loro stile, mi pare”. Non lo stile della destra di BerMeSal; per non dire di quel Lupi che si è inscatolato nell’anticomunismo ambrosiano d’antan.
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È di ieri la notizia che il ministro degli Esteri ucraino, ha annunciato la decisione di convocare il nunzio apostolico in Ucraina, per esprimere il «disappunto» dopo le parole di Papa Francesco sulla morte di Daria Dugina. Costei, la figlia dell’ideologo di Putin, lei stessa dichiaratamente schierata con il padre biologico e con il padre della patria a favore della guerra, ha avuto queste parole del Papa:”Penso a quella povera ragazza uccisa da una bomba sotto la sua auto a Mosca. Gli innocenti stanno pagando per questa guerra”. Parole che avrebbero spezzato il cuore del Paese, a detta dell’ucraino. E dire che a me sembrava che il Papa fosse fin troppo schierato con il suo paese. Ricordate come lo stesso Zelensky si era lamentato per la decisione di far camminare insieme le due donne, una russa e una ucraina, nella via crucis del venerdì santo? la pace non alberga in quell’attore che si crede su un palcoscenico nel ruolo dell’eroe. E dunque occorre decidersi a ricordargli che la misericordia può da sola salvare il suo popolo.
Varie ed eventuali .2
Si parla di miliardi. E per una volta non di soldi ma di bellezza. Quanto ha trasmesso il telescopio astronomico lanciato negli abissi del cielo ci ha avvicinato a numeri impensabili – miliardi di galassie che contengono miliardi di stelle! E per noi che ormai non vediamo più neppure quel centinaio nel pezzo di cielo che ci sovrasta, troppi lumen delle nostre artificiali illuminazioni di strade e case, sono cifre incontenibili. Se non per la gioia dell’essere immersi in questo universo incredibile! Avvicinati di più all’origine, a quel big bang su cui scienziati credenti e no si interrogano: dal nulla nulla. E dunque? E che questo universo sia non solo logico nelle sue profondità immani, ma anche bello, beh, è bello!
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Per contrapposto, quelli che si sono fregiati di cinque stelle – forse per dirsi un albergo di lusso della politica piazzaiola – han dato stura alla voglia di altri poveretti che del Parlamento han fatto bivacco per sé. Ci sono stelle e stelle, e se ne accorgesse prima di settembre il popolo finalmente (!?) chiamato a pronunciarsi. Dato il becerume diffuso che prende piede sulle tastiere social, c’è da pregare molto più che chiedere la pioggia. Rischiando di essere irrisi come per le preghiere ad petendam pluviam: perché sperare in una politica pulita sembra essere utopia dei santi
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A proposito: oggi la liturgia celebra santa Maria di Magdala, che non è la Maria di Betania (sempre difficile predicare la differenza). La sua vocazione? annunciare agli apostoli, non pretendendo di essere apostolo. Il che introduce a quello spinoso problema delle donne nei gangli nevralgici della Chiesa; a quel servizio scambiato per potere dai maschi chiamati dal Nazzareno, e per il quale le donne (alcune) pensano di contare solo attraverso un servizio che sia potere. Dimenticando il privilegio di essere Maria di Nazareth o Maria di Magdala.
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Le due o tre multinazionali della frutta chiedono alle Chiese che cambino il simbolo del male: basta la mela!, un frutto penalizzato dall’averlo definito il frutto proibito. Peccato originale sì, ma senza male. Che anche il più distratto dei frequentatori del catechismo, oltretutto sa distinguere tra forma e contenuti. Ma tant’è: se si avviano le rettifiche bibliche, gli amanti dei serpenti, o i teneri difensori di agnelli li vedremmo con cartelli fuori dalle chiese (ah, si sono già visti? insieme ai negazionisti di varia natura che aumentano di giorno in giorno?). Mah, che dire dell’insipienza umana che, questa sì, aumenta in modo strepitoso?
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Per esempio: che dire della tragedia della Marmolada? Una fetta di ghiaccio che stacca, e crea morti e feriti? Si apre un fascicolo della pretura, e imputato sarà il ghiacciaio, chi altri? Eppure ecco la rabbia dei familiari delle vittime: non dovevano farli salire. Come per la pandemia e i familiari dei morti che chiedono giustizia: a chi? contro chi? e per che cosa?
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Per fortuna che rinchiusi a finestre tappate si può godere del Tour. E del duello di due grandi campioni, che per una volta (non la sola: a distanza esatta di settat’anni la borraccia tra Bartali e Coppi è immortalata da una foto in bianco e nero) dice di rivalità che sanno di umanità: di chi aspetta il rivale azzoppato da una caduta, e da una stretta di mano che riconosce una vittoria più preziosa di un traguardo di tappa. Ci sono esempi così, che alleggeriscono dalle brutture che pure ci accompagnano, in quest’estate torrida.
Varie ed eventuali .1
L’estate non spegne le due lobby che si nutrono di mala erba da alcuni anni. E nonostante che i fatti siano lì ad affossare le loro opinioni. Come fine si danno al tiro al piccione di chi gli è meglio, molto meglio: nella chiesa attaccano Bergoglio nella politica attaccano Draghi. Avevano cominciato con il papa e proseguono con il premier; nella speranza di abbatterli sbertucciano quanti dicono vuoi vedere che non ci siamo? La loro voglia che le cose vadano male. Imbecilli o ignoranti? È il rancore plebeo di certi giornalisti che lavorano su sponde confinanti. Parafrasando un famoso testo di Giovanni: «Se temi gli inconvenienti di abbracciate il fratello che vedi, come correrai il rischio di abbracciare Cristo che non vedi?». Ma non so quanto siano interessati.
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In un libretto ancora oggi molto seducente, Bruno Munari parla di fantasia. E tra le conclusioni alle quali giunge ce n’è una che a me pare interessante: fantasia è capovolgimento delle cose. Fa esempi: Venezia piena di automobili; un ramo di pero carico di pomodori; o pioggia che cade all’in su. Un esercizio di sguardi nuovi. Ad esempio: finalmente il re nudo nella chiesa, svestiti tutti di quegli orpelli – dalle mitrie ai calzari con la fibbia – che pretendono di onorare il nostro Signore, che pure “non ha dove posare il capo”, immagina se vive di armadi di sacrestia. Che cosa ne pensate? ci si arriverà?
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Un sillogismo su cui facevo impazzire i miei alunni di quinta, nella lettura di Tolstoj: “Caio è un uomo, gli uomini sono mortali, Caio è mortale”. È qualcosa di giusto in sé, in relazione a tutti i Caio del mondo, non in relazione a se stessi. Un conto è l’uomo in generale, e allora quel sillogismo era perfettamente giusto; un conto eri tu, che non eri né Caio né l’uomo in generale, ma un essere particolarissimo, completamente diverso da tutti gli altri esseri… Unico. E dunque immortale?
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È la tragedia di chi deve riferirsi ai giudici americani per difendere l’aborto. Lo ha fatto il vescovo Paglia, naturalmente prescindendo dal fatto che non l’aborto ma l’ideologia politica muove quei signori. Boh. Così c’è da chiedersi in che modo si sposta un vescovo per il funerale di un quadriconiugato, e si lascia fuori di chiesa chi sceglie di non farsi trattenere qui a forza, ma di lasciarsi morire. Tutto il manuale di morale da rifare? Ma con coerenza evangelica, finalmente.
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Putiniano a chi? se il patriarca Kirill difende le ragioni per una Russia capitale morale, non può non dirsi putiniano. E infatti non lo dice, anzi. Se un giornalista nostrano che va per la maggiore (sono quelli che vanno per la maggiore che vorrebbero sempre più andare per la maggiore parlando per esserci!) dice che deve pur aver avuto delle ragioni lo zar se ha fatto quel che ha fatto; e tu gli dici sommessamente che nessuna invasione che conduca a tragedie di morte può mai avere giustificazioni; e lui sentendo una velata accusa di probabile putinismo ti ribatte, schifato, come ti permetti? Ma lo è o non lo è?
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Facebook e YouTube di Google sono di gran lunga le media company più importanti d’America. Hanno fatto del cervello degli americani (ma non solo) quello che l’industria del tabacco ha fatto ai loro polmoni. Bisogna agire.
Non sono putiniano, ma …
Ci dev’essere un algoritmo che fa scattare contro di noi gli hacker. Quale parola è così invisa da saccheggiare il sito? Saperlo. Dicono i russi. Ma solo loro? l’ultimo assalto è passato dalla Turchia: mamma li turchi!, o sono stati solo i postini di quelli più su? Sì, oggi va di moda avercela con la Santa Russia (cerco di percepire un qualche clic da algoritmo?!): come se tutti fossero lui, lo zar regnante che assalta la nazione vicina, e pretende che gli si dia ragione. Ma non è per paura che – nonostante gli ulteriori costi per mettere in sicurezza, e i disagi da privazione di libertà – scrivo quel che pure ho già detto; né per tenermeli buoni, gli oscuri homuncoli delle caverne che hackerano i nemici. Dunque: Zelensky non mi piace tanto: l’essere vittima, e lo è, l’ha condotto ad essere vittimista. E con forme dittatoriali che ha ben imparato dal mestiere di attore. Esige: che è segno di dignità quando non si torce nell’arroganza. Critica la scelta delle due bandiere nella via Crucis di riconciliazione: non si può fare. Non gli sta bene che ci si ammonisca di non umiliare il nemico: si inalbera, volendo passare alla storia come il Davide biblico, che però non si accontenta della fionda. È lui che sa: lo zar della grande Russia (cerco di percepire un qualche clic da algoritmo?!) non è che tra i disastri che sta provocando ha anche creato un mostro simile a sé? Posso capire la frustrazione di chi vede russificare a forza gli orfani e i minori strappati ai loro genitori in Ucraina; e, come pare, obbligarli a un giuramento di adesione e fedeltà al regime che ha distrutto le loro famiglie, dar loro nuove madri e padri schierati con l’esercito che sta oggi devastando le loro terre. (Insopportabile, questa versione riciclata dei neonati strappati a madri argentine, buttate a mare, e dati in adozione ai funzionari di regime). Ma perché credere di poter vincere opponendo violenza a violenza? Il Vangelo, per culture diverse, non è nel bagaglio né dell’uno né dell’altro. Ma dei loro vescovi? È certo che questa guerra mostra, pur in epoca ecumenica come sia difficile per le Chiese resistere all’attrazione fatale delle passioni nazionali. La conflittualità delle Chiese d’oriente: intrise di nazionalismi, finiscono per accantonare il perdono evangelico, la condivisione della vita, il soccorso nel bisogno dell’altro. (leggo che anche gli inglesi hanno storto il naso al dire dell’arcivescovo di Canterbury, che ammoniva la casa reale a dar perdono a un qualche suo membro peccaminoso …). Per russi e ucraini è palese che è mancata la rielaborazione del lutto: per i primi, della caduta di quell’impero dei soviet che pensava di tener testa al mondo; per gli altri, la schiavitù subita per i decenni di occupazione sovietica. E il tutto si è innestato anche nel sentire di fede: un coinvolgimento che ti fa prendere le parti del più forte, e non dei lazzari che stentano, violentati. E noi? Ci stiamo abituando. Sì, un po’ di più attenzione che non alle guerriglie della Nigeria, o della Siria, o di quelle che stanno un po’ più in là di casa nostra. Soprattutto preoccupati del pil, o del prossimo inverno non riscaldato, o del grano che se non arriva, addio pasta italiana. Ci tocca essere così? Non sono putiniano, ma occorre difendersi.
guerra? domande.3
Tempi pasquali, tempi di gioia: Cristo è veramente risorto ed è apparso – appare – a quanti si nutrono di lui. Ma c’è quella crepa di un virus che non cede del tutto, e forse per sempre; e c’è la guerra. C’è nell’intreccio di brutto e di bello con cui è impastato questo mondo, e di cui è impastato ciascuno di noi, da chi fa lo zar all’ultimo capovillaggio africano. E quell’impasto genera una fragilità che resterà insolubile alla faccia di qualunque delirio di onnipotenza umana. Sia per una fisicità mortale, sia per una razionalità ferita. La verità di un peccato d’origine mai così manifesta come oggi per noi che viviamo l’oggi. È lì da vedere. E non sfugge a chiunque non abbia deciso di spegnere le voci che nascono dalle tinte fosche del turpiloquio vanesio: vanesi i conduttori in cerca di clienti, e vanesi quanti si impalcano ad esperti nel regno dei talk show, quelli che vogliono spiegare la guerra. E per farlo s’appoggiano a quell’ informacja propria di paesi ex-sovietici, che da una parte e dall’altra disinforma. E giocano sulla pelle di chi viene infilato da bombe. Soprattutto, ma non solo, i fautori di quel Né Né mai rischiando fino in fondo. “Questa non è un’invasione”, dicono, ma – sono gli stessi – non hanno creduto al Covid e alle bare di Bergamo, e prima ancora all’abbattimento delle Twin Towers o allo sbarco sulla Luna. Accomunati dall’odio per la democrazia che non fosse diretta secondo loro; o come qualcuno li ha definiti, eroici combattenti per la libertà degli italiani dal green pass, si battono ora per la schiavitù degli ucraini? Macché, straparlano per se stessi. Sono lì, appollaiati in comode poltrone televisive, a far propaganda ai loro giornaletti pagati dallo stato, che pure criticano se dà le armi, o se non le dà, rivendicando l’articolo 1 della costituzione americana (non conoscendo quella italiana?). E pure se la prendono con l’America, causa di ogni male; mancava che anche il papa, nel chiedere pace, usasse quell’espressione colorita di una Nato che si è messa ad abbaiare ai confini russi! Intanto – la nostra volubilità! – i titoli dei giornali in prima pagina sono passati dal totale alle tre colonne: la diminuzione della sensibilità utile a lasciarci in pace nei nostri confini; e sì tanta accoglienza ancora agli esuli (purché siano di là, non di giù), ma si comincia a non far valere la gratuità: qualcuno ci paghi l’ospitalità che diamo. Il prendersi cura del mondo? Ma chi? Ma quando? Ecco crepe di sconforto nella letizia pasquale. Per chi crede, non più ampie dello spessore di un’ostia tra pollice e indice. Perché il cielo è ritornato a piangere gioiose lacrime di pioggia; e una rondine s’è fatta il nido nella loggia del chiostro; e torneranno cieli con nubi che avanzano rotolando, a insegnare il farsi delle stagioni, e il segno che a vacche magre succedono sempre le grasse – ma anche il contrario, facciamocene una ragione. A ribattere l’idea che gli uomini nascono liberi e uguali, e che uno straniero sia del nord-est europeo sia africano può avere gli stessi diritti di tutti. A riscaldare la speranza della necessità di un Trascendente, che guidi il giudizio di uomini impelagati nella complessità delle tante, utili ma difficili, differenze. E allora sarà pace? Non sarà più guerra?
guerra? domande.2
La cosa continua nei modi peggiori, e le domande si moltiplicano se si vuole capire la ragione e il torto: supposto scontato che le morti, gli stupri, gli sfollati non ci devono essere, su questo io e voi siamo d’accordo a prescindere. Ma ci sono. Così come la contemporaneità dell’altra guerra: di chi le spara grosse su quanto non avviene, e lo fa sia l’uno che l’altro. Appunto: neonazisti chi, gli assaliti o gli invasori? E la caccia ai traditori? Alle spie? E tutto il buono che non è da una sola parte: sospetti generalizzati che stanno prolungando questi eccidi chi sa fino a quando. Giornalisti lì a raccontare, perché lo strazio raggiunga finalmente la coscienza di chi deve decidere; giornalisti locali o stranieri brutalmente fermati con la richiesta di giustificare la loro presenza: e sì, camuffarsi è possibile ed essere sabotatori. Ma sentirsi dire da quel campione molto ammirato che è il presidente invaso non ho tempo di occuparmi dei traditori, ma presto saranno tutti individuati e puniti, non fa bene alla pace. Sono parole in uso alla tua parte avversa: e dunque tu come lui non hai un cuore di pace. Così come non ce l’ha (o ce l’ha?’) un cuore di pace la madre di Evgenij, che si dice orgogliosa della morte del figlio morto per noi, per la nostra vittoria nazionale. Dove non si sa più quale limite si dà alla vita, soprattutto se vivi in una società corrotta, che fa ricchi i pochissimi, e lascia nella miseria i tanti. E nella miseria di testa: per cui applaudi al tuo sfruttatore. Evgenij è uno della generazione ultima: diciannovenni morti – dal confine con la Mongolia, dalla Siberia, dai piedi dei monti Urali, dalle rive del Volga e del Mar Nero – le cui facce interrotte compariranno su croci ortodosse in cimiteri della grande Russia. Occorre porsi delle domande, perché la verità mai come oggi è confusione. Perché i né né di chi non vuol vedere? di chi non sa piegarsi, in un dovuto atto di pietà, sugli uccisi? di chi, ancora una volta non si schiera, per poter salire a suo tempo, vigliaccamente, sul carro del vincitore? Il Papa si è schierato con gli oppressi; e tuttavia non rigettando gli altri. Vuole russi e ucraini insieme nella via crucis prossima: e l’arcivescovo greco-cattolico (cattolico!) il vescovo di rito latino di là gli mandano a dire che agli ucraini la cosa non piace e non si faccia. Gli ucraini non sono un popolo di pace come lo si pittura? Hanno ragione i filorussi nostrani, che forse no del tutto ma un po’ sì, i due popoli sono gemelli nel male? Occorre porsi domande, certo. Il che non impedisce di accogliere i fuggitivi, e di sostenere con pacchi dono i resistenti in patria. Ma porsi domande aiuta a correggere la nostra tendenza a dividere con un taglio netto i buoni dai cattivi. Soprattutto per il futuro. Soprattutto per qualsiasi altra area geopolitica che ci coinvolga emotivamente nei loro conflitti. Perché è stato scritto e io sottoscrivo: tutti colpevoli? Forse no; ma sicuramente nessuno è innocente. In momenti come questi.
guerra? domande.1
Che volete che scriva che non sia già stato detto in queste settimane? Che la guerra è brutta, e provare a pensare diverso? che troppi putinieri abitano tra noi, soprattutto in quella sinistra autoritaria – con nostalgie sovietiche – che usano ora il “né né”: l’abbiamo già vissuta, e mi ricorda chi non sta né con la resistenza né con il fascismo, né con gli ebrei né con Hitler, né con lo Stato né con le brigate rosse; né con la Nato né con Putin, ma non dichiarano di stare con l’Ucraina. Stai nel mezzo perché credi che nel mezzo ci sia la saggezza, ma non è una buona idea. E non è carità. Volete che scriva delle imprecazioni (non toccano i santi, neh?) che non riesco a trattenere quando m’imbatto in un qualche talk show, e vedo lo stesso vippame elevato ad opinionista: chiacchierano oggi del conflitto in atto, come ieri li vedevi lì a dissertare di pandemia? Uso dissertare in toni ironici, non sia mai che qualcuno creda che io creda alla loro intelligenza: manovrati da conduttori che son lì a guadagnarsi il pane e un abbondante companatico rinunciando alla più elementare dignità, lì ad aizzare come in quelle sanguinose gare dove il mio gallo deve ammazzare il tuo se voglio vincere la scommessa. Infelici, gli uni e gli altri, perché mancano di felicità; e qui si dice di quella filosofica, non di quella di pancia: di questa ne hanno, purtroppo. E dunque di che scrivere? Delle buone ragioni degli uni e delle discutibili degli altri? Discutibili nel significato proprio del termine: ciò che può essere oggetto di discussione, che si riveli o no poi convincente. Ma discutere! – nessuno ad esempio ad oggi mi ha illuminato su quella denazificazione che lo zar ha assunto come ragione della sua invasione: denazificare? la classe dirigente ucraina? il popolo? perché? Non è un’accusa che può lasciarci queti: e allora di questo si discuta. E invece nessuno che affronti la cosa, o almeno io non ho ascoltato o letto nulla. Che cosa ancora dovrei scrivere? Del papa che non è ascoltato da nessuno, come giustamente lamentano i cattolici, ma non solo? Neppure ascoltato da quel patriarca ortodosso, che da russo si potrebbe un po’ capire; ma per essere cristiano proprio no, quando giustifica quel che avviene; e lo fa certo per quelle complicità che passano attraverso i privilegi ottenuti e concessi. (Ricordo una piacevolissima mattinata con il vescovo Giulio … 19 marzo 2022 VEDI LA CONTINUAZIONE...)
religioni
Siamo in guerra, e lo diciamo da europei, che quel lembo di terra ai confini, e fuori dai confini ancora, lo sentiamo parte della stessa geografia di terra e cielo, se non di storia: perché la storia, l’Ucraina, l’ha vista al margine di questo continente, per quasi nulla inserita. Se non, ultimamente, per quella grande disgrazia della centrale nucleare che è scoppiata, facendo di Chernobyl, per anni, una sorta di demone dai lunghi artigli, che non conosce confini. Gli Ucraini sono di tradizione cristiana, un bel po’ divisi tra confessioni – Chiesa cattolica latina, la Chiesa greco-cattolica, la Chiesa ortodossa che è in gran maggioranza, la Chiesa ortodossa dei Vecchi credenti, la Chiesa evangelica luterana, la Chiesa evangelica battista e varie altre denominazioni evangelicali – che per la verità non si amano molto, neppure oggi. E risentono di quel gas malefico che è il nazionalismo, appunto anche religioso. Così come quel loro nemico che sta scatenando, nuovo zar, la distruzione dei loro villaggi e delle loro città. Ex Kgb, al potere da vent’anni, si presenta come un uomo di profonda fede (nella nuova chiesa delle forze armate a Mosca si è fatto raffigurare in un mosaico, con la scritta la Crimea è nostra: il che dice tanto, se non tutto); va a messa (ma si direbbe che si nutre di un vangelo che neppure da lontano ha il soffio del Figlio di Nazareth!); e tra i suoi consigliori ci stanno ecclesiastici della destra ortodossa, che nell’arroganza dell’essere i meglio si alimentano di disprezzo. E alimentano odio. Hanno ragione quelli che sostengono che le religioni generano guerre? Hanno ragione quelli che scambiano le religioni per nuovi poteri; e gli danno ragione quelli che coltivano religioni di quel genere, cristiani e no. Ma pensare con una speranza fuori luogo che allora la Cina non potrà mai sostenere la Russia, così identitaria con la propria confessione ortodossa? Vi sono culti religiosi e a-religiosi. In Cina le confessioni di origine straniera non hanno fortuna. O si adattano al contesto cinese o nulla: e guai a indurre i minori a credere. In Cina si nasce atei, e si vive bene da atei: così nelle recenti disposizioni governative. Il che lascia spazio al connettersi di chi il soffio del vangelo non ce l’ha proprio, e chi impone di avere una sola fede: nel partito comunista (che poi si chiami ancora così un movimento che ha sposato in tutto il capitalismo, io ancora non lo capisco: con ricchi riconosciuti come tali, e servi della gleba che vivono lontano dalle città). Destra e sinistra, cantava Gaber, dove stanno? Negli anni settanta, terrorismi rossi e neri, si toccavano sugli estremi. Volete che due nazionalismi estremi non si incontrino? E forse meditando di farsi tra loro la guerra, prima o poi? Invitati a pregare per la pace, e certo! Ma che avesse ragione il mite san Tommaso d’Aquino quando scriveva che i tiranni si possono far fuori? Perché i popoli imparino: loro, i tiranni, non nascano dal nulla, ma sono germinati da uomini e donne che hanno come orizzonte il proprio, e non l’ombelico del mondo.
Paure diverse
Aspettative esagerate su quello che la vita potrebbe offrire. Di questo soffriamo. E nessuno che si nasconda. Persino la grazia nascosta nella disgrazia del covid la stiamo buttando. L’accorgersi di quello che manca, e non per soddisfare il momento, ma per quel che nutre il tutto. Il vuoto lasciato da Dio? Nel mondo occidentale – lo si è scritto da chi ne sa più di noi – da noi oramai, Dio è quasi definitivamente assente. Fortunatamente ci sono alcuni atei aggressivi che, non riconoscendolo, Dio lo nominano continuamente. Se no sparirebbe la parola stessa. Per gli altri, quasi tutti, Dio è lontano da ogni riflessione sulla vita, da ogni progetto quotidiano, da ogni discorso. Dio è un fastidio. Ed è un fastidio il mistero. Persino nelle omelie, tranne poche eccezioni, i preti eludono il mistero, ci dicono che dobbiamo essere onesti e buoni. E fanno: tanto, ma sono servizi sociali, che di spirituale hanno purtroppo solo la patina esterna. Non penetrano, non scombussolano, altro che spada e fuoco portati da quel Gesù che dicono di annunciare. E si vive di paura. Del virus? Macché. Quella si argina facendo sedere in chiesa le persone a distanza kilometrica, anche se vengono da una convivenza casalinga. Paura del giudizio di quegli uomini che la Chiesa – fosse un solo caseggiato ben definito – la brucerebbero danzandovi attorno. Anzi, lo stanno già facendo, di danzare attorno al fuoco che avvolge di inconsistenza la predicazione evangelica, già ora. Paura dunque dei processi mediatici. Paura, da un decennio in qua di quello paventato per la pedofilia di alcuni suoi membri. Potete accettare una volta per tutte un linguaggio politicamente scorretto, a tappare la bocca di chi è facile ad accusare non mettendosi in gioco: lo sanno anche i sassi che anche solo un episodio è intollerabile, è un delitto da pietra al collo e l’Adda di sotto. Ma lasciarsi condizionare da una storia che purtroppo non aveva occhi per correggere; e fingere di non sapere che il crimine è diffuso in tutti i ceti umani (e qui i lai altisonanti; ma voi vi siete proposti come educatori, voi state su un piedistallo di fiducia! Tutto vero, se non fosse che anche padri e madri e nonni e zii (e conduttori di palestre) sono allo stessa valenza chiamati a formare… eppure anch’essi, e in percentuali ancora più alte, hanno violentato. E dunque proclamato sui tetti una volta per tutte che è brutto che nella chiesa ci sia stata ‘sta robaccia, spostiamoci in avanti: attenti ma non fermati da inchieste, che hanno solo, oggi, il senso di una vendetta postuma se non di una raccolta fondi. È politicamente scorretto? è sostanzialmente vero per gran parte di quel che si è visto avvenire negli Usa, e poi in Irlanda e ora in Francia e in Germania: fermare questa carovana io credo sia un dovere. Non condividete? Pazienza. Per me è ora di dire basta per tornare a dire sui tetti (tetti di catacombe ancora e per lungo tempo) che Dio c’è, e vede e provvede perché le nefandezze siano asciugate dall’amore.
Sperare
All’inizio di un nuovo anno, tra i tanti auguri che ci si è fatti, immancabile “che finisca questa pandemia”! E si è pregato, e si prega, perché la faccia finire Lui; e non manca anche il tentativo di dare scadenze a Dio: che è poi il peggior modo di riconoscerlo per quel che Lui è. Una lettura di Geremia 29 mi ha aiutato a dare consistenza più fondativa a quanto sto dicendo, e scrivendo: nella grande disgrazia occorre vederne la grazia. Lì c’è la lettera a chi è in esilio: A tutti gli esuli che ho fatto deportare da Gerusalemme a Babilonia: costruite case e abitatele, piantate orti e mangiatene i frutti;prendete moglie e mettete al mondo figli e figlie, scegliete mogli per i figli e maritate le figlie, e costoro abbiano figlie e figli. Lì moltiplicatevi e non diminuite. Cercate il benessere del paese in cui vi ho fatto deportare, e pregate per esso il Signore, perché dal benessere suo dipende il vostro. Un castigo l’esilio? Anche, ma il tempo prezioso di porsi la domanda fondamentale: perché? che senso hanno questi giorni lontani dal tempio, e dalla terra che pure ci è stata data? Non è la vita così come la si è ordinata il tutto; e la sua normalità può diventare una fuga dalla pienezza di sé. La grazia della pandemia che allontana dalla “normalità” – così come di quell’esilio biblico – sta nell’abitarla comunque, nel compiere tutto quello che genera vita, una successione non inquietante di occupazioni e di abbracci. Geremia e un quasi incipit di un giallo (di cui non vi dirò il titolo): Una volta mio fratello mi aveva spiegato la teoria del limite. Disse che ogni sbirro della Omicidi aveva un limite ma che il limite restava sconosciuto finché non veniva raggiunto. Stava parlando dei cadaveri. Secondo Sean, uno sbirro poteva guardarne soltanto fino a un certo numero. E il numero cambiava per ogni persona. C’erano quelli che tagliavano presto il traguardo. Alcuni superavano anche i venti senza neppure andare vicino al limite. Ma c’era sempre un numero fisso di tolleranza per ogni sbirro, e quando arrivava, era finita. Ti facevi trasferire agli archivi, consegnavi il distintivo, facevi comunque qualcosa perché non sopportavi più l’idea di dover vedere un altro cadavere. E se ci provavi, se superavi il tuo limite, beh, allora eri nei guai: potevi ritrovarti a succhiare la canna di una pistola. Questo mi aveva detto Sean. (I romanzi avvertono meglio di tanti trattati). Un credente non si dà la morte, certo, neppure in un tempo infausto si dà alla canna del gas. Pur sapendo i propri limiti. Anzi, è allora che vivendo s’accorge, nei suoi esili più o meno quotidiani, di avere necessità di Altro. E si mette a cercarlo, perché la speranza in lui è più forte di ogni intoppo. Sa di non poter mai scaricare la speranza, anche quando il cielo è fosco. Sa che allora più che mai vive, nonostante. Preoccupati, non ossessionati: il mantra di cui, dall’inizio di tutto questo, abbiamo profumato Fontanella.