Ci dev’essere un algoritmo che fa scattare contro di noi gli hacker. Quale parola è così invisa da saccheggiare il sito? Saperlo. Dicono i russi. Ma solo loro? l’ultimo assalto è passato dalla Turchia: mamma li turchi!, o sono stati solo i postini di quelli più su? Sì, oggi va di moda avercela con la Santa Russia (cerco di percepire un qualche clic da algoritmo?!): come se tutti fossero lui, lo zar regnante che assalta la nazione vicina, e pretende che gli si dia ragione. Ma non è per paura che – nonostante gli ulteriori costi per mettere in sicurezza, e i disagi da privazione di libertà – scrivo quel che pure ho già detto; né per tenermeli buoni, gli oscuri homuncoli delle caverne che hackerano i nemici. Dunque: Zelensky non mi piace tanto: l’essere vittima, e lo è, l’ha condotto ad essere vittimista. E con forme dittatoriali che ha ben imparato dal mestiere di attore. Esige: che è segno di dignità quando non si torce nell’arroganza. Critica la scelta delle due bandiere nella via Crucis di riconciliazione: non si può fare. Non gli sta bene che ci si ammonisca di non umiliare il nemico: si inalbera, volendo passare alla storia come il Davide biblico, che però non si accontenta della fionda. È lui che sa: lo zar della grande Russia (cerco di percepire un qualche clic da algoritmo?!) non è che tra i disastri che sta provocando ha anche creato un mostro simile a sé? Posso capire la frustrazione di chi vede russificare a forza gli orfani e i minori strappati ai loro genitori in Ucraina; e, come pare, obbligarli a un giuramento di adesione e fedeltà al regime che ha distrutto le loro famiglie, dar loro nuove madri e padri schierati con l’esercito che sta oggi devastando le loro terre. (Insopportabile, questa versione riciclata dei neonati strappati a madri argentine, buttate a mare, e dati in adozione ai funzionari di regime). Ma perché credere di poter vincere opponendo violenza a violenza? Il Vangelo, per culture diverse, non è nel bagaglio né dell’uno né dell’altro. Ma dei loro vescovi? È certo che questa guerra mostra, pur in epoca ecumenica come sia difficile per le Chiese resistere all’attrazione fatale delle passioni nazionali. La conflittualità delle Chiese d’oriente: intrise di nazionalismi, finiscono per accantonare il perdono evangelico, la condivisione della vita, il soccorso nel bisogno dell’altro. (leggo che anche gli inglesi hanno storto il naso al dire dell’arcivescovo di Canterbury, che ammoniva la casa reale a dar perdono a un qualche suo membro peccaminoso …). Per russi e ucraini è palese che è mancata la rielaborazione del lutto: per i primi, della caduta di quell’impero dei soviet che pensava di tener testa al mondo; per gli altri, la schiavitù subita per i decenni di occupazione sovietica. E il tutto si è innestato anche nel sentire di fede: un coinvolgimento che ti fa prendere le parti del più forte, e non dei lazzari che stentano, violentati. E noi? Ci stiamo abituando. Sì, un po’ di più attenzione che non alle guerriglie della Nigeria, o della Siria, o di quelle che stanno un po’ più in là di casa nostra. Soprattutto preoccupati del pil, o del prossimo inverno non riscaldato, o del grano che se non arriva, addio pasta italiana. Ci tocca essere così? Non sono putiniano, ma occorre difendersi.