La grande luna sembra incombere sugli alberi della collina, ma dolcemente, con quel suo colore giallooro; un invito a farsi toccare; e basterebbe un saltello, ma ce lo si dice nei sogni, non in questa sera in cui splende, prima di nascondersi – narrano – dietro giornate di pioggia. È l’alternarsi delle storie che viviamo, la cruda indifferenza dentro cui nasconderemo il nostro natale: le donne dell’Iran? la guerra in Ucraina? Per un po’ sì, e poi la vita deve andare avanti, è sempre stato così, un gira-e-volta, un assestarsi dentro accomodamenti reali, e linguistici. Come il carico residuo inventato per disperati da non far scendere sul sacro suolo italico, da un fresco ministro imbesuito dalla carica; o come quell’utilizzatore finale riferito alla strage delle donzelle (strage si fa per dire, se si ha senso morale di rispetto della dignità) proprio di un avvocato in difesa dell’indifendibile. Cose meno gravi, e tuttavia indice di un passaggio d’epoca che risale dal basso e a poco a poco tracimerà: in che cosa? in una apocalisse di distruzione, o, come è nel nome, nell’apocalisse di rivelazione di un mondo diverso, possibile e carico di speranze vere? Non saprei dire se proprio c’entra, ma è un natale come altri: da adolescente le mie vacanze natalizie si svolgevano tra Milano e Senago, case di zii e cugini da ritrovare, di anno in anno. A Senago – un paesotto del Gallaratese – il profumo delle serre, l’umido della terra che copriva la semente dei fiori in vaso; a Milano l’eco della metropoli – con l’odore forte di nebbia e dei tram. Ed è lì che ho scoperto il Corriere, e ho scoperto Buzzati con il suo elzeviro che ha accompagnato più di tante sirene odissee il mio discernimento nella vita. Ne ho già scritto: descriveva quel treno che non fermava mai, diretto dove? Boh. Quelle due colonnine a sinistra della terza pagina – c’era ancora la terza pagina, nella terza dei quotidiani – a richiamare oltre le notizie il succo della vita. E da allora (non c’è piantina più incorruttibile di quella adolescenziale) mi sono sentito su quel treno senza meta apparentemente definita. In viaggio, cogliendo sul treno, e cioè nell’andare, relazioni bellezze e sbagli. La mia vita. E la vorrei, in questo natale, più spalancata su tutte le ingiustizie, come quella luna dorata su nel cielo di tutti.