Non sapendo più a quale santo appellarsi – santo del loro comparto, e cioè quegli anacoluti spariti persino dal calendario liturgico, e tuttavia tenuti in serbo nei loro messalini! – adesso invocano il silenzio. Ci hanno provato fin dall’inizio, avendo contato in piazza san Pietro ben ventidue persone in meno all’ascolto dell’Angelus rispetto al loro papa, che certo era il precedente; e hanno continuato con quella serie di invettive in tono accorato ma giudicante in maniera irrevocabile, aiutati da cardinali imporporati per nulla dalla vergogna; e non si rassegneranno, statene certi fino alla fine di questo pontificato. E dunque, ora sono arrivati a prendersela con chi racconta i dieci anni con gioia. Come vi permettete? Già fin dall’inizio, presentandosi vestito solo della talare, quel 13 del 3 del 2013 (tanti 3? Possibile che non si siano ancora afferrati alla numerologia per confortarsi della loro ripulsa per questo papa? Che tra l’altro si prende anche lo sfizio arrogante di darsi il nome di Francesco?).  Che cosa stava rifiutando? Forse l’inutile, direste voi? Ma non diteglielo, per carità cristiana: stanno ancora oggi leccandosi le ferite, come non si vergognano di scrivere in questi giorni.  Neanche un dubbio che potesse essere volontà del Signore quella scelta. E dicono di credere allo Spirito Santo: ma solo se lo Spirito fa quanto loro si aspettano. Così, più o meno apertamente, aderiscono a quel sede-vacantismo che per i credenti dovrebbe risultare del tutto improbabile per una comprensione autentica della chiesa cattolica. Ma tant’è: benedetto sia papa Benedetto nei secoli dei secoli; ma quello sgarbo del lasciare non ce lo doveva infilare, se l’eredità doveva essere di questo papa. Che chiama alla gioia del Vangelo? che bada alle persone più che alle rigidità morali? che s’imbarca in invettive contro il vissuto di tanti credenti maldisposti? Già: parole che sicuramente gli vengono anche dalla pancia, e sembrano non essere molto educate a quello stile sommesso, prelatizio appunto, proprio dei palazzi apostolici. Ma lo si capisca – è piemontese nelle radici: li vedete i simbolici baffi alla Vittorio Emanuele secondo?; trapiantato in Argentina, e i lazo nella rincorsa delle bistecche che saranno? – vive in un albergo di contenute stelle, abitato dai rumori dei troller di chi va e di chi viene, di chi vive la quotidianità in gioie e conflitti, domande e dolori.  Ci è stato dato un papa autentico, un uomo con difetti e con tanto pelo sullo stomaco. Ma non può essere una buona definizione per i detrattori: un papa così? ma quando mai. Eppure sono dieci anni che vive nel servizio petrino: per noi e per nostra salvezza intercedendo al Padre: sia, solitario, nel buio piovoso di quella piazza piena di assenze in quella notte carica di tragedie, sia nelle stanze segrete del suo ministero orante. Francesco osa essere un servo del Signore, un cristiano obbediente al Vangelo, un esperto di fragilità umane, un uomo che non ha paura dei potenti. Ci è stato dato: prendetelo e ringraziate.