perché il vangelo sia ancora scandalo

Ricominciare. E’un verbo che è ritornato più frequentemente in questi ultimissimi anni nel nostro vocabolario di comunità: le bozze di questo numero del Santalucia, che ho sotto gli occhi, lo hanno in più titoli. Ricominciare non è solo la funzione del rientro da un periodo di pausa: anche se noi l’abbiamo adoperato soprattutto in questa accezione, venendo dai ritmi allentati dell’estate.

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dirimpetto all’America atrocemente trafitta

Stavamo sulle spiagge di Biarritz, spiagge dell’Atlantico, spanna più spanna meno lo stesso parallelo di Boston e di New York. Lì, nel nostro contemplare attorno a Lourdes, ad aspettare onde gigantesche o la bassa marea, che poi non avremmo visto; lì, immersi nel vento di grandissima pace che l’oceano sa portare, ci ha raggiunto la notizia delle torri crollate. Direttamente rimbalzata nei cellulari dai figli che stavano di là. Eravamo di fronte, e la distanza non c’era, un cielo d’azzurro profondo ci precipitava in quel punto di macerie. Quel giorno lo stacco fisico non è stato sostituito per noi dalle immagini televisive, falsamente vere: noi eravamo pienamente dentro la tragedia, anche per un viaggio che aveva fino a quel momento liberato la disponibilità del cuore a cogliere i segni di…

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nessuno rifiuti la Chiesa per la nostra ristrettezza di mente

È un’estate non ancora definita, questa. Oggi è giornata che si apre grigia: ma se fa come nei giorni passati, il mezzogiorno si aprirà nel sole, e il tardo pomeriggio sarà investito da raffiche di vento ululanti. Sono folate strane, non mi pare appartengano al nostro clima: uno squasso ribaldo che drizza rami cascanti, cui seguono intervalli inaspettatamente muti. E improvviso uno scroscio che sa di nubifragio, con l’acqua che si muove nella strada come una cortina

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quando le stagioni nella Chiesa separano centro e periferia

Questo maggio autunnale cresce imperterrito verso l’estate. Immagino chi ama le pioggerelle ricorrenti: finalmente le ha, prolungate in un mese che si definiva – una volta – per le rose. (Oggi, anche a Natale trovi rose: e dunque non sono più le rose che abbiamo vissuto. Oltre tutto, senza più – di dicembre o di maggio - il profumo carnoso che precedeva e annunciava il roseto appoggiato al muro di cinta di quell’orto: l’orto che non c’è più,

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meno uno al cinquantesimo

Meno uno al cinquantesimo anno dalla consacrazione: l’idea di preparare un anniversario così importante per il Tempio Votivo della Pace si è concretizzata in questa antologia tratta dalla raccolta del giornale bergamasco L’Eco di Bergamo. Che è stato davvero l’insistente eco di una promessa che si è dilungata sino ai nostri giorni, se è vero, come è vero, che stiamo mettendo mano al completamento di questo Tempio, in quest’ultimo anno che ci separa dalla ricorrenza. Mandandomi qui, il vescovo Giulio Oggioni

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tra soddisfazione degli occhi e pensieri ribaldi

Sono stato qualche giorno a Roma. E tra un impegno e l’altro della predicazione al popolo di una grossa borgata romana, mi sono preso un’abbondante mezza giornata per camminare attraverso una città che amo. Mi sono avvicinato al centro su un trenino da far-west che percorre tutta la via Casilina fino alla stazione Termini. Un avvicinamento rigidamente in piedi, schiacciato tra figure ed odori multietnici. Qualche sguardo tra gli interstizi delle molte teste per accorgersi dei multistrati dei quartieri attraversati: il serpentone dell’acquedotto

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guardare ad est

E il mondo è ricominciato. In verità, molto più in sordina di quanto mi aspettassi: mi aspettavo che, con una buona dose di sfacciataggine - appurato da tutti ormai che la fine del millennio era questa e non l'altra -mi sarei aspettato che si desse rifiato alle megafeste. E invece no. Che cosa ha prevalso, il pudore o, data la faccia tosta dei millantatori, l'ingordigia di chi s'è accorto che, sulle voglie festaiole degli umani, può fare gli stessi guadagni senza

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non è mai lo stesso, questo Natale

Questa non è una santa Lucia come le altre. Lo si può dire se non si trova fieno o paglia da mettere nella scarpa per l’asinello che è stanco, che viene da lontano, che viene da chissà dove. Ma lo si può dire se la notte non accompagna l’attesa, e se l’orizzonte è solo quello delle bancarelle, o delle bustarelle che non possono aver recapito presso una statua che dorme. Non è lo stesso se occorre tradurre in visibilità l’impalpabilità di un desiderio

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insoliti per il mondo se non allineati

Se noi viviamo pressoché tranquilli in mezzo al mondo, è segno che forse ci siamo intiepiditi. H. De Lubac I libri che si sono insediati sulle pareti dello studio – sono entrati in casa uno alla volta, come si conviene per la buona intimità di ogni amico e per il rispetto che si deve a ciascuno; quei libri ogni tanto chiedono di essere ripresi in mano. Chiedono? Non sono muti portatori di parola, vivi solo per qualcuno che li apre? Sono allineati sugli scaffali come materia inerte, che dunque non parla; o stanno ormai dentro di te, con la discrezione

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per ricominciare

È una mattina dall’aurora molto lunga, questa. La luce stenta a sorpassare il confine che la tiene altrove. Sembra faccia fatica a svolgersi nel nuovo giorno: come chi si interroga, nel dormiveglia mattutino, se la giornata che ha davanti meriti che ci si alzi prontamente. È inevitabile che ogni cosa sia preceduta da un giudizio: direi che è il giudizio che fa nascere ogni cosa, ed è il giudizio che la tiene in vita, o la abbandona. Giudizio di bene o di tornaconto

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