Meno uno al cinquantesimo anno dalla consacrazione: l’idea di preparare un anniversario così importante per il Tempio Votivo della Pace si è concretizzata in questa antologia tratta dalla raccolta del giornale bergamasco L’Eco di Bergamo. Che è stato davvero l’insistente eco di una promessa che si è dilungata sino ai nostri giorni, se è vero, come è vero, che stiamo mettendo mano al completamento di questo Tempio, in quest’ultimo anno che ci separa dalla ricorrenza. Mandandomi qui, il vescovo Giulio Oggioni
mi ha detto: “Sei un lavoratore. Troverai dunque anche il tempo, in mezzo all’evangelizzare, di portare a termine il voto. Ricordaglielo, che è un voto”.
L’ho ricordato, qualche volta: e le risposte di qualche “cattolico” non sono state molto incoraggianti.
Del tipo: “Il Tempio c’è. Il resto è un di più”. Vengo da una famiglia che mi ha preparato a capire l’importanza di una promessa con l’esempio. La mia nonna paterna aveva sei-figli-maschi-sei in guerra: ha fatto il voto, che se ritornavano tutti dalla guerra, avrebbe – secondo le proprie possibilità – costantemente contribuito al mantenimento delle monache di clausura del mio paese. I sei figli sono ritornati, e lei fino alla morte e oltre ha mandato ogni mese il suo contributo: regolarmente, in tempi di carestia e in tempi di vacche grasse. Testimone per tutte le volte che incaricava me, ho imparato che un voto è tutto se è tutto: non riuscirei mai a chiamare scarpa uno zoccolo.
O del tipo: “Ci sono le necessità dei poveri”. Dispiace dire che manco s’accorgono che i poveri in parrocchia sono continuamente al centro delle attenzioni: sia quelli che si presentano occasionalmente, sia quelli che sono serviti nelle strutture della case di accoglienza.
Ma di questi “pauperismi” leggerete già in queste pagine. È l’antico vizio di quelli a cui i poveri alla fin fine non interessano davvero tanto: parola del vangelo che risuona da duemila anni.
Così come leggerete della passione di un Vescovo, Adriano Bernareggi, che, nei suoi ultimi anni di vita, fece del Tempio incompiuto un assillo nobile e severo, intrecciandolo a quel rinnovamento di un popolo uscito lacerato dalla guerra che non ha distrutto case, ma molte speranze sì. La storia del Tempio Votivo rivela l’innegabile povertà di quella risalita.
Leggerete titoli forti, e frasi pesanti: ne troverete molti in queste pagine, dovuti all’ispirazione e alla penna di don Andrea Spada, un cattolico senza virgolette, che ha scritto e ha fatto scrivere una storia che non lascia spazio a compromessi.
Ma leggerete anche la gioia di chi c’è stato, di chi ha permesso che il Tempio, pur ancora mancante di molte parti, potesse cominciare a vivere e a far vivere una Comunità, questa nostra di Santa Lucia. Una Comunità che a partire dalle celebrazioni dei divini misteri si è data l’appartenenza, anche se non del tutto assimilata dagli abitanti della Conca d’Oro; che si è data un cammino di evangelizzazione, sempre più da perfezionare; che si è data delle attenzioni, faticose ma gratificanti, che ciascuno di noi può trovare registrate nel giornale parrocchiale.
Manca dunque un anno alla celebrazione d’oro del Tempio consacrato e consegnato. Credo che il miglior augurio a tutti voi sia quello di non mancare a questo “spreco”: perché profumi il corpo di Cristo che continua nella Chiesa.
Queste pagine hanno il compito di rifare una memoria per fondare ancor più una appartenenza: che si può significare bene nell’opera di gratuità che è un Tempio degno offerto a Dio per le mani della Madre di Gesù.