pregiudizio

Voi pensate che quanti hanno costruito la loro fortuna editoriale e giornalistica sulla antitesi tra Benedetto e Francesco, adesso non si poggeranno ancor più su quel santo di Giovanni Paolo che per essere tirato da parte è stato (ed è) un campione per loro? Voi pensate che dopo lo “stolto pregiudizio” con cui Benedetto ha bollato quanti si schierano per un sedevacantismo si fermeranno? Permettetemi: vi sbagliate. Il soccisottopensiero ha talmente intriso personaggi lontani dalla predicazione evangelica di Francesco da impedir loro di esserne toccati. Papa Bergoglio non è un liberale, secondo le assurde accuse di quelli, ma un radicale, uno che va alla radice del Vangelo. Di lui, di Francesco, si può dire, che piaccia o no, ciò che Hanna Arendt disse del santo papa Giovanni: “un cristiano…

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il-giorno-dopo

Finalmente è l’avverbio di chi si è trovato sul carro dei vincitori. A parte che ci si presume vincitori non essendolo comunque, che piaccia o no. Finalmente tocca a noi: ma se lo dicono gli uni e anche gli altri, dove è il vincitore? Si scrive, e si dice, che per vincere occorre pescare nelle file dei nemici: ma, gli uni e gli altri, fino al giorno prima, a proclamare che nessuno osi cambiare casacca; evidentemente rivolto ai propri, ma se lo fanno gli altri, ben venga, dato che noi i numeri non li abbiamo. Eccetera, eccetera. Questi i risvolti in cui si rifugia chi deve elaborare il lutto di star camminando accanto al carro dei vincitori (ma chi sono quelli che qua e là rompono le file e stanno saltando sul carro? giornalisti? imprenditori? prelati?). Eppure non sono pochi – il quasi 19…

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Vigilia

Di una festa? di un anniversario? No, di un voto. Anzi di milioni di voti che si rovesceranno su un futuro prossimo. Qualcuno ha scritto – o declamato dalla tv – che nessuna campagna elettorale è stata brutta come quella che si chiude oggi. Forse. E qualcuno non lascia lì senza spiegazioni, bontà sua. Ragioni del brutto che tuttavia si possono travolgere dal contrario: è brutto dire che l’avversario mente? o dire che le spara grosse? o accusarlo di essere troppo vago per essere vero? Mai come in questa vigilia il cielo si presenta scuro: non certo per la benefica neve che sta impoetando questi nostri giorni qui in collina; ma un cielo foriero di instabilità – nonostante qualche parte stia cantando vittoria ancor prima di sapere se da casa al seggio qualcuno non finisca per cambiare parere…

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Cittadini

Il proverbio è non è virale come dovrebbe, in tempi che viviamo: se per virale intendiamo il diffondersi particolarmente veloce e capillare, come invece avviene per ben altre cose molto meno sapienziali. Come, ad esempio, è rilevato dai dati drammatici che evidenziano il diffondersi di una dialettica della violenza che viaggia soprattutto online. Eppure, se c’è una certezza in questa vigilia incerta di elezioni, dovrebbe finalmente disturbare, e per tempo, l’antico proverbio che risale sino a una rivisitazione di un verso dantesco: chi è causa del suo mal, pianga se stesso. C’è stata la Brexit, per dire. E l’elezione del nuovo capo della Casa Bianca. Lì molti giovani non sono andati a votare. Gli stessi che, il giorno dopo, si sono messi in piazza a contestare l’una cosa e l’altro. Il…

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Notizie

Dunque si può usare Gesù per vendere qualsiasi cosa. Lo stabilisce la Corte suprema d’Europa. Dicendo che quel Gesù – un giovanotto anni sessanta, un po’ sdilinquito, naturalmente biondo ma anche di rose tatuato, mani nelle tasche di un pantalone azzurrino, sguardo languido rivolto al cielo: insomma uno di quei santini che aborrisco, e così lontano dall’uomo della Sindone, quanto il cielo sovrasta la terra!; dunque affermando che quel Gesù non offende nessuno. Che può essere vero: ci sono bestemmie peggiori. E contemporaneamente falso: perché sicuramente offende almeno il buon gusto; e il rispetto verso chi non vorrebbe contaminato da manifesti stradali quel sentire che è intimo ad alcuni uomini. Come e non meno di una relazione amorosa. E soprattutto, e ancora una volta, per vendere,…

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Dialetto

Se non fosse che bisogna pure tenersi un poco in contatto con il mondo, scollegherei il tv di casa mia. E non solo perché il canone che paghi è dato solo per il riciclaggio continuo di cose viste e riviste almeno cinque volte (parlo dei telefilm gialli che sono l’unico mio divertissement); e non solo perché i telegiornali hanno la fattura di pastoni, dove la cosiddetta par condicio li infila l’uno sull’altro – i politici, intendo – senza alcun discernimento. Così provocando quegli accumulati popoli dell’ignoranza che siamo diventati, pur nei diversi dialetti, che – ora disimparati – ci potrebbero salvare. Quel che sta avvenendo in questi primi giorni dell’anno, mi ricorda quel proverbio che avverte di stare attenti al piede di partenza: Arda come i va i dé dal du al dùdes de Zenér: anno…

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Presepe

La tradizione vuole che lo abbia inventato san Francesco. E invece si scopre, come per tante altre cose man mano si dipana la storia, che anch’esso, il presepe, fosse presente ancor prima dell’anno mille. E non poteva essere diversamente. L’incarnazione è il centro della storia, non solo cristiana: se crediamo ad unico Dio; se non lo vogliamo monolite solitario; se nell’imbastimento dell’amore che si traduce dalla Trinità all’uomo avviene quell’atto tanto incomprensibile quanto necessario che è la sua discesa tra noi, nel Figlio. Rappresentazioni diverse, secondo i secoli e secondo le culture: da grafie murali primitive agli affreschi di Giotto; dalla paglia di Greggio ai suntuosi scenari dei presepi napoletani. Certo anche per me il presepio era il muschio da strappare al ceppo d’argine…

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Cassandra

Per quei due miei lettori che sentono questo nome per la prima volta: è una che aveva il dono della profezia. Ma, si sa, non tutte le profezie sono gradevoli. Dunque quando predisse che la sua città sarebbe stata distrutta, non fu presa a sassate, ma quasi. Anzi peggio, perché i contemporanei pensarono bene di passare a noi il suo nome come foriero di sventure. Chi vede sentieri storti, e avverte, non solo anche oggi non è ringraziato, ma si sente dire: non fare la Cassandra. Cui si dovrebbe rispondere: e tu non fare lo struzzo; immergendo gli occhi nella sabbia o voltandoli da un’altra parte, non ti salvi. Così può sembrare a qualcuno fuori luogo usare in tempo d’avvento parole che apparentemente non sono di speranza. Apparentemente: perché vivere di speranza vuol soprattutto dire…

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Rancore

Cresce. E cresce in quella parte d’Italia che si sente abbandonata. È la notizia di questi giorni: e ce la dà il Censis: “Il Paese riparte, la produzione industriale vola anche più di quella tedesca, e corrono i consumi, anche quelli accantonati per tanti anni come i viaggi e la cultura. Ma buona parte del Paese rimane indietro, crescono il rancore e la paura”. Un sentimento covato nell’animo, il rancore. Fatto di sdegno, di invidia, di odio. Che può esplodere. E quando esplode, che succede? Pagine di storia sono lì a dirci che cosa è successo. E la paura di molti, che il rancore non abita, si domanda che cosa potrà succedere. Giorni fa, ci si chiedeva se – pur in un democrazia consolidata come pare essere la nostra (ma è proprio così consolidata? e il frazionamento in infiniti partitelli…

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pietas

Il termine latino meglio di pietà: nel mondo greco-romano indicava un atto di sottomissione: anzitutto la devozione dovuta agli dei, poi il rispetto dei figli verso i genitori. Oggi, traducendolo con pietà, lo si identifica con quel pietismo, piuttosto diffuso, che è solo un’emozione superficiale e offende la dignità dell’altro. In quell’altro mondo, da cui pure facciamo provenire tanta parte della nostra cultura, il rispetto di chi sta davanti formava un ammonimento a lasciarsi prendere per mano. E dunque, caro Cristiano, quanto mi scrivi riguardo al DaQui ultimo merita una risposta: “L’arrabbiatura con il prete di Bologna non era per le sue parole di condanna di un atteggiamento “a rischio”, quanto per la sua (apparente, a quanto pare) mancanza di pietà. Sbaglio? In compenso, oggi, un…

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