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Mia sorella mi ricorda quanto diceva nostra mamma: che nevicava forte quando siamo nati, di febbraio, a pochi giorni l’uno dall’altra seppure in anni differenti. Oggi invece è giornata che sembra annunciare primavera. Anche se non sempre agli annunci segue l’evento più o meno atteso: perché l’evolversi del tempo, al di là di previsioni oggi quasi puntuali della meteorologia, si distende per folate oceaniche su spazi così estesi, da provocare altro, rispetto a ciò che si delinea. Tanto più nella vita. Tanto più nella vita di un ministro di culto cattolico - come direbbe la dizione più vicina alle scritture anagrafiche - se l'obbedienza non è un tabù. E se l'obbedienza si accompagna a una accettata percezione dei propri limiti accanto alle risorse di natura e di educazione.  Ricordo…

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sinodo

 Giovani e forti (magari giovani nel corpo no, ma nello spirito certamente forti: si spera) i cardinali di santa romana chiesa, i vecchi e i nuovi, sono radunati in concistoro: nella funzione di aiuto al vescovo di Roma a presiedere la Chiesa nella carità. E sono chiamati, ancorché celibi, dunque senza famiglia, ad ascoltare e a dire la loro su questa istituzione che da noi ancora si sa che cos’è, mentre nei paesi anglosassoni un po’ meno (là dove i figli sono premuti a uscire da casa, poco più che adolescenti, per non ritrovarsi a mangiare la pastasciutta della mamma da trentenni  bamboccioni – ma se non più bamboccioni, che sono? chiedere per sapere a chi li frequenta, ad esempio, nella prosperosa Inghilterra). Ma la saggezza cardinalizia è accompagnata dagli interventi…

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tradimento?

È bene che ce lo ricordiamo, il giorno dopo il primo anniversario. Perché sembra passata un’epoca, con il vento di Francesco papa. Oggi è il giorno dopo di un anno dopo. Benedetto papa lascia: il più alto atto di governo che potesse fare, riconoscendosi uomo in una fragilità che nessun crisma dell’alto può guarire. Più di tutti conscio degli ultimi tempi del suo predecessore – nei quali il “papato” non poteva più, per la paralizzante malattia, essere nelle sue mani, e dunque anni nei quali chi ha diretto la barca di Pietro non ne era investito – responsabile nella Chiesa di un servizio pieno che sentiva non essergli più possibile, Benedetto riconsegna la Chiesa alla Chiesa. Gesto di una grandezza per cui sarà ricordato nella storia: non costretto come Celestino V, grandeggia fin d’ora pur…

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pace e guerra

 “Se siamo capaci di investire tante energie per la guerra, perché non facciamo altrettanto per costruire la pace?” ripete il gran vescovo Bettazzi: già propulsore di Pax Christi in Italia, forse allora pensando ai grandi conflitti mondiali, e meno a quelli italiani. Quelli che sono arrivati, in questi ultimi mesi, a un vero e proprio guerreggiare tra parti opposte – per il momento senza spargimento di sangue, ma per il momento - con tuttavia violenze parlamentari degne dell’aula sorda e grigia degli anni venti del secolo scorso: e tutto nella previsione di prendersi manciate di voti, cavandoli dalla pancia della gente, con cui rinforzare la poltrona del proprio cervello senza sinderesi. Insulti fatti diventare slogan che rasentano razzismo e sessismo, in una chiamata alle armi…

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domande

Di questa stagione, poco dopo Natale, s’andava nell'alta Svizzera. Con un amico prete, o con un amico e basta. Qualche giorno di sosta, da un missionario degli emigranti italiani di ormai terza generazione. Una bella cittadina, Kreuzlingen, con la chiesa in luminoso barocco dedicata a St. Ulrich. Da questa parte del lago di Costanza, che è invece una città triste con chiese cupe. e una storia che la stigmatizza al grigio. In un appartamento arredato nello stile elegantemente sobrio, ci si faceva da mangiare, si giocava a carte, si leggeva, ci si torceva in discorsi da massimi sistemi - ma senza le paturnie che li accompagnano nel luogo di lavoro; nessuna sbarra alle finestre che si alzavano a solo un metro da un prato innevato:  arricciate tende di pizzo a lasciar…

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irreversibilità

Principe della Chiesa, era chiamato un cardinale. E fa intendere che si pensasse il papa un re. La sua elezione aveva tutto un cerimoniale strepitoso: ricevimento della nomina portato da un emissario papale in una residenza nobile (propria o affittata per l’occasione), profusione di doni, vestizione milionaria. Ed ora, per i nuovi eletti, un papa che accompagna la nomina ricordando che il segno è per l’effusione del sangue (non necessariamente macabro), e l’invito a una sobrietà. “Sebbene tu debba accogliere questa designazione con gaudio e con gioia, fa’ in modo che questo sentimento sia lontano da qualsiasi espressione di mondanità, da qualsiasi festeggiamento estraneo allo spirito evangelico di austerità, sobrietà e povertà”.  Che sia della sua penna non meraviglia ormai più di…

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natale, il dopo

Parlarne il giorno dopo non è come dirlo il giorno prima, che natale non è natale così come è stato avvicinato, anche quest’anno, da milioni di battezzati. La spruzzatina della messa di mezzanotte – dopo ultimi acquisti a rivestire se stessi e a lasciar nudo il bambino – non può giustificare l’assenza della domanda che il natale o pone o non è: chi è? che vuole? che pretende, questo piccolo che vien posto in una mangiatoia? Ad orecchie non cristianamente educate, il verbo pretendere risulta dissonante rispetto al buonismo fatto di egoismi che questo giorno sembra reclamare. Eppure è il verbo che risale da ciascuno, quando avviene una chiara dissociazione tra ciò che si vive e quello che verrebbe chiesto di vivere secondo il vangelo. E così il natale è venuto, ed è passato. Ora, tempo…

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pazienza

Sfascisti. ‘Sta parola appare sui media più spesso oggi, di quando è nata negli anni ottanta del secolo scorso. E la trovate anche qui accanto. Perché davvero non se ne può più di atteggiamenti politici (ma sono politici o antipolitici?)  propri di chi non si preoccupa minimamente delle conseguenze di parole e decisioni  fondate su una critica sistematica: si nega ogni cosa, ogni persona che non stia dalla loro parte, ogni proposta che non abbia la radicalità della distruzione. Si mette al bando, con una vera e propria mira all’avversario: neanche fosse un gioco di birilli, o di cecchini bamboli che generano cecchini anonimi sui murali di Internet. E, in più, con il linguaggio proprio delle taverne, rozzo e volgare. Lo conoscete il Sabatini Coletti? È un dizionarista. Alla…

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per gli altri

Se volete ottenere, non pregate per voi stessi. I santi in cielo, nel loro daffare per le raccomandazioni che gli arrivano a valanghe ogni minuto, secernono: queste di qua equeste di là. E al Padre eterno, che unico fa le grazie – persino il figlio Gesù va da lui a implorare, e questa è dottrina cattolica che potete sperimentare in ogni celebrazione eucaristica (bello questo Figlio di Dio che alza le mani con noi! e riempie le nostre parole del suo vento gagliardo d’amore!) – i santi portano queste di qua, solamente. Sempre molto ma molto più poche delle altre: le altre chiedono il rovesciamento del mondo a passare da se stessi, cosa che il Dio di tutti ha deciso che non si fa: il creato è lì, il suo disegno di amore non viene meno anche nelle peggiori giornate della nostra…

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segui la stella

Torno dall’ospedale. La mamma di un amico ha avuto la sentenza che nessun figlio vorrebbe mai per sua madre. Come cerco di fare sempre, mi accosto lieve. Lei è sfinita, ma presente mi scruta con lo sguardo di chi non vorrebbe: ma chi vuole?  Donna di fede, di grande preghiera, di una diaconia generosa per le opere del tempio. Anna potrebbe chiamarsi, accanto ad un Simeone nel giorno atteso da sempre, mentre guarda e ascolta: ho veduto la salvezza. Ma si è tristi: e come non esserlo, in questa annunciata vigilia così incognita. Cerca più volte la mano: non vuole essere sola. Mi raccomando: portare nei giorni della fatica un altro, è una benedizione, le dico. Acconsente, in occhi commossi. Torno dall’ospedale, per la superstrada: nella distesa di cielo che confonde la sua opacità con…

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