Parlarne il giorno dopo non è come dirlo il giorno prima, che natale non è natale così come è stato avvicinato, anche quest’anno, da milioni di battezzati. La spruzzatina della messa di mezzanotte – dopo ultimi acquisti a rivestire se stessi e a lasciar nudo il bambino – non può giustificare l’assenza della domanda che il natale o pone o non è: chi è? che vuole? che pretende, questo piccolo che vien posto in una mangiatoia? Ad orecchie non cristianamente educate, il verbo pretendere risulta dissonante rispetto al buonismo fatto di egoismi che questo giorno sembra reclamare. Eppure è il verbo che risale da ciascuno, quando avviene una chiara dissociazione tra ciò che si vive e quello che verrebbe chiesto di vivere secondo il vangelo. E così il natale è venuto, ed è passato. Ora, tempo di crisi o no, – ma non sarà che questa crisi è solo percepita, e non reale? non è che si è alzato talmente tanto il livello delle esigenze, che ci si sente impoveriti perché oggi ci vien chiesto di misurare almeno un poco il superfluo?  (e certo lo si scrive per la stragrande maggioranza, mentre sicuramente è tangibile l’essere più poveri per quelli che stanno dalla parte stretta della forbice) – dunque, tempo di crisi o no, ci si sta buttando nel prossimo stordimento. Il meno tredueuno a sottolineare un’altra mezzanotte: contraltare di un rito che è vuoto come quello celebrato otto giorni prima in una chiesa. Se è magia. È indubbio: tanti teatrini della santa veglia di mezzanotte – asini trascinati in chiesa a portare una bella ragazza con un bambolo  semovente, e presepi viventi che, si sa, esaltano i registi e meno l’evento che si vorrebbe celebrare – non hanno nulla da invidiare agli spumanti che si rincorreranno nell’illusione che tutto cambierà: magia. Almeno, ai miei tempi (non più belli di questi, ma sicuramente si preoccupavano del segno di senso per tutte le cose) i doni ai bambini li portava gesù-bambino. Oggi impera babbo-natale: che si arrampica persino sulle facciate delle chiese! Quanto ci vorrà a sfatare che il natale non è babbo-natale? se persino negli oratori vengono recitate fiabe di ‘sto genere’? Quanto ci vorrà perché il travisamento della nudità natalizia, quella di un Bambino (questo sì con la maiuscola) che esce dal grembo di una Donna, è la stessa nudità di un crocifisso con lì sotto la stessa Donna, madre di ognuno che vive la bellezza di una nascita e la nefandezza di una morte? Se Natale, il prossimo?, non sarà l’esito di uno scontro con un Dio difficile, resterà un non-natale. Ma non ci rassegniamo. Qua e là, a punteggiare il globo, granelli di sale stanno già dando sapore.