Testi: Silvio Gandellini e Enrico Re Associazione culturale Movente
In scena: Enrico Re
Disegno sonoro: Maurizio Rinaldi e Fabrizio Saiu
Oggetti di scena: Marilena Tocchella
Regia: Silvio Gandellini

Gli odori acri e persistenti, i rumori assordanti, le luci abbaglianti e il caldo insopportabile, l’aria irrespirabile, opprimente, nociva, il lavoro pesante, il pericolo, incombente e presente come un’ombra, sembrano dipingere il quadro di un luogo terribile, apocalittico.

Ferriera, parola che evoca, fuoco e metallo, tempi arcaici durante i quali il termine “uomo” era sinonimo di lavoro e ordinaria era la precarietà della sua esistenza.
Ferriera, luogo del quotidiano, del reale, luogo intriso di storia; storia famigliare, indissolubilmente legata al nostro territorio, alle nostre valli e pianure.
Un ambiente che racconta la nostra memoria, la nostra appartenenza, la nostra identità, dentro ad un tempo cambiato, trasformato, lontano, ma costantemente narrato dalla “nostra” lingua, nei valori ad essa legati, nelle parole di chi c’era e nelle parole di chi oggi, impregnato di quei segni, le rievoca.
Il racconto di un sogno ad occhi aperti durante la veglia di Natale del 1981 all’interno di una fabbrica occupata, diventa per un operaio l’occasione per ricordare spaccati di vita di quegli anni nel luogo di lavoro e fuori, nel paese, nella contrada: dalla giocosa e leggera ingenuità attraverso la quale aveva guardato alla realtà del lavoro durante l’apprendistato, dall’immagine fiduciosa dello stabilimento come luogo di certezze e di solide garanzie future, a una più matura e disincantata visione del proprio essere persona ed operaio all’interno della fabbrica.
Scrive Mauro Guerra, a proposito delle architetture ancora oggi visibili, rimaste a testimonianza di quel periodo: “…scheletri di una potenza che fu, vittime di congiure perpetuate altrove. Orgogliosi e imponenti, si lasciano ora smontare solo pezzo a pezzo, a significare una resa interminabile, con il dovuto onore delle armi: rimosse con cautela e rispetto, le coperture, recise e posate a terra le capriate, sgranato fino all’armatura il cemento. per la loro demolizione, ecco marchingegni fino a ieri impensabili, studiati come piano d’attacco per annientare il nemico. Aggrediti da ogni lato, giganti ormai solitari, sfidano la stessa mano dell’uomo che li aveva prima costruiti per durare. C’è qualcosa di arcano sotto quelle volte, ricurve e annerite, un vuoto che richiama antiche presenze, come i templi abbandonati e dissacrati. Architetture innaturali che sfidano il cielo, presenze ingombranti, vulcani spenti e silenziosi, navi in disarmo..”
Tracce dunque, lasciate come impronte da seguire nelle vicende quotidiane di uomini che hanno vissuto cambiamenti storici, relazioni nuove, passioni, conquiste e disillusioni, nuovi equilibri, in un mondo del lavoro in continuo e attuale divenire.

Per info: www.natalenellepievi.com