Qualche prete è afflitto dal dubbio cartesiano. (perché qualche prete? magari anche un qualche diacono tuo, e parecchi che diconsi cristiani). Il dubbio che dietro le magnifiche sorti e progressive del vaccino ci siano gli interessi farmaceutici, o l’asservimento dei popoli a una nuova dittatura sanitaria, o … insomma quelle fandonie per le quali è inutile qualsiasi tentativo di liberare i tuoi interlocutori. A chi appunto gli chiedeva in materia di  assumere il dubbio a giustificazione di chi si rifiuta di appartenere alla massa credulona, la risposta di un polemista è stata questa: Non a Cartesio lei si ispira, ma ai ben più grandi filosofi Mario Giordano, Paragone, Porro, Meluzzi, e compagnia danzante della Quattro – intesa come televisione. Immaginare che sia lo stesso gregge prono ogni sera a recitare il rito dell’opposizione a qualsivoglia iniziativa degli avversari; immaginare che sia lo stesso gregge delle liturgie domenicali può risultare blasfemo. Non dico una serrata catechesi sul come dell’essere cittadini – antico come la lettera a Diogneto – ma una qualche lezione sul patto sociale di Rousseau? Inutile. Fatico a scriverlo perché è poco ascetico, dell’ascesi della pazienza. Ma è così. Uscirne bene dalla pandemia? Ecco qua quel brutti e cattivi che si sperava fosse solo un indizio sbagliato, quando dopo la breve era dei medici eroi, ci si è buttati in tribunale a denunciare per guadagnare sui propri morti. E invece – e non solo certo per il vaccino – ci sta dicendo che non ne stiamo uscendo bene. E non scrivo per pessimismo; ma per avvertirci a tempo di frenare lo scivolamento. Non accomunerò questi terrapiattisti del vaccino a quei santi nuovi parroci che si stanno affacciando alle comunità loro assegnate. Come sanno in tanti, la liturgia è disegnata da edifici e da vesti a dire che come si prega anche si crede. Chi entra nella nostra chiesa abbaziale, nel percorrere il pavimento di pietra sotto cui giace per sempre chi ci ha preceduto ricorda l’effimero della vita; e riscopre nella nudità delle pareti il segno della sobrietà che sola può celebrare al meglio il Signore. Non con ori e argenti, non con frange e con gioielli. Perciò vedere dalle cronache fotografiche molti di quei nuovi santi parroci rivestiti di pianete  – quella veste a forma di chitarra, resa rigida dai ricami certamente preziosi – e non dal semplice mantello a casula (anche se anch’esse, appese sulle spalle dei celebranti, ormai fluttuano tra le stoffe di lusso); e a corredo camici con pizzi orlati di rosso come è previsto per i prelati che loro non sono: vederli e chiedersi il perché di questo voltarsi indietro è tutt’uno per uno spirito minimamente critico. Cose da sacrestani che vogliono far prendere aria alle cassettiere? o è il surrogato di uomini insicuri? Non sarà che Dio ormai assente dal mondo, si assenta visivamente persino da chi ne dovrebbe pronunciare il Nome? In nome di un sé irresoluto, solo il donarsi senza dubbi cartesiani riduttivi può condurre a un annuncio non privato della sua origine. Terrapiattisti della liturgia (dalle pianete si passa facilmente a una teatralità del celebrare che trova spazio in forme e gesti di rubriche superate dalla riforma) e da lì “una ideologia che colonizza le menti e fa tornare al passato per cercare sicurezza”. Contro i suoi denigratori (quelli che si devono essere trovati in qualche Hilton a cinque stelle – così si usa a Roma – per preparare il nuovo conclave che rimetta le cose a posto, lui promosso anzitempo a defunto) Francesco papa ha affermato che la sua non è lode all’imprudenza, ma ”andare avanti nel discernimento e nell’obbedienza, perché tornare indietro non è la strada giusta”. Sapeste quanto nella Chiesa, e da quei terrapiattisti del Vangelo, è partita l’accusa di imprudenza per bloccare ogni iniziativa che conducesse fuori dal recinto le novantanove! Perché sì, una si è persa, ma le altre sono invecchiate senza darsi all’ebbrezza di nuovi pascoli. Che è poi la differenza tra una fede fondata sulla morale e quella vissuta nella libertà che il Figlio ha consegnato come promessa e Regno.   4 ottobre 2021, nella festa di Francesco d’Assisi