Dopo nove anni mi sono accorto di cosa mi mancava: alzare lo sguardo e vedere il vento corteggiare lieve le foglie dell’albero che sovrasta i tetti del vicino. Quindi è bastato poco: spostare di trenta centimetri la scrivania, e tra un paragrafo e l’altro ora entra il sole, o la pioggia, o qualsiasi cosa si combina nel mondo. Cose spiacevoli? Anche. Vegani, macrobiotici, lattofobi, crudisti, sushisti, naturisti, nogluten, nocarb, carnivori, fruttivori, localivori: una lista composita di gente che si difende attaccando. Attaccando la realtà. E sembra che sia un gioco trasversale, per generazioni e per fasce di individui. Se vi lasciate toccare dalle notizie di bullismo di questi giorni – di vandalismi diffusi su treni e su piste ciclabili, di bande di minorenni che ti circondano per prenderti il telefonino sgargiante che stai mostrando come status symbol di io non so che cosa – che ci crediate o no a me scoccia che mi si dia ragione. Eppure in tempi non sospetti scrissi due profezie: che i minorenni dalla pandemia sarebbero usciti scocciati a tal punto da prendersi la libertà di spaccare tutto (non tutti, i nostri no!), e si sta verificando; e che, dalla prossimità coniugale della pandemia si sarebbero beneficamente moltiplicate le nascite, come nella crisi petrolifera di decenni fa: e invece no. Il desiderabile no, l’indesiderabile sì. C’è da interrogarsi, come direbbe chiunque non voglia finire nell’inferno di Dante: perché “peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla”. Sprecare le lezioni di silenzio delle nostre città, quell’apnea della frenesia produttiva che sembrava impossibile fino al giorno prima del confinamento obbligato; sprecare quella solidarietà fiorita spontaneamente sui germogli rinsecchiti del nostro individualismo che datava da troppo. Tutto sprecato? Certo mi piacerebbe ci fosse un canale tv covidfree, dato che non se ne può più di sentirne parlare per numeri che sicuramente fanno odiare la matematica persino ai matematici. E mi piacerebbe che finalmente si tacessero quei millantatori di sé, che pur di prendersi la ribalta – sono vescovi, anzi, uno per tutti, è un vescovo, quel Viganò che impedito alla porpora si erge ad antipapa – pontificano definendo “presunta” la pandemia sofferta da milioni di uomini e donne, per lanciarsi in anatemi contro clima e migranti, due temi che non c’entrano con la predicazione del Regno di Dio, dicono; ma sono buoni motivi, per loro, di buttare disprezzo sulle sensibilità evangeliche di Francesco papa. A che punto, direbbe mio nonno!, senza perdere la fede, ma mandando evangelicamente a quel paese tipi di tal fatta, anche se mitrati. C’è un rancore plebeo che uno non si aspetterebbe da chi è stato scelto dal Santo Spirito per essere guida, compagno la cui mano non ti abbandoni mentre attraversi la strada. A meno che ci si ricordi che attribuire in modo meccanicistico le scelte dei vescovi allo Spirito sia finalmente da rimettere in chiaro, teologicamente e soprattutto ecclesialmente. Con vescovi così, c’è da chiedersi se ancora echeggia il “sono forse io il custode di mio fratello?” di Caino-memoria. In quella domanda biblica c’è una questione gigantesca, che interessa tutti noi: quanta responsabilità abbiamo nelle vite degli altri? quanto conta ciascuno di noi nel destino dell’altro? soprattutto se tocca la sua fede. Molte chiese si sono sgretolate nei secoli, anche là dove pure c’erano pastori della levatura di Cipriano e di Agostino; un mistero della Provvidenza di Dio che avverte: non vuole che confondiamo la Chiesa con il suo Regno. Con i suoi dogmi, per quanto indicatori di verità, la Chiesa si fa e si disfa, quanto più ascolta la Parola. Che è quello che non sanno più fare – impietriti dentro certezze che hanno radici in io ipertrofici – quegli uomini che per uno scherzo dello Spirito (si può pensare diversamente?) sono stati messi lì a dire quel che si diventa quando la fede è solo religione; e dunque apparenza senza sostanza. Dolomiti, appunto, che viste da vicino sono sassaia inguardabile,  solo per chi non si lascia ammaliare da quello che appare da lontano. Ben venga il sinodo della chiesa; ma senza la sinodalità che sa mettere dietro la lavagna gli incorreggibili, l’insipienza del tempo che la pandemia ha aggravato non avrà forse la sua rivincita dietro personaggi che sanno usare della pancia altrui per i propri funambolismi senza verità? la chiesa oggi necessita di un suo covid-free, non vi pare?