Testa sotto la sabbia? Che mondo è? Con vegani e omeopati al grido il Covid è una truffa, liberiamo l’Italia, la destra porta i negazionisti in piazza. Marciano su Roma: terrapiattisti, schizonazifascisti, no-mask, gilet arancioni, no-vax… “Macchiette e mattoidi diventano mostri solo in tempi già difficili. Siamo mostri anche noi? Non è andata bene ai Franceschielli che gettano la farina al popolo: il popolo esulta, ma poi il giorno dopo si ripresenta con la stessa fame”. Gli spin-doctor (alias esperti, in lingua italiana, ma tant’è, a dirla in straniero fa più effetto) hanno suggerito a un governatore poi rieletto di farsi crescere la barba; a un altro, ch non è stato eletto di allungarsi i capelli; e al piazzaiolo degli scontenti a prescindere, di mettersi gli occhiali per ingentilirsi un po’, ma è bastato solo in parte ad allontanargli qualche deluso. Per vincere ci si attacca alla scienza della comunicazione: che poi sia di sostanza o di apparenza, ci sono sempre i malcapitati che ci cascano. Ci si dovrebbe ricordare – e in tempi come questo ancor più – quanto disse Moro, lo statista ammazzato dalle Brigate Rosse. “Se dobbiamo cogliere l’opinione pubblica, valutarne gli stimoli ed accentuare la nostra capacità critica, non dobbiamo però seguirla passivamente, rinunciando alla nostra funzione di orientamento e di guida”. Esattamente l’opposto di quanto si sta vedendo: a rimarcare che da quel piccolissimo coso che sta devastando l’umanità, non si sta uscendo (e speriamo che si stia uscendo…) come per qualche mese si è sperato. Ma, come già ebbi modo di scrivere, in po’ più cattivi e un po’ più stupidi. Proclamando che il web sarà la nostra salvezza: il lavoro da casa, le scuole a distanza, e teatro e cinema e calcio solo nel televisore. La rottura dei corpi sta generando la rottura del corpo sociale? Quello che insegna, nella prossimità, a vivere i conflitti per generare tenerezza? E dunque una vivibilità umana? La pandemia è un esperimento colto prima con paura, poi con ribellione: non ha cambiato lo stile della convivenza di cui le tracce ultime erano di dissoluzione. Non ha sconvolto al meglio. Si ricomincia, come se nulla fosse, da come eravamo. E ci si appallottola anche tra i cattolici nel tentativo di riportarsi alle “certezze” di prima. (Parlare di “punizione divina” nella pandemia, come strillano da Radiomaria, è blasfemo! Dio ha mostrato attraverso Gesù che Egli vuole la salute, il bene per tutti i suoi figli, anche quelli che sbagliano. Dio non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva, come racconta Ezechiele il profeta: è parola del Signore, io non godo della morte dell’empio). Che poi fossero certezze che trasmettevano un Signore datato e scontato, su questo ci si tiene alla larga nella ricerca di una ripartenza ecclesiale. Affannati a chiedersi per le chiese vuote, per le riunioni difficili, per quel venire a galla – e questo è di una visibilità netta per chi non vuol essere struzzo – di una indifferenza religiosa che è poi assenza di fede cristiana, affannati a chiedersi: e adesso? Abbiamo un Dio vivo, un Signore che ci ha dato delega per dare il nome al creato; e dunque per sapere dare risposta al divenire spesso difficile ma sempre pregno di grazia degli avvenimenti storici. E dunque non più l’approssimazione che ha bollato le parrocchie di pressapochismo. Il Vangelo nella sua meraviglia merita una serietà tutta da riscoprire. E dunque sobrietà, e dunque apertura; e dunque opposizione a chi sta dentro con tutt’e due i piedi fuori: di che cosa si confessano quelli che negano il Vangelo di Gesù osteggiando la predicazione evangelica che viene da Santa Marta? La vera grande scommessa di chi punta la sua vita sul Vangelo – seppure da peccatore – è riconoscere la propria salvezza nella cura che ha del corpo del prossimo. Per servire la vita nel mentre accade. Ho volutamente scelto una pittura del cinquecento luterano a sostituzione di quella proposta alla diocesi sulla resurrezione del figlio a Naim. e, preciso, soprattutto per una leggibilità iconica quella fantoniana che mi pare piuttosto illeggibile. Ma il Cristo e il ragazzo – di Lucas Cranach il giovane, dipinto che sta a Wittenberg – emergono dentro una processione di nerovestiti: Lui e noi, nella stessa resurrezione che affranca da processioni religiose funeree, senza fede, quindi senza speranza. Non è più tempo di anacronismi cattolici, che ci disturbi o no ‘sta cosa.