Scrivo proprio perché costretto da chi chiede che dica qualcosa anch’io. Come se i senni che si sono sprecati in questi giorni non bastassero! O come se io potessi aggiungere qualcosa di utile! Ma insomma. Sicuramente tempo a disposizione per informarsi di più ce n’è, visto che hanno fatto abbassare saracinesche su tutta la vita sociale di un prete. E dunque: dal pippistrello allo zibetto è venuta la sars, dal pippistrello al cammello la mers, dalle grandi scimmie l’ebola, dagli uccelli selvatici a quelli domestici l’aviaria, da carni ovine e bovine la muccapazza. A parte l’Inghilterra che fu focolaio di quest’ultima epidemia, e l’Arabia per quel che concerne la mers, maggiore imputata di focolai è la Cina: la densità di popolazione, gli allevamenti misti, i mercati di animali vivi, permettono a ceppi provenienti da animali diversi di combinarsi e di “impazzire”. Il che potrebbe dar ragione a quei populismi che nel recintare le proprie nazioni così impedirebbero a ceppi umani diversi di combinarsi e dunque di impazzire? O ha ragione chi sostiene il contrario? Due le possibili riflessioni. Gli animali sono all’inizio di queste malattie dell’uomo; e dunque ci fanno ricordare, a noi uomini comprese le donne, che siamo animali: cosa per altro da non dare come scontata, visto l’esito di certi comportamenti di cui ci doliamo a ragione non veduta. E poi, questa epidemia non sarà l’ultima. La prima che conobbi fu l’asiatica (due milioni di morti!): di anni ne avevo tredici, ero già in Seminario, a Clusone: mal sopportavo la montagna, che mi rinchiudeva desideri e affetti. Eppure quei giorni a letto, in una vasta camerata soleggiata (si era di febbraio, e la neve fuori riverberava ancor più la luce) sono i migliori che ricordo: colmati di attenzioni come non saremmo stati mai in quei tre anni di reclusione – finalmente accuditi maternamente, come solo a casa propria. Perché lì, in quell’incavo infelice tra montagne percepite ostili, la nostalgia densa era la mancanza del cortile di casa. Un rifugio? nella bellissima cappella lo sguardo di Maria nell’altare di sinistra: cercato più volte, era quello di mamma; e di tua mamma la consolazione che traluceva dal sorriso non per il Bambino che Lei portava in braccio, ma per te. Dunque giorni belli quelli dell’influenza, nonostante i malanni che non ricordo: a dire che non è il male in sé, ma come sei accompagnato in quel che succede. Per questo è problematico l’eccesso di prudenza che lascerà vuote di celebrazioni eucaristiche le nostre comunità la prossima domenica (sto ancora sperando che si ritorni sulla decisione …)? o no? Un proibizionismo che faticosamente si accetta in obbedienza, e che tuttavia si spera capace almeno di un affinamento della religiosità in tutti; e di una conversione in quei pochi che l’eucarestia son contenti di farla mancare a chi non ha preti, pur di non intaccare il tabù del celibato. E infine: perché la zona rossa non l’hanno estesa alle tv? L’infezione psichica del panico quanto è figlia di trasmissioni che girano attorno ai quanti contagiati, ai quanti morti, con una frenesia che fa quasi rimpiangere (vedi a che punto!) che non siano ancor di più, di quanto già non affliggano l’umanità televisiva, le trasmissioni di cucina. E per accorgersi una volta di più che la madre degli indignati fasulli è sempre incinta: persino quando sarebbe opportuno che donna non conoscesse uomo, per il bene di chi è già afflitto di suo.