Non vi siete meravigliati vedendo il trofeo dato come miglior allenatore di calcio? Una panchina d’oro, disegnata come l’archetipo delle panchine che tutti hanno in testa. Quattro gambette, due assi per sedere e due per appoggiarsi. Quelle insomma che dai campi dell’oratorio agli stadi degli anni fino ai novanta hanno “addobbato” il terreno di gioco. Ma ora? Viste quelle mastodontiche poltrone su cui affondano allenatori e coorte? Che c’entrano? Possibile che messe lì non chiedano vendetta agli dei? per come ne esce sconfitto l’archetipo del calcio? O non esiste più, non solo l’archetipo ma neppure il calcio? Di oggi la notizia di uno scrittore inglese, di cui è un affascinante romanzo sul calcio,  che ha deciso di non scrivere più; e proprio perché, dice, non si riconosce più né nella società inglese né nel calcio parcellizzato per avidità: Vi dicono che non è tanto per gli introiti televisivi, ma per dare a tanti la possibilità di vedere in diretta la propria squadra: falsità. Così come, sempre a proposito di inglesi, con “vere falsità” si è arrivati alla brexit: qui l’ossimoro ci sta tutto. Spaventando i meno informati con bugie e con paure indotte, hanno massacrato una speranza: quella che ha tolto da sotto i piedi per settant’anni quel nazionalismo produttore di guerre, rimettendoci tentazioni di sovranismo ormai seminato in gran parte d’Europa. Di falsità si sta nutrendo l’America chiamata al voto: dove quel che conta è il denaro, sia quello ereditato e in gran parte sperperato, sia in quello guadagnato fino a cifre impensabili: e lì la falsità è sul concetto di democrazia, dato che vince chi si impone con una più vasta propaganda. Sapendo ormai tutti che più titilli la pancia, più il popolo si sposta. E dunque chi è sconfitto? veramente sconfitto? Chi appare vincente usando l’apparenza? usando la menzogna? Dopo la lettera sui Queridos dell’Amazzonia, la fronda politico-teologica che avversa Francesco a prescindere, deve aver tirato un sospiro di sollievo: la tragedia del tocco sul celibato dei preti non si è avverata. E debbono pensare che è opera loro: dei loro tre cardinali referenti, e di qualche decina di vescovi (su cinquemila) che hanno fatto clamori, stacciandosi le vesti (già visto nel Vangelo!). Si sentono vincenti: e sulla pelle di comunità della foresta che non avranno l’Eucarestia, quella tal Cosa che fa la Chiesa. Sono ottusi (e il brano di Matteo che hai letto domenica con l’ ammonizione a non usare parolacce contro il prossimo? Certo: ma se è l’unico modo per aiutarli a crescere? Gesù insegna: lui che non ha lesinato male parole – sepolcri imbiancati – della serie quando ci vuole ci vuole!). Ottusi perché incapaci di volersi liberare da pregiudizi: e sulle convinzioni della necessità del celibato espresso da Francesco, ma insieme sulla astoricità della esclusione di presbiteri sposati accanto a quelli celibi. Sconfitti sono quelli che amano la propria schiavitù religiosa, o quelli che vivono la libertà che lo Spirito del Signore innesta in loro? Di quante falsità hanno invaso un certo mondo cattolico, con attacchi frontali e strategie degne di miglior uso per la fede. Sono perdenti, sono sconfitti, perché stanno dimenticando l’essenziale del vangelo: l’amore. In un suo testo degli anni sessanta del secolo scorso. quando ancora quest’onda di rivalsa non era lo tsunami che si sta vedendo, Carlo Carretto, il piccolo fratello del deserto, scriveva: quanto sei contestabile Chiesa, eppure quanto ti amo. Quanto distanti, questi sconfitti, da parole cristiane. Dove c’è arroganza, non c’è Vangelo; dove c’è carità, lì è Dio.