Un giorno il papa Paolo VI disse, scandalizzando gli ipocriti, che il fumo di satana era entrato nella Chiesa. Eppure erano tempi ancora molto coperti: in barba a tutto, si viveva del preconcilio a Concilio ormai consegnato. Un fumus persecutionis che tocca il papa attuale in modo sconosciuto ai secoli che precedono. Eretico, idolatra: due accuse che sbiancherebbero chiunque nella Chiesa di Cristo, tanto più chi è stato chiamato ad essere presidente della carità ecclesiale, e dunque dell’unità e della difesa della verità. Ma tant’è: viviamo in un’epoca che minaccia di consegnare alla storia non chi ha tracciato un cammino, ma chi si sbatte per chiudere orizzonti. E qui – spiace dirlo a me che ne ho sempre avuto stima anche in tempi in cui lui stesso era vittima di disistima (ma non di persecuzione come ora per il suo successore – l’assist di Benedetto già papa a un cardinale conservatore rimette fiato ai persecutori.  È in uscita un libro che si occupa del no ai preti sposi: e già le anticipazioni titolano con un ”non posso tacere”. Che è brutto; e dunque si spera che sia il solito modo di certa stampa di sollecitare gli istinti primitivi,  la stampa che ama la guerra. Perché non tacere? Non era forse il primo proposito di un papa che ha lasciato, e che, seppure con espressioni diverse, affermava l’esatto contrario: ora devo tacere? Che certi argomenti li titilli un cardinale di curia è ormai diventata una tale moda che può invitare solo al “guarda e passa”. Ma che l’Emerito intervenga, più che ai diritti d’autore del porporato, dà un assist a tutti quei gruppuscoli che stanno macinando rancori e divisioni all’interno della Chiesa. Chi sono? Lefebvriani occulti messisi nell’onda di autodemolizione della chiesa di Roma; lugubri scontenti per una carriera mancata (loro, si pensavano in un’azienda e non nel vangelo del Nazareno); fanatici dell’ombra chiesastica, con riti che odorano di muffa, e non del profumo dei gigli di un campo aperto, o del volo libero di uccelli nel cielo che non è mai lo stesso. Non fossimo stati avvertiti da Lui, il Signore,  che la persecuzione è criterio di verità evangelica, ci sarebbe di che sprofondare. Ma fa male, ma scandalizza gli indecisi, ma allontana gli uomini che pure cercano con cuore sincero. Un a soluzione ci sarebbe: dalle cinque piaghe di Rosmini ad oggi le piaghe sono aumentate di numero e di consistenza; ma l’inizio di tutto, il tarlo che rosicchia e indebolisce, è in quegli apparati che assimilano la Chiesa a una qualsiasi delle potenze terrene. Il ritorno a Zagarolo (ne ho scritto più volte) è il primo comandamento: annullamento dei fasti e delle onorificenze, la sobria solennità del culto, il decentramento dal vaticano all’autocefalia apostolica delle diocesi, il riordino della teologia secondo priorità che rispondano all’umano che oggi si conosce. E, ad esempio, le categorie di puro e impuro che hanno afflitto quel grande dono che è la sessualità, potrebbe suggerire alle inveterate certezze di un emerito novantenne che ci si dà in totalità al Signore e al suo servizio anche da sposati. Al porporato che l’ha coinvolto non chiedete remissione: c’è una durezza di cervice insormontabile.