Mi verrebbe subito da dire che anche in Italia c’è chi ha ricevuto il sacramento dell’Ordine, pur essendo sposato: per non parlare degli anglicani entrati nella chiesa di Roma con moglie e figli. È vero non sono preti ma diaconi: ma viri probati, sicuro, per quanto il probati lo si applichi con non tanta parsimonia a giovanotti venticinquenni ordinati presbiteri. Ma tant’è: se il Sinodo in atto limitasse lo sguardo a ‘sta cosa – importante, certo, ma un tassello del tutto – si capisce perché neppure le ampiezze amazzoniche smuovano porpore cicalanti, che fingono – fingono! – di non sapere la distinzione tra disciplina ecclesiastica e dogmi (non dando per scontato che anche i dogmi non potrebbero essere rivisti alla luce del Vangelo masticato oggi dall’uomo; e dunque da quella libertà di pensiero e di esperienze che non confinano il mistero di Dio dentro storie e umori e rigidità). Rigidità storiche come l’accanimento del crocefisso sui muri scolastici, altro motivo di sguardo miope: ma se viene staccato per picchiarlo sulla testa di islamici – e fra qualche settimana pronti all’uso saranno anche i presepi – non varrebbe impegnarsi a impedire tentazioni che gridano vendetta al cospetto del Crocifisso? E invece lasciarsi finalmente toccare dalla storia che si sta costruendo; e che si costruisce sulla paura e sull’odio. Lo Yom Kippur, la festa grande per eccellenza degli Ebrei, festa della Riconciliazione, diventa scenario di morte in Germania: e, in quel land dell’est mai riconciliatosi con l’ovest, e neppure un po’ convertito dal comunismo a una solidarietà dei popoli. E pendersela con gli Ebrei in Germania? Proprio lì dove ci si aspetta che la storia abbia finalmente detto no alla xenofobia? Di suprematismo bianco, del prima noi, forse è colpevole oggi solo l’occidente? Di colore diverso ma di suprematismi diffusi, di xenofobie all’inverso? Di nazionalismi si muore: lo sta dicendo l’America , e lo dicono l’Asia e l’Africa. Sta provando a dirselo l’Europa, con la miopia di chi vede il recinto e si crea il nemico. Dire che l’Amazzonia è mia e ne faccio quel che voglio, è oggi il miglior emblema della stupidità nazionalista. E sarebbe da annoverare tra gli stolti quanti volessero resistere sul non si fa, là dove l’universalità della Chiesa chiede differenze che rispettino ritmi e culture: se l’unità è davvero intreccio di diversità riconosciute, la Chiesa di Cristo ne dovrebbe essere esempio per il mondo. Insomma sarebbe da miopi non riconoscere una laicità ecclesiale: una schierarsi finalmente e solo sul deposito della fede – unità e trinità di Dio, incarnazione passione e resurrezione del Signore Gesù – e finalmente lasciare che lo Spirito di Dio aleggi come vuole lui a ispirare le cose ecclesiastiche. È tempo di rimuovere le cataratte dagli occhi di cristiani pregni di religione e meno di fede.