“Lo vediamo tutti i giorni: nei necrologi dei teenager che omettono vistosamente la causa della loro morte (leggendo tra le righe si capisce che è un overdose), negli sbandati con cui vediamo le nostre figlie sprecare il loro tempo. Barack Obama fa risaltare le nostre insicurezze più profonde. È un buon padre mentre molti di noi non lo sono… Sua moglie ci dice che non dovremmo dare da mangiare ai nostri figli certe cose, e noi la odiamo per questo: non perché pensiamo che abbia torto, ma perché sappiamo che ha ragione”. Questo è un passo da «Elegia americana» di J.D.Vance: una analisi lucida sul proletariato bianco in crisi e pieno soltanto di ruggine e rabbia. E non solo in America. Un pezzo letterario che accumula con altri uno sguardo retrospettivo, ma fiondato su ciò che ci potremmo aspettare nelle stagioni prossime. Se dell’estate facciamo una stagione di sintesi. Di tante letture si prestano i giorni estivi, per una visione della vita finalmente racchiusa dentro un globo unificante. Sensazioni, vissuti, distacchi, incomprensioni. Tutto in uno. Quella maggioranza di persone persuase di essere più informate degli esperti: le stagioni che stiamo vivendo sono bersagliate da chi nella scienza, nella medicina e soprattutto nella politica fa della mancanza di preparazione una teorizzazione. “Incompetente e me ne vanto”: poteva tutta la secolare sapienza socratica subire un affronto simile? Eppure diventa strumento di ampio consenso (elettorale). A causa della pretesa di saper tutto, ci saranno sempre degli eschimesi pronti a dettare legge sul come debbano comportarsi gli abitanti del Congo durante il massimo della calura: così l’aforisma di Jerzy Lec, scampato ai lager nazisti, può decifrare al meglio quanto accade. Anche nella Chiesa. Per la verità da qualche settimana sembra che sia calata una stasi: forse gli oppositori per partito preso stanno vacando; ma, come scrive N. Schmitz, forse che ”qualsiasi cosa faccia Francesco adesso la Chiesa cattolica è ormai sprofondata in una vera e propria guerra civile”? E proprio sulla scorta di chi crede di sapere quel che non sa. Bonaccia come quiete prima della tempesta? Una nuova barbarie che si riveste di paludamenti antichi per non mostrare la propria nudità in profezia? Ammettere che le tensioni xenofobe hanno toccato i cristiani, è assumere una delle vergogne più sfiguranti il Vangelo. Non va bene burocratizzare la grazia o mettere dogane, avvertiva qualche tempo fa il papa a fronte di steccati che non valutano la vastità della misericordia di Dio e la sua imprevedibilità, non certo misurata su quella umana. Così; e contro il moloch di chi confonde il cambiamento da operare in una società che cambia facendosi tentare da progetti pastorali che sono superati appena li si mette sul mercato: moloch, che per inventare nuove strutture ecclesiastiche, sacrifica persone e storie. “La nostra è un’epoca così essenzialmente tragica, che ci rifiutiamo di prenderla tragicamente. Il cataclisma è avvenuto, noi siamo tra le rovine, cominciamo a tirar su nuovi piccoli motivi di vita, ad avere nuove piccole speranze. È un lavoro abbastanza duro; non v’è ora alcuna strada facile che immetta nel futuro. Dobbiamo vivere, non importa quanti cieli siano crollati”. Un ultima sprazzo di lettura estiva da L’amante di Lady Chatterley di H. Lawrence: è del 1926, ed è un romanzo accusato di essere osceno. Ma credo abbia qualcosa da dire all’oggi della Chiesa e della società: che, prendere coscienza delle proprie inadeguatezze morali, è l’unico modo di risalire la china. Personale, e interpersonale, prima ancora che collettiva.