Se uno deve addormentarsi – l’ora è scoccata e la giornata è ormai finita – e un ultimo suo metodo è quello di farsi aiutare dalla tv, può succedere che una trasmissione invece ti tenga sveglio. E non per un grande interesse. Anche, qua e là. Ma per la rabbia che impedisce a Morfeo di trascinarti nella dolcezza di un sonno, quand’anche immeritato (immeritato, perché? ogni vita merita un riposo!). Potresti anche cambiar canale, suggerirebbe chiunque: ma tra morti sparati e lugubri viaggi in città perdute, l’unica è affidarsi alla noia di chi ripete da mesi le stesse cose. Dunque dove la rabbia? Lo avrete notato anche voi: gli applausi, che scattano ogni minuto e mezzo al massimo (e dunque quanti saranno in quasi tre ore di trasmissione?), gli applausi per l’uno e il contrario dell’uno: a susseguirsi. Senza vergogna. Dite che hanno radunato due claques contrapposte? L’intensità farebbe pensare che sono gli stessi che applaudono l’uno e l’altro. Ma quand’anche ci si programmi per contrapposti, si potrà pur accettare che una piccola parte di ragione, in tutta la serata, possa avvenire per la parte opposta. Inaccettabile, per qualsiasi ragionevolezza. E ti monta dentro quella ribellione che diventa adrenalina, la nemica del sonno pacificatore. Ma tant’è: non si vive più di ragionevolezza – ammettiamolo finalmente! – ma di pure emozioni: che trovano uno sfogo per quanto illusorio nel produrre fracasso. I monasteri conservano intatta la regola del silenzio: perché lì l’intelligenza dispiega le sue ragioni sulla vita. Quanto si è avvertito che applaudire nei funerali è qualcosa, almeno, di sconveniente? Come si può avviare all’aldilà, qualunque esso sia pensato da chi è a un funerale, immergendo nel fracasso di mani quando non di voci il caro estinto? Che, il caro estinto, a volte può essere anche poco caro. Ma tant’è, poverino, è vero: un po’ drogato, un po’ infedele, un po’ meschino, ma insomma perché non compatirlo? Solo che solo il silenzio, nel caso, potrebbe essere compassionevole. E così l’applauso ha la stessa ipocrisia di quello in uno studio televisivo; d’altra parte ormai la vita sembra allestita per un set: casalingo, o di sagrato, per non dire di quelle piazze dove si crede di inscenare la democrazia. È uno sfuggire a sé: è così difficile da capire e da far capire? È difficile. E se ne vedono i frutti. Tutti in selfie dietro il pifferaio di turno. Dimentichi di parole pesanti come il piombo ma leggere per l’anima, che solo nel silenzio di mura antiche risuonano dentro sé; o nel composto viaggio di chi coglie il sussurro di foglie e di insetti, nei boschi di silenzio che la vita offre. quello che non è stato per Noa, l’olandesina cui è stato permesso di togliersi “legalmente” la vita. E che sia silenzio profondo per lei. Almeno per lei. (Di quel martedì, ieri, la conclusione è stata spegnimento del televisore e il libro da comodino: che però intriga, e dunque rimanda il sonno. Ma almeno c’è pace).