È bastato che un testo di Benedetto, già papa, rinfocolasse in una parte del popolo cattolico le divergenze sotterranee tra l’uomo Ratzinger e l’uomo Bergoglio: divergenze che datano dalle gloriose dimissioni di quel papa tedesco. Come se la Chiesa fosse un campo calcistico, dove due squadre si affrontano non tanto per vincere, ma per umiliare l’altro. Per grazia di Dio, nella Chiesa è come nel calcio: non tutti vivono della acrimonia più o meno banditesca dei tifosi. Non tutti si schierano sulle qualità diverse che pure fanno dell’umanità dei due – e quindi del pensiero, e quindi della sensibilità – una ricchezza  per questi anni per altro un poco foschi. Foschi anche per l’argomento che ha fatto venire a galla i due opposti estremismi: dopo una convocazione di tutti i capi-vescovi del mondo sul come affrontare il tema della pedofilia, questo testo di Benedetto: che facendo risalire l’obbrobrio agli anni sessanta, sembra dare la colpa del fenomeno al movimento del ‘68.  Che quell’anno – quell’epoca – sia stato un momento in cui il mondo ha particolarmente dimenticato Dio, sì, ma lo si può discutere; che “la morte di Dio in una società significa anche la fine della sua libertà, perché muore il senso che offre orientamento” è condivisibile con alcuni segni di interpunzione; e che “i criteri validi sino a quel momento in tema di sessualità siano venuti meno completamente” lo si può dire, purché si accetti che ciò che emerge è ciò che già c’è: latente, fino a quel momento, mal ruminato, ma c’è. Il Dio dimenticato viene da lontano: da un mondo che lo cerca solo quando si trova male, e da una predicazione cattolica che non sa guardare al cambiamento. Papa Giovanni ci aveva avvisato, seppure con un bel po’ di ottimismo – e si era negli anni sessanta: guardate i segni dei tempi. Illusi che quella primavera della Chiesa nel Concilio fruttasse in una estate rigogliosa; ma pare proprio che tutte le primavere contemporanee risultino sterili a non lungo andare: sia quelle politiche, sia quelle ecclesiali. Perché è l’uomo che da sempre si cerca; e cercandosi facilmente sbaglia. Perché il male c’è anche nel migliore degli uomini. Ed è solo facendo i conti con l’io malato che ciascuno riceve alla nascita, che si può sperare contro ogni evidenza sulla propria buona (=bella) risultante: accettando i limiti, lavorandoci su come si dovrebbe, perché ogni primavera si evolva nella stagione successiva che la giustifica per il suo essere. Ma soprattutto chiamando il Signore davanti alla propria vita: Lui, il Salvatore che rinnova nella memoria la sua Pasqua nei giorni che si aprono. In vigilia, pronti ad andare incontro a Lui che sta venendoci incontro. Fin dalla nascita.   >>>  ( Note a seguire_ Non è che il pur vasto fenomeno della pedofilia nella Chiesa sia sottovalutabile, ci mancherebbe!: tuttavia una enfasi eccessiva – che rasenta la grancassa – ha non solo arricchito avvocati di qua e soprattutto di là dall’Oceano, ma è stato foriero di una mancanza di pudore, facendolo quasi diventare l’unico argomento cattolico di questo decennio. E poi: se Benedetto avesse continuato il suo magnifico isolamento per altri sei anni, non avrebbe offerto il fianco ai suoi spasimanti contro quel legittimo successore di Pietro cui lui ha dato e sta dando totale adesione. E poi ancora: se finalmente qualcuno nella Chiesa si dicesse: questa non è la mia Chiesa, e se ne andasse, farebbe un gran favore al popolo santo di Dio; perché la Chiesa possa continuare ad essere l’unica santa cattolica ed apostolica che è in quanto è ecumenica, potendo dire sui tetti che Cristo non è solo per i cristiani di battesimo, ma salvatore di tutti, ma tutti, gli uomini – e loro, si sa, potrebbero salvarsi pur forse in un girone diverso del paradiso. Ecc ecc. ).