Abbaglio e illusione è sognare. E non dico dei sogni notturni, che finalmente sono riapparsi da alcuni anni nella mia soglia notturna: e lontani dagli incubi dell’adolescenza e della prima maturità, semplicemente imbastiscono desideri diurni inconsci che rasserenano per la sveglia che mi attende. Pacificanti, loro. Parlo naturalmente dei sogni ad occhi aperti, questi “sogni” che contaminano ormai tanti discorsi, in tante rive diverse. Perché non mi è mai piaciuto inseguire i sogni, sognare? Perché sono diversivi e devianti. Perché poi ci si sveglia, per trovarsi nei giorni che sono fatti di realtà. Per stare a noi: sognare una chiesa diversa dal Concilio in poi? E poi, invece, ci ritroviamo in una Chiesa che costruisce una assemblea piegata sulla pedofilia di alcuni suoi membri. Non che non sia un atto terribile, non che si possa sminuirne la sofferenza in chi è vittima. Ma questo bersaglio mondiale sulla Chiesa, e che questa assemblea di fatto amplifica, diventa, che piaccia o no, un’arma di distrazione di massa. Ben altre le radici su cui comporre l’attenzione: limitarsi a staccare le foglie secche, e non sprofondare nel terreno che le produce, è senz’altro ripiegare sulla inutilità. Quello su cui la Chiesa deve piegarsi è il vuoto della fede: perché questo vangelo massacrato nelle sue grida sopra i tetti? perché dunque i seminari deserti? perché chiese ormai avviate a chiusura per mancanza di eucarestie celebrate in nome del Signore? perché parole senza eco nell’anima dei contemporanei? perché il silenzio che emana dai pulpiti sulle ingiustizie del mondo? perché questa fuga dal conflitto che pronuncia verità nella babele dei linguaggi odierni? Insomma: perché nessuno sferza chi vuole una fede accomodata su di sé, rincorrendo nuovi moralismi o rigidità antievangeliche? Queste alcune domande che un gruppo di preti si sono rimandati, in una di quelle mattinate in cui si porta la propria stanchezza, ma insieme la propria irriducibilità all’andazzo corrente. E non sono preti né papisti né antipapisti, questi ultimi che stanno invischiando la Chiesa in una spirale di decomposizione (ricordano i miei ventiquattro lettori dell’inevitabilità di uno scisma purificatore: purezza di testa e di cuori, non di corpi, questi destinati all’impurità come connotazione di incarnazione?). Sognare quel che non si può – l’estirpazione del male – o semplicemente comporre i desideri di quello che è possibile ottenere? Da una montagna, come dice Matteo, o da una pianura come scrive Luca, si stende la lingua delle beatitudini: che non sono sogni ma promesse, per chi chi desidera mettersi in gioco, e non attendersi facimenti magici. Di questo tempo elettrico, un assolato che non dà scampo al secco del terreno, oh come desidero il maestrale della Camargue, impetuoso e fragrante di mare! Un desiderio possibile, reale: basta che mi metta in viaggio verso quella pianura fra il mar Mediterraneo e i due bracci del delta del Rodano, una terra abitata da fenicotteri rosa e cavalli selvaggi.