Qui ci sono i germi dell’odio che continuano ad annidarsi ovunque. Vergognamoci, è il grido che dovrebbe salire da piazze di gilets multicolori. Piazze che ancora non si vedono, in un mondo attorno a noi sempre più segnato dalle barbarie (senza tuttavia dimenticare quell’accorrere in una notte di tempesta a soccorrere cinquantuno naufraghi sulle coste calabresi, da residenti che se ne infischiano delle regole alla Bongiorno – portavoce di quella noncuranza salviniana che si riveste di leggi inumane). Inumani o gran cafoni, quando ci si fa emuli delle verità che normalizzano il razzismo, con quel “prezzemolo di linguaggio fascistoide” che raggiunge certamente i più deboli. (Non occorre essere pensatori accreditati o dottori della legge per credere di poter sfuggire alla debolezza della irrazionalità: Nietzsche insegna). A scrivere o raccontare queste cose, si perdono i fedeli, secondo la letteratura che trova così consenzienti i lettori feltriniani? E meno male, e finalmente: i cristiani sono un piccolo resto di peccatori che tentano la difficile fedeltà al vangelo sine glossa; che combattono quella paura del diverso che inevitabilmente sfocia nell’odio. Ma i lettori feltriniani non lo sanno? L’hanno dimenticato? Questo papa allontana quanti la pensano diversamente sull’ospitare gli stranieri? Bene: ma chi è fuori dalla legge evangelica? Quelli o il papa? O i vesconi e i pretoni che non avrebbero la sintonia con i loro popoli? O ce l’hanno talmente chiara la sintonia, da allontanarsi quel tanto per non essere ormai cagliati da quell’odio che si fa sgorgare persino da rosari sventolati? “La bellezza ci unisce” dice il papa in un’intervista: ma quale? La bellezza che salverà il mondo: ma quale? E’ possibile che debbano ricorrere al papa quelli che stanno sull’altra sponda, agnostici o atei, per trovare ragione di sé? Forse perché con tutte le sue pesantezze la Chiesa è l’unica possibilità per trovare oggi la condizione del rimanere umani. Le responsabilità dei politici sono tutte lì da vedere: promettere tutto in nome di una propria felicità, quella della autorealizzazione, sia dei singoli sia dei popoli. Ma felicità è la cannabis che vogliono legalizzare per uso ricreativo? E quel che sta avvenendo, dicono le cronache – per una nuova generazione di giovani consumatori di eroina, che non hanno memoria storica dell’ecatombe dei morti di overdose degli anni Ottanta e Novanta – equivale per preoccupazione alle stolte promesse di sconfitta della povertà? O di quello che sta succedendo per Internet dato in mano a tutti? Dice Berners-Lee, celebrato come il padre del web: “Costruito come uno strumento aperto a disposizione dell’umanità per la sua crescita intellettuale, il web è stato preso in ostaggio da troll e mascalzoni che lo usano per manipolare la gente in tutto il mondo. Il mio ottimismo tecnologico è stato ora eclissato dal timore che la rete finisca per danneggiare le nostre società». Ma anche il leader dei Verdi tedeschi, Robert Habeck, ha chiuso i suoi profili social con una motivazione ineccepibile: si è reso conto che lui stesso tendeva a scrivere scemenze, o comunque cose non all’altezza del suo ruolo e delle sue responsabilità. In sostanza, ha attribuito al mezzo la bassa qualità del messaggio. E, pur senza social, ha preso uno sfracco di voti: quel che non sta avvenendo da noi, dove pare che avvenga il contrario per i guru che si raccontano mangiando nutella o vestendo casacche di ogni tipo: per imbonire la plebe? “Qui non si tratta di politica, ma si tratta di stare dalla parte degli esseri umani”. Se adesso la “resistenza” religiosa, e cattolica in particolare, diventasse anche istituzionale, si darebbe il segno che forse non tutto è perduto. E magari ci resterebbe ancora una speranza di “restare umani”.