Alla veglia per un prete morto in ancor giovane età, mi sono distratto. Distratto dalla monotona cantilena di un rosario; distratto nel senso di incamminato altrove con l pensiero. Alle “ingiustizie” della vita così come noi le patiamo. Noi che della vita abbiamo le nostre date, i nostri percorsi, il bene così come lo intendiamo noi. “Poteva fare ancora tanto bene”, l’han detto di lui ora steso in una bara senza fronzoli, lo dicono di tanti. Mi sono distratto in Giobbe, cercandone il testo sulla bibbia tascabile che mi son portato dietro (e così forse non scandalizzo gli oranti attorno a me). Nella sua avventura terrena, in quella parabola di ogni uomo che ha sofferto e soffre, Giobbe che non vuole Dio giudicato dall’uomo. Giobbe è un uomo molto tormentato, giusto? E tutto comincia quando Dio convoca i suoi angeli. Di cui uno è Satana, o l’Accusatore, com’è scritto in alcune traduzioni. Satana è stato via per molto tempo e quando Dio gli chiede che fine avesse fatto, Satana gli risponde di aver vagato tra gli uomini. II libro di Giobbe è fantastico. È considerato uno dei più antichi testi della Bibbia, anche se non compare per primo, ed è impossibile capirlo fino in fondo. Molti ci hanno provato, naturalmente, ma esistono innumerevoli interpretazioni. Tra Dio e Satana succede che litigano. Su Giobbe, l’uomo più ricco e potente della terra di Us, Dio si vanta di quanto gli è devoto, mentre Satana è scettico: a suo avviso, è facile essere fedeli quando si ricevono così tanti doni divini. E allora fanno una specie di scommessa. Dio e Satana fanno una scommessa. E Satana riceve il permesso di portare via a Giobbe tutto quello che possiede, tanto Dio è sicuro che quello conserverà la fede in Lui. È dunque Satana a mettere alla prova Giobbe? Mah, diciamo tutti e due. Il punto è che Giobbe è un uomo timorato di Dio: ma non gli impedisce di chiede conto del perché è stato colpito cosi duramente. Vuole sapere. Chiede addirittura di morire, ma non dubita mai dell’esistenza di Dio. Dio è il suo interlocutore. Anche quando sua moglie gli si scaglia contro – esasperata, e la si può ben capire, anche lei ha perso i figli e la roba – e gli grida: “Rimani ancora saldo nella tua fede? Maledici Dio e muori”. non mette mai in discussione l’onnipotenza del Signore. Neanche quando Satana lo tocca nella pelle, perché non è servito a nulla privarlo di tutto quello che possedeva. In tutto questo Giobbe non peccò e non attribuì a Dio nulla di ingiusto, dice il testo. Ma – Giobbe è uno che sta in piedi davanti a Dio – insiste e continua: “Ma io all’Onnipotente voglio parlare, con Dio desidero contendere”. Gli è stato portato via tutto, si è preso anche la peste. Quella fisica, e quella di amici che non sanno, e parlano a vanvera, e vogliono trovare giustificazioni per Dio. Ha perso tutto, ma non il suo diritto di interrogare Dio. E questo gli guadagna una vita nuova: ancora figli, ancora roba, ancora amicizie, di quelle, si spera, che non contaminano l’amico con l’imputargli per forza del male. Poi però “Giobbe morì, vecchio e sazio di giorni”. Che non è quello che, fuor di parabola, si può dire oggi, qui – in questa cappella finalmente tornata al silenzio che parla a Dio – e in ogni oggi umano. Raramente succede che si muoia sazi di giorni e di affetti. E allora? Resta la possibilità di interrogare Dio; e la probabilità di trovare pace pur nell’andare che non ha confini di sazietà.