Paura di uno scisma? Perché? Qualcuno dei miei ventiquattro lettori si è meravigliato che ce ne fosse, nell’ultimo DaQui, quasi un auspicio. Siamo a un punto di svolta? Ad ogni angolo acuto, preso con impeto, sono molti che vanno a sbattere. Ed oggi, in questo nuovo punto-zero della Chiesa, molti di quanti pur si dicono credenti, stanno rovinosamente scontrandosi con il muro dei loro pregiudizi, di quella religione della mamma che gli sembra di tradire chiamati a vie nuove. Che poi, come ci si dice continuamente, nuove non sono, sono il Vangelo finalmente letto dentro le nostre deviazioni, dentro le paure e le attese del nostro tempo. Dico della religione della mamma per chi viene da un tempo un po’ più lontano dalle giovani generazioni; che di religioni alla mamma non ne hanno, infrattati nel presente mediatico che li sta scorporando non solo dal Cielo ma dalla terra. Giovani generazioni perse per la fede? C’è chi lo pensa e ne scrive. E c’è chi invece dice: aspettate e vedrete. Vedrete un ritorno. Sarà: ma a che cosa? all’insignificanza di una fede senza corpo, senza il corpo del Figlio di Dio? perché le premesse ci sono tutte. Nelle interviste che si sono fatte loro, i giovani si rappresentano per una deità informe, per “qualcosa che c’è, ma…”. Certo che ci sono anche giovani in ricerca vera. Eran trecento, eran giovani e forti, e per fortuna non sono morti tornando da un pellegrinaggio diocesano: ma in quale Chiesa si ritrovano? In una Chiesa dove “il Vangelo è il talento da spendere e far fruttificare… una Chiesa che deve scendere per strada, sporcarsi e magari ferirsi; o dove le resistenze attaccano e contrastano questa visione della Chiesa, intesa anche come “fiaccola? che cammina e va dappertutto? Dove la si vorrebbe solamente come un faro che sta fermo lì dov’è, nella sua staticità: che attira e consola ma non accompagna?”. Le resistenze al Vangelo sono le resistenze al Concilio, che ha voluto essere la traduzione evangelica per il mondo contemporaneo. E vederle dentro, venire da persone che sono chiamate per vocazione a trasmettere la Parola di Dio senza le ingessature dei secoli è davvero triste. Così come è davvero triste che debba ancora alzare la voce il papa emerito, e alzarla di fronte a un cardinale da lui pure eletto, per richiamarlo alla verità del momento storico che viviamo: lui che trova la forza di dimettersi, e lui che si mette in obbedienza al papa suo successore. C’è materia ancor più consistente, oggi, di quella di cinquecento anni fa, con lo scisma di Lutero. Dove si costruiscono muri, cadono i ponti. Perché vengono meno le mani che dovrebbero tendersi a prendere mani, mani di uomini e donne bisognosi di un accompagnamento. Di parole se ne sono spese tante; e di libri si sono viste falcidiate molte foreste. Ma di opere, di cambiamenti veri del cuore, oggi non c’è traccia sufficiente per dirsi finalmente avviati a una coscienza della propria fedeltà al Signore della vita. La storia delle indulgenze di allora, è molto meno di questo clima: e allora, pronunciarsi per uno scisma che purifichi, perché no? E non solo per provocare, ma anche.