Una espressione usata (per la prima volta?) qualche anno fa riguardo al capo di una parte politica ben precisa, che si sarebbe poi estenuato, quel capo, in un condottiero molto muscolare, e più evidentemente destrorso. Ma da allora molti altri sono stati accusati di lasciarsi irretire da un cerchio magico: che sarebbero poi degli incensatori del capo, per impedirgli di andare oltre loro (ricavandone così benefici per le proprie azioni e le proprie idee). Insomma, loro imprigionano il capo, dentro una rete che fa credere al malcapitato – che tuttavia si rassicurerebbe in tale nube di incenso o di nebbia – facendogli credere il loro dire e il loro pensare come il dire e il pensare di tutti. Qualcosa che viene ora imputato anche al papa, e non da fonti giornaliste interessate da accanimenti pregiudiziali verso Francesco, ma anche da un cardinale già prefetto della congregazione per la dottrina della fede: che è tutto dire rispetto alle gerarchie. L’esistenza di un cerchio magico, dunque, che sarebbe responsabile di un clima curiale decisamente poco incline al dialogo: “Credo che i cardinali che hanno espresso dei dubbi sull’Amoris laetitia, o i 62 firmatari di una lettera di critiche anche eccessive al Papa vadano ascoltati, non liquidati come farisei o persone brontolone”. Uno schierarsi, di fatto, dalla parte di siti insostenibili per il buon gusto ecclesiale, da far tremare i polsi: rispetto al cardinalato, che dovrebbe essere il cerchio evangelico attorno al papa. (A proposito, per i naviganti del Web: i siti inguardabili, se volete non procurarvi reflussi gastro esofagei, vanno dai sedevacantisti del più volte qui citato soccipensiero, agli ultra conservatori della fondazione Lepanto, a quel ex vaticanista dell’Espresso – già ex di altro! – che quasi quotidianamente rimprovera Bergoglio su tutto; ai toni apocalittici e irridenti usati da una certa “teologa” sul blog di cui pontifica sul Concilio; per non dire di quel vaticanista Rai che sta dando in pasto ad oves et boves et universa pecora, le sue ubbie, oltre che mangiarci a piene mani lui stesso in introiti editoriali). Tutti a rimproverargli la mondanizzazione della Chiesa: che sarebbe poi, per noi, l’incarnazione della Chiesa, cosa molto difficile da digerire per chi vuole comunque essere altro, e naturalmente migliore degli altri. (Il che sta a significare l’esatto contrario: la superbia, se non si rimane vigili, si annida ovunque, anche in chi si ritiene cattolico tutto d’un pezzo, o forse proprio per questo). Un miscuglio di motivazioni che ha avuto il culmine in quell’Amoris laetitia, e solo per una nota in calce che avvertiva di avvicinare con sentimenti evangelici, e non rigidamente ecclesiastici, chi vive la passione di un fallimento dell’amore. Si rimprovera a Francesco uno svilimento della fede, come non si sarebbe mai visto (a me fa pena il cardinale che attribuisce le chiese svuotate alla rimozione delle balaustre!, o quell’altro, che fa tutto derivare dall’ostia data in mano!): proprio nel momento in cui la Chiesa è chiamata a rendere testimonianza vera della presenza del Signore nel mondo, attraverso “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi”. Una testimonianza di amore, che è poi il grande comandamento e l’unico dei discepoli di Gesù. Il papa che abbiamo è un gesuita; e tutto il male che si è detto nei secoli contro i gesuiti, è proprio il bene loro: di essere radicati nella fedeltà alla Chiesa. Si può essere certi che abbia attorno persone che lo accompagnano: ma non lo fu di Giovanni Paolo? o dell’emerito Benedetto? È pur vero che, tra i prelati che visitano Fontanella, due che vivono in posti di molta responsabilità a Roma, abbiano confidato “che sì, forse non tutto viene messo a conoscenza del papa” e “c’è tra i vicini chi lo gratifica di lodi senza verità”. Se è, li ho invitati a non tacerlo a Francesco, visto che gli sono vicini, seppure non tra i vicini contubernali. Ma, nel caso, quando Lui leggerà questa nota (!) è avvertito, e di cuore: affidarsi senza fidarsi del tutto. Sei tu il papa: togli la magia di essere papisti più di te a chi ti potrebbe ingannare. Per il bene del mondo, che si evangelizza nella verità della fede: quella sostanziale, a cui ci richiami nella semplicità del linguaggio e dei gesti. E curati pure di loro, di quanti hanno avversione per te. Insegnando anche a noi a non sentirli nemici, ma solo bisognosi di cure e di preghiera.