Ci è cascato anche Gramellini, che pure è un notista e scrittore per altro pregevole. Ma si sa , l’urgenza di una rubrica quotidiana può scusare. Dunque, se l’è presa con il prete che ha scritto, riguardo a una ragazza molestata, “se ti ubriachi e ti allontani con uno sconosciuto, cosa aspetti che ti succeda?”. Quel prete evidentemente dà per scontato che il violentatore sia esecrabile. Ed esecrabile da tutti, che sia o no un magrebino. Ma all’attenzione pone anche un richiamo alla prudenza. Le sta dicendo intanto che ubriacarsi obnubila; e poi che dovrebbe finalmente imparare da quello che succede ogni giorno, quando non si tira il freno dell’imprudenza nell’accompagnarsi a chiunque, sia persino il proprio ragazzo. Dato per scontato che i violentatori vadano isolati e rinchiusi, dove sta il peccato di avvertire che non si dia loro occasione? Avere pietà per quel che ti è successo, è molto più impegnativo di un “poverina”: è farti conscio della tua fragilità. Dunque, se è scontato rabbrividire con tutti i peli del corpo per chi violenta, dev’essere anche scontato che quel che ti è successo non è per caso? Ho pietà vera per te quando e se ti avverto: che è dei genitori, e degli educatori, preti compresi (e magari anche i giornalisti?). Così è dei fattacci che succedono a certi reporter – e il riferimento qui è più ampio del fatto brutale di cronaca appena successo a Ostia, così come è più ampio di quello che è successo alla ragazzina di Bologna. Sulla brutale aggressione, una testata sul setto nasale di un giornalista, non ci sono dubbi: inaccettabile. E tuttavia qualche interrogativo per chi sta da questa parte del televisore nasce. Quando l’ insistenza di una intervista diventa una molestia. Quando l’ insistenza diventa una invadenza, un assillo che rasenta l’ossessione, non è forse violenza? Una violenza che chiama violenza? Quando il microfono diventa una minaccia sventolata sotto il naso di quelli da cui si pretende subito una dichiarazione di perdono, accanto al cadavere di un familiare? Quasi un archetipo quella consegna del tapiro, dentro quella trasmissione che sta nutrendo da decenni la pancia degli sguarniti: è vero che si beccano soprattutto i vippari – e qui la nota di pietà potrebbe un po’ calare, per il grado di demagogia che ci nutre. Ma dato per scontato che gli istinti aggressivi devono essere controllati, se mi provochi oltre il limite potrai aspettarti che ricambi con un calcio negli stinchi. E allora le vittime sono due, sempre: con diversa colpa, chiaro. Ma sono due. E due i violentatori, seppure chiaramente con diversa colpevolezza. A prescindere naturalmente dalla ragazzina e dal giornalista in questione. Ma è così difficile accettare la concatenazione che c’è tra azione e reazione? Così difficile accettare che nella fragilità c’è il serpe della violenza? Per non essere ipocriti: coprendo alla fine il vero male di uno nella brutalità dell’altro. Ed è proprio l’esempio di Gramellini che si ritorce contro il suo ragionamento: se ti tuffi in una vasca di piranha, metti in conto il rischio di essere morsicato. Avvertirti che gli uomini sono spesso piranha, e che tu non puoi sfidarli, è mancanza di solidarietà?