acquarelli estivi

Che il parroco succedutogli snellisse cose secondo se stesso; e portasse segni nuovi, e chiamate anche più risonanti, non gli è dispiaciuto: è saggio a sufficienza (anche se non lo direbbe mai di se stesso) per riconoscere che ogni uomo, anche il migliore, non sfugge a un certo irrigidimento sui propri schemi. Anzi, don Sandro è contento per il rinnovato brio che si era un po’ spento nei suoi ultimi anni di servizio diretto. Quando è stato colpito da un infarto, ha anticipato le sue dimissioni da parroco. Troppo serio per poter condizionare una comunità alle paure che quella botta gli ha portato, paure sconosciute prima, ma ormai annidate: normale reazione psicologica, gli hanno detto i medici. Ma lui non ci sta. Non che sia un prete poco coraggioso; anzi, ha superato se stesso in quella decisione: dopo dieci anni di condivisione di storie e di avventure evangeliche, in un popolo molto anticlericale e tuttavia disponibile a una sincerità della vita che aiutasse le verità dei giorni. Lasciare è stata una passione dolorosa. Lui, attivo e orante nelle misure giuste; lui, che si è fatto negli anni caldi della contestazione, leggendo molto, e osservando altrettanto: accogliendo e stimolando sempre i suoi collaboratori, preti e no, catechisti e no, a farsi luce, a darsi conoscenze. Ed essi glielo riconoscono: sono grati per le letture suggerite, e rimpiangono soprattutto Evangelizzare – irresponsabilmente fatta morire dagli editori -tra gli strumenti caldeggiati nei loro percorsi, preziosi per la crescita non solo spirituale ma culturale, e non solo per il compito di catechisti. Perciò, raccontano a don Sandro, non riescono a darsi pace. In parrocchia è stato fatto l’abbonamento ad una nuova rivista ritenuta più accessibile ai catechisti, quell’altra giudicata troppo difficile: dal nuovo parroco, naturalmente. Si è preso una balda schiera di giovincelli non ancor giovani (“è oggi l’imperativo categorico della nostra parrocchia”), e va bene; ma invece di insegnare loro leggendo insieme pagine di spessore, preparandoli nella fatica del deserto e dei pozzi da scovare, gli propina quelle schede precotte da cui ciascun sedicenne ricava l’impressione di essere capace subito, e di sapere tutto già: da solo. L’esatto opposto di chi si mette in ascolto: della Parola che si traduce in parole vive, con la fatica di chi si piega al discepolato del giorno e della notte. Quella cosa proprio don Sandro non la capisce. E ne soffre, per quei post-adolescenti non accompagnati, per quegli apprendimenti senza criticità. Per quella aridità che, non è difficile prevedere, intaccherà ogni pur desiderabile brio. E molto più a breve di quel che pensi il suo successore.