acquarelli estivi
«Quella messa è la migliore di tutte; cambio chiesa per andarci». Con qualche excusatio non petita, e qualche sfumatura di linguaggio, don Luisito se lo è sentito dire più di una volta, nella sua visita alle case. A parte l’orgoglio ferito; e a parte le scusanti peggiorative – una per tutte: “sa, non la tengono tanto lunga, e a me va bene perché non posso perdere troppo tempo”; o quell’altra per tutte: “lasciano fuori la politica, là, mentre voi siete un po’ schierati”. Don Luisito non è uno che li manda a quel paese, e buona notte a chi non ci sta; non ci dorme la notte, e – per quanto gli compete, dunque senza prevaricazioni sulle opere dello Spirito Santo – si chiede dove sta sbagliando. Un’ora o poco più di celebrazione domenicale gli pare il minimo di serietà, sul totale di una settimana; e il Vangelo letto dentro la storia gli sembra l’unica possibilità di non tradire l’incarnazione. Che possa essere stato qualche volta umorale, esige che lo si consenta alla sua umanità; o che le celebrazioni non sempre riescano con il buco di una ciambella riuscita, tra canti e gioiosità reciproche, lo si può tenere in conto nell’arco di un anno. C’è una cosa che gli riesce difficile accettare, anche se gli salta addosso come la spiegazione per eccellenza: la divaricazione tra domanda e offerta, tra appartenenza nella fede e gestualità religiosa senza interrogazioni. Lo vede nel conto del droghiere con cui ci si presenta a confessarsi nello stretto tempo prima della messa, ben lontano da un orizzonte che tocchi i confini dell’eternità. Lo legge nella riluttanza ad abbandonarsi alla Comunità nelle proposte che sono lì a rendere autentico il celebrare: l’avvertirsi, il formarsi, l’istruire una coscienza sull’oggi. Ma lo sente soprattutto sulla pelle nella giustificazione delle mediocrità riguardo all’umano, prima ancora che alla vita cristiana. E si sente spaventato: sono questi i discepoli? Non sarà che la parrocchia, nella sua pretesa di una compagnia per tutti, finisce per rassicurare i pigri e per scoraggiare gli alacri? Qualcuno, con cui si confida, lo conforta sui non pochi che vivono in modo bello, accanto a lui, il fatto cristiano; gli ricorda che le categorie di una parrocchia – compagnia di tutti – restano il poco lievito, il piccolo seme, e il chicco di grano; e non le adunate di piazza, e non il consenso acritico. Chi si allontana dalla tua messa, don Luisito, per trovare, dice, la misura giusta per sé, si interroghi su quale verità vuole per sé. Digli questo, e dormi la notte. Tanto, veglia lo Spirito su quel tuo parrocchiano, pigro o arrogante che sia; o, perché in ricerca sincera di sé, possa avere davvero bisogno di altra fonte.