acquarelli estivi

Da bambino faceva il lattaio. Nel senso che portava il latte ai clienti dei nonni contadini. Appena munto, ancora caldo, le sue labbra segnate da lattei baffi traditori. Latte buonissimo perché non pastorizzato, di mucche sane, che passavano il loro periodico check- up veterinario.  Dal secchio direttamente in bottiglia o in secchielli di latta: che fa storcere oggigiorno il naso, al solo sentirne parlare, ai fissati delle date in scadenza e delle confezioni sotto vuoto. Le famiglie normali se lo andavano a prendere, quelle influenti (!) se lo facevano portare. E così, verso il tardo pomeriggio, dopo il giornaliero rito della mungitura, partiva verso tre destinazioni. Prima dalla levatrice: abitava nella casa comunale, al quarto piano, praticamente in un sottotetto; poi dal prevosto: attraverso il grande parco, alla porta di servizio dove l’aspettava la Lucia, dolce ma senza parole; e infine alla villotta del dottore. Neanche tanto dopo quegli anni, si sarebbe chiesto quale immaginario, quelle giornaliere incursioni in vite così diverse, potevano aver scosso la sua preparazione al futuro. Ricordava di essersi chiesto, per le successive conoscenze, in che modo gran parte delle levatrici, come quella, fossero madri senza un marito. O perché un prete se ne stesse solo in una grande casa, che non poteva certo essere colmata dalla presenza di una domestica, per quanto discreta (o forse proprio per quello?). O perché, tra le tre, ciò che più lo attraesse, fosse la casa del dottore: certo per l’eleganza; o forse perché ci stava quella sua compagna di scuola, biondina, che sapeva invaghita di lui – ma lui le avrebbe presto preferita un tipo di ragazza del tutto diversa: non diafana come lei, ma bruna, del colore del frumento maturo, e, diversamente da lei, che metteva una distanza che ancor più allettava. Adolescenza! No, il dottore rappresentava quel sapere che in lui era una voglia: inspiegabile in un figlio di operai? o seminata dai bambingesù e dalle santelucia che fin dai sei anni erano libri? Ma il sapere era anche del prete; ma del prevosto era l’invisibilità proposta, l’angelo con cui allora parlava, custode dei suoi sogni e delle sue birbonate: ed era dunque cosa credibile. E proprio non fosse la levatrice a dare un segno di futuro? perché senza un uomo, lei che si prendeva tra le mani, per prima, la vita che pure nasceva per iniziativa di un uomo? Ancora oggi, don Lorenzo non saprebbe dirvi perché si è ritrovato prete. Perché c’è una eleganza del vivere, e un sapere che si nutre di visibilità per arrampicarsi sull’invisibile? O perché si vive la vita anche con un amore che non ha convivenza? Non sa. E tuttavia sa che dal fare il lattaio è venuto il qualcosa del suo oggi. Della serie: sono gli incontri che fabbricano la vita.