Una Chiesa che ha bisogno di divise, è quella di Cristo? Scrivo per le perplessità suscitate dall’ultimo DaQui. Tanti preti (e diaconi e vescovi) pensano che la spogliazione sia un pericoloso avvicinamento al protestantesimo. Quelli che – delle schiere sparse uscite dalle grida di Lutero – hanno soprattutto sofferto per l’iconoclastia che si è soprattutto, per loro, identificata con l’assenza di stendardi, piviali, e palandrane dei vari ordini equestri, oltre che dai bottoni rossi degli ecclesiastici insigni, da esibire nelle processioni. Quello che rimpicciolito per mancanza di fedeli, ormai, potete vedete nelle celebrazioni del Corpus Domini che si svolgano in città o nelle parrocchie di provincia, dove non siano state sostituite da un diverso e intelligente nuovo modo di intendere la presenza del Signore. (Ancora non rimpicciolito a Gandino? Ma lì è folclore e orgoglio di un passato, quando la ricchezza di panni che uscivano verso terre non globalizzate ancora non era un ricordo). Processioni in piccolo: perché a onta di chi vuol far sopravvivere manifestazioni astoriche, mette in strada un drappello di devoti che vanno dai bambini di prima comunione –  comandati – al piccolo resto di suore e di già figlie di Maria, oltre ai nostalgici incanutiti che, chissà perché, non richiamano i più giovani. Un passaggio che nasconde il Signore eucaristico dentro le apparenze di un potere che riesuma i cortei principeschi. E che suscita tenerezza, che è la cifra di bambini e di vecchi. Ma è questa la Chiesa nata dalla Pentecoste? E se qualcuno si scandalizza ancor più per queste righe, e ce ne sono, non è perché a cinquecento anni dal ribelle agostiniano non se ne è imparata la lezione, certo distinguendola dalle deviazioni? Che consisteva in un richiamo alla essenzialità dell’annuncio evangelico? Dietrich Bonhoeffer, il grande martire cristiano di professione luterana, in una delle sue lettere dalla prigione scriveva che povertà, spogliazione, nudità sono indispensabili per poter accogliere l’Altro, il Signore. Noi abbiamo una concezione diversa? Eppure nell’esercizio della Via Crucis Gesù spogliato delle sue vesti non è lì accidentalmente: è Cristo reso visibile dalla comunità in spogliazione. L’esatto opposto dell’immagine che si dà della Chiesa: che non è quella vestita di oro e di stoffe preziose, e non può assimilarsi alle sfilate di passerella alla Pitti (per quanto la moda ecclesiastica che si vorrebbe mantenere, e che rimprovera Francesco papa di non apprezzare, è ferma a pizzi e merletti di cui vestivano appunto i maschi dei tempi di Versailles; se non a “nuove” casule, che s’avvicinano molto ai pareo di origine esotica, in barba al simbolismo dei quattro colori liturgici). Deporre le vesti: era un atto penitenziale, un riconoscere che altro è richiesto ai discepoli di Cristo. Chiedere dunque che si depongano tutti i rossi non liturgici; quelle cappe magne che qualche cardinale si ostina ad indossare nonostante siano state abolite già dagli anni settanta del secolo scorso; e quei titoli di eccellenza ed eminenza che stridono alle orecchie di chi non vi vede né paternità né fraternità; e una abolizione di quel promoveatur ut amoveatur – che è chiaramente un segno di disistima, ma che ha portato alcuni a diventare persino cardinali: tutto questo (e altro) potrebbe finalmente contribuire a dare alla Chiesa l’immagine non di una organizzazione terrena, ma di una profezia. Poiché la spogliazione che si chiede non tocca, chiaramente, il vestire a festa per incontrare il Signore, la domenica e pure nella festa del Corpus Domini: ma è vestire nella sobrietà che essa sola rende solennemente provocatorio il passo sulle strade di un mondo indifferente. Un mondo ripiegato su di sé, un mondo senza Dio perché si è fatto dio a se stesso. È questa la buona stagione per non ripiegare sul passato: vivere il presente è riconoscere la storia che si fa oggi, gli uomini che oggi chiedono di potere distinguere i rumori dai suoni. Anch’io, quando tutto un paese era dentro quello snodarsi tra le case, mi sentivo spinto dal Noi vogliam Dio suonato dalla banda municipale. Ma oggi potrebbe essere il rumore che copre il suono delle parole evangeliche: un suono non enfatico, e dunque vero, della verità che ogni cuore di uomo cerca. Zaccheo, per vedere Gesù, è salito su un albero: alla ricerca di un senso per la sua vita. Qualcuno gli deve aver detto che Gesù passava di là. Per cercare il Signore, bisogna averne sentito parlare e avere un’idea di dove lo si possa trovare. Queste processioni infiocchettate, e così poco partecipate, se non sono precedute da altro, che contro-testimonianza potrebbero dare agli zaccheo di oggi?