Roberta e Fabio. E Italo. Come si esce vivi da quel paese dell’odio che è diventato il web? Era sobrio, Italo, al momento dell’incidente. Non aveva assunto droghe. E non era scappato, anzi. Aveva cercato di prestare i primi soccorsi a Roberta, ed era stato lui stesso a chiamare le forze dell’ordine. Che i giudici dicano non esserci a norma di legge gli estremi per l’arresto, non arriva, e comunque non conta, in un paese dove è l’istinto da giungla la massima legge: il web continua a vomitare sentenze e insufflare stille di rabbia. Scrivono che sia figlio di un avvocato, ecco perché avrebbe scampato l’arresto. Mentre lui è figlio di due operai, con la madre licenziata per dismissione della fabbrica: è in cura all’ospedale perché non riesce più a dormire. Avverte l’odio che c’è nei suoi confronti. Il ragazzo, ucciso in un pomeriggio d’estate dalla follia per amore, aveva scritto una lettera di vicinanza a Fabio. Ma sul web dicono che neanche aveva tentato di incontrare la famiglia della sposa morta in fatale incidente. Bufale di un odio che alimenta la tragedia, senza neppure rispetto per quell’uomo pure lui in cura, e che ogni giorno e ogni notte, scavalcando il cancello del camposanto, passa ore a parlare da solo davanti alla tomba di Roberta. A settembre, due mesi dopo l’incidente, Fabio aveva comprato la pistola, e si allenava al poligono. Gli amici di Facebook lo aggiornano sui movimenti o presunti tali “dell’assassino”. E dopo quattro mesi, lui depositerà la pistola omicida sulla tomba della sposa, e del bimbo che portava in grembo. Ma gli odiatori sul web continuano dopo quel primo giorno di febbraio, a lavorare: “Un insignificante verme in meno!”, “Ha fatto la fine che meritava”, “Onore al gladiatore”. Faremo degli accertamenti sull’odio, dicono i magistrati, ma la responsabilità penale è personale, non si può indagare un clima. E se fosse invece tempo di indagare su un clima? E sui fomentatori dell’odio, instillato goccia a goccia da conduttori di programmi della tv commerciale – di linea deldebbiana – ogni giorno feriale che Dio manda sulla terra (e per ora si salvano le festività, ma solo perché c’è pure per loro un contratto sindacale sull’orario di lavoro?). Volendo una diffusione di Internet per tutti, come si auspicava ai suoi esordi, probabilmente non ci si avvertiva in quale esito fognario si sarebbe caduti. Internet per la libertà? Perché ciascuno ha diritto di dire la sua? Nel privato e in politica? “I social-media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli” disse Umberto Eco poco prima di morire. Nessuna veridicità di quello che si manda sulle lavagne del web: la cronaca dà continuamente notizia di bufale che viaggiano sul social network. Perché più le notizie sono scandalistiche, più fanno audience? Perché questo clima dove uno è nessuno per l’altro? Come un fiume carsico, sta venendo a galla – anche dal web – l’acqua sporca alimentata dal fango di tanti che, nella Chiesa, si ergono in contrasto con lo stile aperto ed evangelico del Papa: e cristiani (cosiddetti?) diffondono con un‘ansia di riciclo degna di miglior causa, come è ovvio, sparate di sedicenti cattolici, teologi per se stessi. Secondo queste correnti, la chiesa avrebbe come suo primo servizio l’urgenza di rappresentarsi al mondo attraverso le sue appariscenti liturgie, i suoi principi etici irreformabili, e la sua ecclesiologia gerarcologica. Insomma qualcosa di perenne ed incontestabile con cui giudicare il mondo e tutte le sue culture. Sarebbe interessante comprendere in forza di quale processo questi divulgatori si ritengono di appartenere a questa “Chiesa giudicante”. È evidente a chiunque che l’intenzione di fare proseliti su questo versante non sta più in una correttezza ecclesiale, ma in una deriva di fede dottrinalistica, che non appartiene al Vangelo. Così come non appartiene al Vangelo l’accanimento dei mandanti che dalla tv e dal web hanno armato la mano di Fabio: così ritardandogli di sentirsi avvolto dalla compassione, quando si accorgerà dell’inservibilità del suo gesto per la sua pace dell’anima.