Non ricordo se ho mai scritto della mia passione per il maestrale della Camargue: impetuoso e fragrante di mare, che in cielo fa correre le nubi con un gareggiare potente. E qualche volta mi hanno ascoltato tanti amici a dire il mio piacere della pioggia, che si alterni a giornate prolungate di immobilità del sole. E forse mai come ora – da due mesi senz’acqua che scenda qui nel nostro nord – vale per i fautori del “tempo bello” (a senso unico il bello!) che finalmente anche giornate piovose contengono la loro bellezza. Pioggia a turbine, a catinelle, a rovesci, fina, robusta, minuta. Purché sia pioggia ristoratrice del corpo e dell’anima. In ogni tempo, in alternanza, come la natura di terra e di uomini esige. Parafrasando un detto  che vede in una vacanza perpetua l’anticamera dell’inferno, un cielo senza pioggia – sempre, un tempo bello appunto – avrebbe la stessa caratura: un anticamera dell’inferno. Anche perché il sole c’è comunque dietro nubi gravide di elettricità e di vapor d’acqua.  Certo nessuno si augura un piovere a cielo chiuso. Come avviene, mi pare, di questi tempi, dentro questa nostra fragile relazione umana. Un’epoca di stravolgimento, nuova per l’oggi, ma ciclica nella storia da che la si conosce: un invocare quel “si stava meglio quando c’era lui”, dimenticando a che cosa conduce la bramosia di un duce. È il momento, credo, di convincerci che la democrazia non è la stessa di ieri; che si ha un popolo in cui l’irruzione dell’ignoranza esibita pare un merito; dove stanno processi in cui il culto della personalità si svolge in una sua rapida, e spesso e per fortuna, dovuta denigrazione; in giorni nei quali si condanna tutto e si assolve tutto, e si dimentica altrettanto facilmente: in un’epoca come questa, né l’urlo delle piazze mediatiche né lo stare alla finestra del proprio orticello possono lasciare indifferenti. Un rasoiata di Francesco papa – “Anche Hitler non ha rubato il potere, ma ci è arrivato con il consenso del suo popolo, che avrebbe poi distrutto” – riporta alla domanda: i popoli, questi popoli che votano, hanno la capacità di discernimento, il diritto alla giustizia? È l’anniversario cinquantennale di quel gran prete di Barbiana, che ai ragazzi di quel paesino dimenticato da Dio e dagli uomini, insegnava – e a noi ha insegnato – che senza la possanza del linguaggio sarebbero rimasti sempre sudditi. E i padroni sarebbero stati sempre padroni. Come lo si vede avvenire, nei guru che diventano padroni degli istinti primitivi di chi li segue senza parola, solo con il gorgoglio di pance senza ritegno, e senza intelligenza. Guru che usano l’espulsione per chi non pensa come loro, dunque per chi è diventato signore delle propri pensieri, delle proprie parole. E c’è una svolta dovuta anche per la Chiesa, che apparati secolari rallentano fin quasi alla immobilità. Gli scandali che purtroppo vedono preti mercenari del sesso buttano fango sulla maggioranza dei preti, che pure vivono la loro promessa di celibato con impegno: la condotta criminosa di alcuni ingenera quel rigurgito irragionevole che fa risalire dai pochi ai tutti. Che ci sia oggi il nodo di un “diritto” alla sessualità per ogni persona, e dunque pure per i preti, è fuori discussione; che non lo si affronti apertamente è pure sotto gli occhi di tutti; ma che stia nella preoccupazione di tanti vescovi, è sicuro. Un diritto alla sessualità, che è tema antropologico prima ancora che disciplinare, lo si dovrà necessariamente declinare nel mutamento che chiederà all’immagine di Chiesa fin qui conosciuta nella confessione cattolica. E fragilità personali chiederanno senz’altro l’attenzione all’evolversi di una persona, senza dover mettere tutto a nudo. C’è un pudore e una pietà che si richiedono  nel nostro giudicare le persone. Ma i fattacci di Padova ora nelle cronache non aiutano: azioni al limite della criminalità nulla hanno a che fare con l’affettività che chiede una risposta. E dunque inquinano, nell’opinione pubblica di un popolo che non ha linguaggio, un possibile processo di discernimento su una nuova figura di prete. Ma certo, si diano parole nuove, e vere, chi nella Chiesa è stato chiamato a presiedere. Per respirare la fragranza del mistral, che spazza, e conduce acqua purificatrice e vento rigenerante.