I cattolici non festeggiano i 500 anni della riforma luterana. Commemorano. Fanno memoria. E lo fanno nella persona di papa Francesco che incontra i luterani svedesi nella loro casa. Questo giorno di ecumenismo, dove ciascuno sta sul suo cavallo, ma non innesta un’asta di guerra con l’altro, trova oppositori sia tra cattolici sia tra protestanti. Persino noi, in questo piccolo luogo collinare, ci siam visti strappare in Abbazia, dal “muro” che racconta di settimana in settimana, i nostri convincimenti, l’annuncio di questa visita: fogli strappati in quattro parti, e abbandonati lì, in terra, in un segno di avvertimento violento. Un cattolico con gli occhi rivolti all’indietro? o un protestante di passaggio, fiero di una diversità che si esprime opponendosi? Pensare a una guerra di religione tra cristiani, oggi, è la cosa più triste che si possa dare. Oggi: quando più che nel passato il sangue di martiri di diversa confessione cristiana si mescola nelle terre nordafricane e in Siria. E triste è vedere un accanimento, in casa nostra, che prende a bersaglio qualsiasi gesto per opporre un proprio rifiuto allo stesso Francesco. O usare di qualsiasi occasione: persino il terremoto, che nel crollo della cattedrale di san Benedetto a Norcia vede il disgregarsi della Chiesa. Una Chiesa di cui, per colpa dell’attuale papato, resterebbe solo la facciata. Una Chiesa che non sarebbe più quella dei tempi di Benedetto, costruttore dell’Europa: un continente ormai lontano da Cristo, tanto quanto fu avvicinato a Lui dal Santo di Norcia. Che poi il papa attuale venga dall’altra parte dell’oceano, dove i cristiani vivono lontano dalle fissità religiose occidentali; che poi chiami a quella misericordia senza la quale non si dà Dio, quello rivelato dalla passione per gli uomini del Figlio da lui inviato nel mondo; che poi Lutero abbia innescato una preziosa riforma – erroneamente chiamata controriforma, nella dimenticanza che sempre la chiesa è reformanda – chiamandoci alla necessità della Scrittura nella costituzione delle pratiche di culto e di carità; che poi questo per qualcuno non sia – che dire? Che Lutero può non piacerci per come ha concluso l’intuizione che primariamente lo ha mosso? Che è finito nell’infernale girone del potere, giustificandolo se accumulato dai principi tedeschi invece che da Roma? Che sulle sue tesi non propriamente affisse a Wittenberg quel 31 ottobre di cinquecento anni fa, e tuttavia certamente sue anche se in data posteriore, siamo colpiti dall’incoerenza di un processo di conversione che si è subito svolto in uno stato di separazione? Non festeggiamo le guerre di religione che ne sono nate; né le migliaia di separazioni di cui i protestanti hanno sofferto, e soffrono, così sconfessando loro l’opera di Lutero. Ma siamo nell’anno della misericordia: vogliamo pregare perché Lutero ne abbia? E ne abbiano quanti, cattolici, si accaniscono oggi ripetendo, mentre lo condannano, lo stesso che fece allora quel riformatore? che da puro si è ritrovato impuro di fronte alla veste senza cuciture del Signore? Loro che si rappresentano puri, nascondendosi nelle pieghe del papa emerito che pure li ha sconfessati? Noi facciamo memoria: perché camminando insieme, ancora su due linee parallele, in alcuni punti possa capitare quanto succede ai binari che si incrociano, per svoltare, quando hanno chiara la meta. E la nostra è Gesù il Signore, e non le Chiese, che sono solo il camminamento terreno che dovrebbe portare a Lui.