Meditazione di Gabriella Caramore nella chiesa di Sant’Egidio: “Il Dio dell’universo è il Dio della più piccola creatura”

“Nessuno ha mai visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore di lui è perfetto in noi”. Questo è il brano tratto dalla prima lettera di Giovanni su cui si è soffermata la riflessione di Gabriella Caramore, giornalista e saggista, la sera di giovedì 1 dicembre 2011 presso l’Abbazia di Fontanella di Sotto il Monte.

La relatrice ha subito voluto mostrare l’intimo legame che esiste tra l’amore verso Dio e quello per il prossimo, considerato come fedeltà al duplice comandamento della fede in Gesù Cristo. Un percorso che ha preso le mosse dal cercare le tracce, attraverso l’esegesi di questo brano, del Dio biblico (unico, dal nome impronunciabile, che si manifesta nella misericordia e nella giustizia) e che all’uomo di oggi resta, ancora per molti aspetti, sconosciuto. Un Dio che “nessuno ha mai visto”, che non è perimetrabile, ne raggiungibile con il nostro pensiero, un Dio che è materia e spirito e molte altre cose ancora, che non si può imbrigliare in titoli o in immagini, ma che ha lasciato tracce e impronte di sé precise in grado di orientare il nostro amore verso di lui.

L’indicazione che recita il versetto a tal riguardo esprime la necessità di vivere amando intensamente e pienamente chi ci sta intorno, solo così sarà possibile rendere visibile quel “poggiare di Dio sovrano sulla storia delle creature umane”, di cui Abramo, Isacco e Giacobbe furono testimoni.

Ma di quale amore è necessario amare il prossimo per rendere visibile il Dio vivente? Sicuramente non di un amore di semplice ricambio, ma di un amore che va oltre sé, che rientra nella logica del dono, della sovrabbondanza, dell’eccesso; è necessario un amore misericordioso, che sconfina il proprio perimetro per andare verso l’altro, donandogli qualsiasi cosa di cui abbia bisogno. Quando ci si trova di fronte a persone che sono capaci di amare così, che hanno fatto della propria vita un dono totale di dedizione per gli altri, il nostro cuore non può restare indifferente e qualsiasi barriera religiosa, etnica, ideologica, cade a fronte di tali esempi di umanità.

Dio in tutto questo è evidente e dimora proprio nello spazio che sta nell’essere “degli uni verso gli altri”. Questo spazio è bene che sia mantenuto vuoto, affinché Egli si possa manifestare nella sua inconoscibilità, nel suo silenzio, nel suo nascondimento, nella sua distanza.
Questo brano sembra pertanto portare ad un unico richiamo: la conoscenza di Dio passa dal saper accostare e incontrare l’altro, soprattutto attraverso la sua fragilità, perché solo così si crea lo spazio di prossimità necessario affinché la logica di Dio, cioè dell’amore gratuito, si manifesti compiutamente.