Tra poco più di due mesi, il Vescovo sarà da noi in visita. Non è una visita di cortesia, anche se si nutrirà di cordialità con un uomo che molti hanno conosciuto negli anni in cui scendeva dal seminario per il servizio domenicale. Anni diversi da questi, e una comunità che ha ora uno svolgimento diverso: necessariamente, sennò che fedeltà al Vangelo sarebbe quella che si costringesse all’immobilità? Questa “Visita” – che nella sua definizione più adeguata, è accompagnata dall’attributo
“Pastorale” – ha come sinonimo ispezione: che, nella Chiesa, è una benedizione, e non una preoccupazione come solitamente si patisce nel mondo degli affari. È la stessa designazione che gli è data di epískopos, che dal greco si traduce con ispettore/sorvegliante: giusto il compito del pastore buono, che diventa passione nel pastore bello. Una visita speciale, che non si confinerà dentro una celebrazione liturgica o un avvenimento particolare, così come è già successo più volte in questi tredici anni del suo episcopato. Il Vescovo verrà per sostare: a rendere conto del deposito della fede che gli è stato affidato; e rendersi conto di come la fede cristiana è tradotta nella quotidianità della vita. Viene per sostenere e per discernere: sarebbe improprio lustrare per l’occasione le nostre batterie di rame, come si faceva ad ogni arrivo di primavera nel tempo che fu. Ma ci racconteremo con semplicità e lealtà per come noi stessi ci conosciamo, nelle insufficienze e nelle fatiche, ma anche nella bellezza che dà l’essere in S. Lucia.
Se qualcosa di certo la nostra comunità conosce, è che la sua vita nella Città – e la diversità di condizione sociale rispetto alla Città – l’ha chiamata con forza ad affrontare la modernità: la visione del mondo, della fede e della morale non è più la stessa; e le risposte ecclesiali non sono più per il popolo nel suo insieme, ma per i singoli individui che certo si ricongiungono nel popolo di Dio. Ma talvolta le richieste che vengono dalla maggioranza dei praticanti non passano attraverso la nuova proiezione della storia, secolare e cristiana, che si sta vivendo. Resistere nella fede non può essere una resa ai modelli rassicuranti da cui veniamo. E assumere di volta in volta i cambiamenti non è pacifico. Forse da qui si spiegano certe stanchezze di alcuni su cui pure si vorrebbe far affidamento.
Tre i mandati di un Vescovo, che son poi la pienezza di quel “sacerdote re e profeta” che ogni cristiano diventa con il battesimo: la liturgia, il governo, il magistero. Tre compiti che delega settorialmente ai preti, per la cura assidua dei fedeli che in prima persona non potrebbe raggiungere: ma ne resta il primo e il finale responsabile. Passerà qualche giornata con noi, in giorni feriali e di domenica, dunque nella normalità delle pratiche parrocchiali. Potrà incontrarsi con tutti, sedendo tra noi nell’ascolto di ciò che si studia, di ciò che si sceglie, e di ciò che si fa. Camminerà tra le nostre case per visibilizzare a quanti sono nel bisogno, attraverso gli infermi, la carità di Cristo. E celebrerà con noi l’Eucarestia, da cui discende ogni riconoscimento dei cristiani davanti al Signore, e davanti al mondo.
Con un approccio che dura da alcuni mesi sia attraverso le convocazioni cittadine sia nei contatti finalizzati a questo incontro – la visita dei membri di Giunta ai vari gruppi, il lavoro del Consiglio di Chiesa, la compilazione di alcune schede conoscitive, la sensibilizzazione che è stata offerta attraverso il Santalucia; e con la partecipazione che speriamo unanime dei frequentatori delle nostre attività nei giorni della sua presenza – il Vescovo potrà accorgersi, e suggerire, e correggere, e incoraggiare. Insomma, prendersi cura di noi. Per indurci ancor più rinfrancati, a prenderci cura gli uni degli altri.