Sfuggono, a volte, macroscopiche ingiustizie o sonori avvertimenti, solo perché le articolazioni del pensiero sono racchiuse in numeri che pure son lì a dire, in una stringata concretezza, tutto quello che si potrebbe leggere in lunghi e ponderosi editoriali. Se abbiamo ancora qualche dubbio, facciamo sosta su alcuni titoli che appaiono all’interno delle nostre letture quotidiane: l’estate è un’ottima stagione per fare esercitazioni di buona intelligenza

 del mondo.

A mo’ d’esempio, eccovi alcune note – ovviamente di parte – stese tra una nube e l’altra, tra un improvviso colpo di vento e una lama di sole, di questa stagione che s’avvia.

1 miliardo di persone hanno visto in tv la riconciliazione europea a sessant’anni dallo storico d-day. Io no, e, se voi eravate in Italia, anche. Eppure mi sarebbe piaciuto: non solo perché il racconto dell’ultima guerra ha accompagnato tutta la mia infanzia, in un padre che l’ha vissuta in tutt’altri scenari – la prigionia in Germania – ma anche perché la Normandia mi è entrata nel desiderio, con il ventoso silenzio delle sue scogliere allora sconvolto dalla morte. In quel miliardo di persone noi, e i più giovani tra noi, non sono stati invitati: ci lamentiamo di giovani senza radici, e lasciamo che alcuni padroni si impossessino delle loro anime. Paventiamo un futuro senza fondamenta, e lasciamo che ci servano altri menù per distrarci. Se questa tv non ama la storia, non ama il presente: non prepara un futuro.

250mila euro saranno il premio-vittoria del prossimo campionato europeo di calcio per i giocatori italiani. Mezzo miliardo delle vecchie lire: non diviso per i 24 calciatori, ma moltiplicato per 24. A ciascuno il suo. Per una trasferta lussuosa nel più distinto castello di Lisbona, per cinque partite, dopo emolumenti annuali che fanno in media – il tuo pollo con i miei due – cinque miliardi di vecchie lire. I ragazzi leggono il giornale a scuola, e lo leggono in casa. Se vi fanno domande sulla fedeltà a una squadra che si cambia per denaro, o sul fatto che il recinto del matrimonio per i calciatori sia quello delle veline; se vi chiedono perché il vostro stile di vita è sobrio, certo per scelta, ma qualche volta per necessità: è demagogia dire che alcuni stanno facendo i conti ancora sul pollo? Se vinceranno, sotto le bandiere tricolori, lasceremo che si nascondano ancora una volta i numeri dell’impudenza?

150mila o 7mila i partecipanti all’ultima manifestazione di piazza? Che non ci si capisca più nel linguaggio politico sarà bene che ce lo teniamo stretto ancora per un po’. Ma che non si sappia contare! La differenza è talmente enorme tra le stime degli uni e degli altri, da sperare che quei numeri – insieme – non siano apparsi sulla stampa estera. Sennò, una volta di più, si convincono che siamo pressappochisti. Certo, prima di contare occorre vedere. E vede chi ha occhi puri. Si racconta che il presidente americano, già attore – lo stanno funerando mentre scrivo – ha spiegato così la carriera a un giovane deputato: “Figliolo, in politica la sincerità è tutto; se riesci a fingere di essere sincero, ce la farai sempre”. Mi sto ancora chiedendo, a distanza di alcuni anni, il perché alcuni parrocchiani si sono inalberati per averli avvertiti a suo tempo che la bugia non paga, neppure in politica. Ingenui loro, o ingenuo io?

12mila i giovani svizzeri (con qualche intrufolamento da oltralpe e dalle pianure a est di quel paese per eccellenza ospitale) che hanno ricevuto l’altro ieri con entusiasmo il Papa. Lontano dalle cifre di altri incontri, pur tenendo conto delle proporzioni. La Svizzera è un agglomerato di nazioni che mostra la convivenza di anime religiose tra loro non impermeabili. Gli uni risucchiano dagli altri quello che si ritiene il meglio, che non sempre è parente del bene. Anche in fatto di fede. E di stili di vita. Perciò avvertono il mondo cristiano più di altri: l’estetismo intelligente e impareggiabile con cui rivestono vita e liturgie, talvolta nasconde l’inquietudine di chi non vede la meta. Per questo, l’invito carico di sapienza pedagogica che il Papa ha pronunciato è per i pochi che hanno risposto, e per i molti che cercano: alzati, ascolta, mettiti in cammino.

Tre verbi per dire una speranza: che confonda chi scambia il successo con il battimani di giovani e meno giovani abbacinati dalla frivolezza e dalla furbizia; e che sconfigga chi quotidianamente gliele apparecchia.