La neve di un tempo! Siamo tutti con il naso all’in su, fino al torcicollo, per vedere se finalmente arriva questa neve promessa dai meteorologi, a cavallo di questo martedì con il mercoledì. Nel mondo contadino era l’alone attorno alla luna che preparava alle nevicate. Abbondanti e leggere, fiocchi danzanti a ricoprire il terreno, bianca di splendore se incontaminata. Come è sui monti, e non sarebbe più sulle strade di città. E tuttavia sempre desiderabile tra le case

, ad aiutare il lavoro di studio, ad attutire inquietudini irritabili, a rallentare i passi sulla neve non spalata: e dunque a farci accorgere che il mondo può essere camminato diversamente dalla frenesia di sempre. Con qualche rarissima eccezione, la neve, un tempo, era puntuale. In questi anni arriva solo per eccezione. Il natale era la neve, tanto da rendere impensabile che si potesse far nascere Gesù senza quel contorno; e impossibile, nelle Orobie, pensare alla grande nascita celebrata dall’altra parte delle stagioni, in un caldo da meridione. Roba da bambini che confondono l’evento con il contesto, certo. Ma nostalgia di adulti, che di contesto nutrono gli eventi che contano.

Ci lagniamo troppo di stagioni che non coincidono con le nostre attese? Indubbiamente; e dunque non vediamo spassionatamente. Scambiamo ciò che è con ciò che percepiamo: ma l’allarme per presunti sovraccarichi di freddo e di caldo non è la realtà, ma il nostro desiderio. E la reazione di difesa, nascendo da sé e non dall’oggettività, confonde la natura: che ha i suoi ritmi, spezzati proprio da quelle smanie che vorrebbero tanto caldo quando fa freddo, e viceversa. Ingorde mani sporche di gas impropri a tener su la possibilità che il cielo si apra all’azzurro o alla neve. Si apra a dir maschio o femmina, come si vuole là dove si può. A raccontare ancora dello Spirito creatore che aleggia.

 

Questa lettera per la verità incominciava così – Sto un poco soffrendo questo Sinodo. È come un aereo che stenta a decollare: appesantito in modo assurdo, continua a rullare sulla pista, e non gli riesce di staccare. Qualche tossicchiante impennatina, ma subito il ricasco sul terreno. È troppo importante un Sinodo, continuo a ripetermi, perché finisca la sua corsa girando in tondo sulle piste di un aeroporto. Gravato per un verso da una deferenza che non ha il rispetto della sincerità; e, dall’altro verso, limitato forse da un timore privo di fiducia; irrigidite le ali da…- e finiva in un crescendo decisamente pessimista. Ma poi, il consiglio di un amico, capitato mentre ero alla firma, mi ha convinto a scrivere del tempo.

Evento e contesto. Anche per il Sinodo, come per la neve. Altro linguaggio, stesso principio.