La città della pace, Gerusalemme, per un paradosso non raro nella storia dei piccoli uomini che abitano la terra, ha lo sfregio della violenza totale. E non solo di quella che si combatte per le sue strade, nelle case, nei luoghi di preghiera e di incontro attorno alla rocca di Sion. È all’inizio delle “ragioni” che hanno scatenato la recente guerra nell’area dell’antica Mesopotamia. È la scusa per tutte le ritorsioni, è ormai la città che sembra non avere uscita alcuna dal tunnel

dell’odio. Sembra ormai irrimediabilmente diventata il luogo simbolo della incomprensione: che si nutre di contrapposizione, di diritti propri che si dilatano ad annegare i diritti altrui. Senza più rispetto per la vita che cresce, nell’odio che si mescola al latte materno. Se non fosse che ai cristiani è stato detto di non disperare, questi ultimi anni di intifada – prima i ragazzi che lanciano sassi ora anche ragazze che s’imbottiscono di esplosivi – sembrano aver allontanato Gerusalemme per sempre dal pellegrinaggio di chi cerca i segni della città celeste nella luce che ha inondato il corpo di Gesù. E allontanati non solo turisticamente. Allontanati da una terra santa cercata per la memoria di un Dio che ha sconvolto la storia degli uomini con il suo comandamento dell’amore. Quante generazioni ci vorranno per tornare? Forse tutte le generazioni che separano questa città terrena dalla Gerusalemme celeste?

Anche perché le terre di partenza non sono proprio le migliori. Se solo si sfoglia un quotidiano di un giorno qualsiasi, c’è da stupirsi che non si rovesci sulla terra un diluvio. E non solo per le atrocità di una umanità che nelle pieghe del suo svolgersi nasconde tanti eccidi, dimentica le guerre di chi non interessa ai ricchi del mondo; e neppure tanto per l’indifferenza con cui ci si difende dalle morti per fame dei più poveri della terra. C’è da stupirsi che il cielo plumbeo di questa sera di maggio – la pioggia è attesa, ma spaventa il temporale che si sta annunciando nelle raffiche improvvise di vento e nelle nubi che s’abbassano ad incupire strade e corpi – c’è da sorprendersi che il cielo non si spalanchi, e non scaraventi giù tutta la purificazione necessaria alla volgarità che circonda le nostre nazioni crapulosamente soddisfatte.

Nuovi profeti predicano pace con questo mondo, chiedono di coglierlo nelle sue complessità e contraddizioni, chiedono di amarlo dello stesso amore disperato di Osea per la sua donna infedele. Ma si può amare senza portare nel deserto? E senza avvertire i figli di che madre sono stati nutriti? Non lasciarsi smuovere dalle ipocrisie di una democrazia senza rispetto; rincorrere la mediocrità che modelli televisivi sanno imporre; rassegnarsi alla maleducazione, chiedere leggi per ceneri da cremazione da conservare in casa, in un culto della morte che non ha nulla da spartire con il culto dei morti; difendere un animalismo che tocca l’insulsaggine, con negozi di cibi appositi, e negozi di giochi appositi, e di appositi cimiteri con nome e foto: accettare la decadenza è un atto di amore o un peccato?

Ci sono anche le buone notizie: occorre nutrirsene, e non per sfuggire o illudersi rispetto alle altre, ma per prenderne forza. C’è un papa che non si muove più da solo: e tuttavia ha una presenza e parole che smuovono le scorze più indurite. Ci sono imprenditori che accettano di fare la rivoluzione: organizzano le loro imprese per dare lavoro a chi non ne è capace. Ci sono giovani genitori che si rifiutano alla logica del numero chiuso: rinunciano a futilità per affermare la necessaria bellezza di più vite. Ci sono ancora ragazzi che interrogano la vita davanti a Dio: e ne ricavano lo splendore di chi attraversa senza soluzioni di ripiego. E ci siete voi, che pur leggendo queste righe tormentate non v’impalcate subito in un giudizio di pessimismo: ma ricavate gratitudine per quanti obbediscono al compito di sentinella.

Raccontiamo dunque a Dio le buone notizie del mondo: poiché su questi ultimi, ci dice la Scrittura, il Cristo rivolge il suo sguardo per effondere la pace su tutti. Anche sui pavidi, sugli sciocchi, e sui corrotti che non amano la terra, e sono nel pericolo di non amare il Regno di Dio.