Non è una bella neve questa che scende in un martedì di dicembre. È arrabbiata, smilza. Gelata. Non è neve di Natale: a larghe falde, corposa e quieta. Non risponde ai buoni sentimenti. Non accondiscende all’utilità dei cuori commossi da strade imbiancate, da tetti di panna. Non è neve che cambia il mondo e gli occhi. È un accenno, è una promessa: forse un anticipo che esploderà domani
e dopo. Una neve così non risponde al presente se non perché coltiva un augurio di tempi migliori.
Intanto siamo divorati dal desiderio di una città finalmente innevata. È come se fossimo davanti a una porta, sapendo che dietro c’è la bianca distesa argentata dalla luna. Una porta che la volontà non basta ad aprire: tutto è molto più grande di noi, e tutto avviene senza di noi. Eppure, se avviene, non può mancare il nostro sguardo a rendere vere le cose che s’avverano. Una bellezza offerta e non raccolta, non è. E pure la salvezza non è, se nessuno la raccoglie.
Mi sto chiedendo, alla vigilia di questa rinnovata memoria della venuta del Salvatore – che è anche attesa del suo ritorno – in che cosa non siamo stati capaci di annunciare il bene del Vangelo. Perché nessuno può negare che non esiste – se non per piccole frange, e talvolta nascoste anch’esse – il popolo della gioia su cui è sorta la stella di Betlemme prima, e lo sfolgorio della resurrezione poi. Che cosa ci è arrivato da secoli di predicazione, e di opere di misericordia e dalla miriade di santi che hanno mostrato la liberazione del Figlio di Dio nella loro stessa vita? Dice un proverbio cinese: moltiplica le goccioline d’acqua, accumula i granelli di sabbia, e avrai formato il mare, il deserto, o un grande pantano.
Il Figlio che s’incarna a Betlemme viene per liberare dalle catene che impediscono di raggiungere il Padre. Venuto per una libertà che sfonda i confini della terra, noi l’abbiamo fatto intristire dentro le quotidianità e dentro gli affanni. E invece è venuto per continuamente e appassionatamente metterci nella vigilia del bene che deve compiersi, l’unico per cui siamo stati creati e redenti. In un mondo che conosce ancor oggi gli orrori dell’umanità, disperazione nella vita di ragazzi o eccidi di intere popolazioni, i suoi seguaci denunciano e chiamano a speranza. Ma oltre i confini di questo mondo. Dietro la porta che sta ancora chiusa per chiunque è da questa parte della vita.
Apparirà improvvisamente, e il cuore sarà colmo. E il mare sarà mare, e la terra terra. La neve sarà neve. E il pantano scomparirà. Solo lo sciabordio di una luce, lo splendore della semplicità.