È un bollettino di guerra quotidiano: avete contato quanti terremoti si sono abbattuti in questi ultimi mesi sul pianeta terra? Tanti davvero: a sufficienza senz’altro per confortare la predicazione apocalittica di alcuni membri della comunità umana, il cui unico scopo religioso sembra essere quello della fine, e non dell’In principio. Non si erano preparati al grande e indescritto mostro che sarebbe venuto dal cielo verso luglio? Tocca al suolo
rimediare la delusione per il mancato appuntamento: e per la verità, è piuttosto inconsueto questo martellamento drammatico da est a ovest, e da nord a sud, che connota questi ultimi mesi dell’anno.
Ma è indubbiamente una coincidenza, anche perché il calcolo dei numeri dà torto a chiunque voglia far corrispondere il san Silvestro di quest’anno con una fine solenne di millennio: già superato per i cristiani il compleanno di Cristo, non interessa certo agli ebrei, che hanno datazioni già prossime al 6000; e non interessa ai Musulmani, che invece si datano oggi appena più in là dei 1400 anni. Ma tant’è: la voglia di altro è così grande, che la festa dell’ipocrisia si annuncia enorme. Quelli tra i nostri ragazzi che si sono già organizzati per essere a Parigi il 31 dicembre, mi hanno, con la loro innocenza spudorata, invitato a stare con loro. Parigi è bella: ma vale un’ipocrisia?
Chi sa perché, il Sinodo per l’Europa – con le voci allarmate di alcuni vescovi sulla dissoluzione del cristianesimo nel nostro continente, contrapposte ad altre voci di vescovi che invece si nutrono di ottimismo e mettono in guardia da allarmismi ingiustificati – mi pare tanto parente di quello che sta avvenendo a Napoli in questi giorni. Sono incominciate lì le prove generali per lo sgombero di seicentomila persone che abitano nei paesi alle falde del Vesuvio. Le scosse sismiche di queste settimane hanno allarmato quella gente. A loro, in modo difforme, stanno rispondendo i sismologi: gli uni a dire che non c’è nulla di cui temere, perché sarebbero ordinari moti di assestamento del vulcano; altri in contemporanea a dire che il Vesuvio è destinato ad esplodere da un momento all’altro, anche se non si può determinare l’immediatezza. Chi ha ragione? Gli allarmisti o gli altri? A chi si vuol dare ragione? A chi avvertendoti inevitabilmente ti avvelena la vita, o a chi, lasciandoti queto, ti prepara ad essere rinvenuto tra qualche secolo come i dormienti o i disperati della Pompei sepolta?
Nella Chiesa d’Europa ci stanno le stesse due anime: l’anima del realismo ottimista e l’anima del realismo pessimista. Chi ha ragione, chi ascoltare? Per me – segnato dall’infanzia nel giudizio degli avvenimenti da quel grande maestro naturale che è l’Adda – non c’è dubbio: quando il fiume ingrossato fa salire dalla valle un sordo rumore e affannosamente accelera i mulinelli in vortici ondosi, non è tempo di distrazioni. Ci si allerta.
Non mi piacerebbe proprio che sotto gli occhi dei vescovi radunati a Giubileo si sparassero fuochi barocchi a nascondere l’indifferenza per Gesù che sta straripando per valli e monti e pianure della vecchia Europa.