Il Papa ha dedicato l’ultima udienza generale del Giubileo, all’opera di misericordia del sopportare con pazienza le persone moleste. È una riflessione che merita attenzione per i giudizi cui ci chiamiamo sia sulle persone di chiesa sia su quelle di servizio alla politica.

«Dedichiamo la catechesi di oggi a un’opera di misericordia che tutti conosciamo molto bene, ma che forse non mettiamo in pratica come dovremmo: sopportare pazientemente le persone moleste. Siamo tutti molto bravi nell’identificare una presenza che può dare fastidio: succede quando incontriamo qualcuno per la strada, o quando riceviamo una telefonata… Subito pensiamo: “Per quanto tempo dovrò sentire le lamentele, le chiacchiere, le richieste o le vanterie di questa persona?”. E anche noi possiamo essere molesti! Succede anche, a volte, che le persone fastidiose sono quelle più vicine a noi: tra i parenti c’è sempre qualcuno; sul posto di lavoro non mancano; e neppure nel tempo libero ne siamo esenti. Che cosa dobbiamo fare? Perché tra le opere di misericordia è stata inserita anche questa? Nella Bibbia vediamo che Dio stesso deve usare misericordia per sopportare le lamentele del suo popolo, ad esempio nel libro dell’Esodo il popolo risulta davvero insopportabile, ma Dio ha avuto pazienza e così ha insegnato a Mosè e al popolo anche questa dimensione essenziale della fede. Facciamo mai l’esame di coscienza per vedere se anche noi, a volte, possiamo risultare molesti agli altri? È facile puntare il dito contro i difetti e le mancanze altrui, ma dovremmo imparare a metterci nei panni degli altri. Guardiamo soprattutto a Gesù: quanta pazienza ha dovuto avere nei tre anni della sua vita pubblica! Una volta, mentre era in cammino con i discepoli, fu fermato dalla madre di Giacomo e Giovanni, la quale gli disse: “Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno”. La mamma faceva lobby per i suoi figli. Anche da quella situazione Gesù prende spunto per dare un insegnamento fondamentale: il suo non è un regno di potere e gloria come quelli terreni, ma di servizio e donazione agli altri. Gesù insegna ad andare sempre all’essenziale e a guardare più lontano per assumere con responsabilità la propria missione. Potremmo vedere qui il richiamo ad altre due opere di misericordia spirituale: quella di ammonire i peccatori e quella di insegnare agli ignoranti. Pensiamo al grande impegno che si può mettere quando aiutiamo le persone a crescere nella fede e nella vita. Penso, ad esempio, ai catechisti – tra i quali ci sono tante mamme e tante religiose – che dedicano tempo per insegnare ai ragazzi gli elementi basilari della fede. Quanta fatica, soprattutto quando i ragazzi preferirebbero giocare piuttosto che ascoltare il catechismo! Accompagnare nella ricerca dell’essenziale è bello e importante, perché ci fa condividere la gioia di gustare il senso della vita. Spesso ci capita di incontrare persone che si soffermano su cose superficiali, effimere e banali; a volte perché non hanno incontrato qualcuno che le stimolasse a cercare qualcos’altro, ad apprezzare i veri tesori. Insegnare a guardare all’essenziale è un aiuto determinante, specialmente in un tempo come il nostro che sembra aver perso l’orientamento e inseguire soddisfazioni di corto respiro. L’esigenza di consigliare, ammonire e insegnare non ci deve far sentire superiori agli altri, ma ci obbliga anzitutto a rientrare in noi stessi per verificare se siamo coerenti con quanto chiediamo agli altri. Non dimentichiamo le parole di Gesù: “Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?”. Lo Spirito Santo ci aiuti ad essere pazienti nel sopportare e umili e semplici nel consigliare».