daQui

Bene, tutto bene… 2 – Non è che mi hanno letto, non ne ho la presunzione. E, tanto meno, non è che mi hanno riconosciuto la consulenza in quei seimila euro che mi sarebbero occorsi per il ripristino del saliscendi per disabili. Ma è un po’ che non ne vedo più la pubblicità: forse perché finalmente ne hanno colto l’insipienza. E infatti come si può dire che tutto va bene quando senti il dittatore russo dire a una infatuata studentessa italiana che da noi, sul suolo patrio, lui si è sempre sentito di casa? Solo perché con il nostro dittatorello della tv, nonché presedente del governo, si scambiavano il lettone e la trapunta? O come ripetere che uno scisma – sia esso quello tedesco o quello americano, l’un contro l’altro armati nel difendere la propria idea cristiana, con il Cristo relegato in una croce di sacrestia – che uno scisma non è proprio l’estremo male se toglie ipocrisia a questa nostra santa Chiesa afflitta da progressisti o conservatori, e non più sufficientemente testimone di un vangelo quotidiano, fatto di fiducia nel Signore, e indifferente alle virgole dei dogmi? Andrebbe tutto bene se trovassimo la quadra tra gli uni e gli altri? Ma quando mai?
Basta, sennò mi tocca infierire contro quelli che il sole sì, la pioggia pure, e poi se viene la neve quando mai, dato che poi la si dovrebbe pestare… E cioè: un mondo che non sa raccontarsi il bene: e poi andrebbe tutto bene? Persino un giovane cantante, che di nome onora san Giovanni, se ne esce con un “non riesco più a fingere che tutto vada bene”. E certo parla della sua vita, e di questo conto che la vita ti presenta: e non aspetta sempre che tu abbia ottant’anni per chiamarti fuori da illusioni di successo, o di immortalità.
Però. Però, perché no. Perché non anche.
Un bel titolo oggi su un quotidiano Noi siamo l’amore che ci hanno dato. E lì ti si apre uno sguardo dell’infinito oltre la siepe. E dunque il bene, e spesso tutto il bene lo devi riconoscere, senza la leggerezza irresponsabile di chi non fugge la tempesta, ma insieme non pretende di attraversare i giorni senza subire bufere. Sì, io sono l’amore che ho ricevuto. Da tante parti, da tante persone. Nelle situazioni più ovvie, e in quelle al limite. Amore dalle arrischiate sfumature, e con la dolcezza di carezze che non ho percepito come schiaffi, pur essendolo. Ma c’era amore. Peccatore e santo, appunto come sa confortare l’apostolo Paolo.  
Ma noi siamo l’amore che abbiamo dato: se si tratta di vantarsi, ha detto Paolo, io lo faccio. Non alla sua maniera, fin tanto che l’apice dei cieli ai più viventi sulla terra è interdetto; ma l’amore che, dato da peccatore santo, ha fatto di me, fa di ciascuno, quello che è. Tanto o poco, sulle rive di un fiume in piena o sullo scosceso delle montagne o nel placido scorrere della pianura, l’amore che si è dato è la nostra bellezza presente. Che vince rughe o scricchiolii di ginocchia. Che dà sapore e gioia. Con qualche venatura malinconica? Perché no? Perché è bene, tutto è bene quanto cogli dalle mani della vita: del tuo papà e della tua mamma, e di Dio.
Se ti lasci aiutare, e se aiuti nell’amore, tutto è bene.            24 febbraio 2024

Bene, tutto bene? – Se fossero disposti a riconoscermi la consulenza per soli 6mila euro (tanto ci costa ripristinare l’elevatore per disabili in disuso da anni) suggerirei a quell’assicurazione di cambiare lo slogan: balordo quanto mai. Tempesta o qualsiasi altra calamità e tu metti lì un tonto che ripete sorridendo bene, tutto bene? Sarà perché di tonti così, che ripetono così, ne incontro fuori dallo schermo televisivo. E mi provocano la piloerezione propria della pelle di un’oca spennata.
Bene, tutto bene? Sì, c’è del buono e molto e non vorrei peggiorare la mia immagine di pessimista per taluni sguardi che mi tocca dare all’intorno. Si sta festeggiando l’orgoglio italico per quel pischello che dalla Val Fiscalina è giunto all’apice del tennis mondiale: e restando un ragazzo che parla da uomo, zero tatuaggi, pieno di garbo e di riconoscenza. E in lui gli altri bonus che la vita sociale sa darci in tempi che vorrebbero farci scivolare altrove. Dove? Basta dire Ucraina? e i giovani di lì che muoiono dirimpetto ai giovani russi che muoiono? O citare i tagliagole di Hamas e i morti innocenti di Gaza? spartendo il mondo in chi odia una parte e chi odia l’altra? E, per raccogliere la notazione di un viaggiatore in Turchia, cristiani che guardano preoccupati alla porta della loro chiesa per vedere chi entra? In alcune parti del mondo, andare a messa la domenica è un rischio, come lo è stato a Instanbul ieri.
Bene, tutto bene? Dare il primato alla carità e alla misericordia non ha servito e continua a non servire bene Francesco papa. Essersi proposto una Chiesa che sappia essere vicina alla gente nella concretezza e nelle sfumature e nelle asperità della vita quotidiana: ha fatto dire di lui che è un istintivo, poco attento al mormorio delle onde che plana nei secoli. E volere che la Chiesa, in obbedienza alla parola di Dio contenuta nelle sacre Scritture, la rilegga continuamente, per fare del Vangelo il Vangelo di oggi, la parola di Cristo per l’oggi dell’uomo; e dunque il rileggerla è un dovere tenendo conto del tempo in cui viviamo. E l’alzata di scudi: degli africani a buone ragioni, di alcuni cardinali anche no. Gli stessi, sì: e diranno alcuni miei lettori che mi sono fissato su di loro. Ma son loro che sono fissi su stessi, inamovibili all’ascolto di quanto si vive, e di quanto si soffre.
Insieme a quell’emerito nunzio (un rosicone invidioso ché non sia stato chiamato alla porpora?) trumpiano entusiasta, simpatizzante putiniano, convinto no-vax (non so se anche terrapiattista – ma questa è una mia divertita cattiveria). “I servi di Satana ad iniziare dall’usurpatore che siede sul soglio di Pietro”: Vi pare un linguaggio di cristiano, non dico di vescovo? È suo. Bene: ha istituito una casa in quel di Viterbo dove raccogliere i preti che sfidano il papa, sedevacantisti e criptolefebvriani. Uno scisma alle porte? Lui, il papa, dice che no, e comunque non lo teme. Però non dice Bene, tutto bene. La tempesta c’è. Ma Francesco sa, e noi, che il Cristo è sulla barca: dorme? C’è.  29 gennaio 2024. 

… e il Natale continui – Un cattolico vero, l’uomo con la pistola, molto allegro forse per non dire avvinazzato. Di destra estrema, parole secche e ironiche contro le donne, e benevole con Mussolini, “uno dei migliori statisti che l’Europa abbia avuto”. Guerra a parte, certo, con i soldati avvolti i piedi in scarpe di pezze. Così scrivono di lui i giornalisti. Naturalmente spavaldamente no-vax. Insomma, un deputato. Uno di quelli pescati all’ultimo, sull’onda di un successo inaspettato in tali proporzioni: evidente che ci scappa il morto, prima o poi, nel caso un qualche inadatto – inesperto, giovane, uno che deve imparare – con buona pace delle sorti alte del partito alla Marinetti. Uno dei “balenghi” come dicono i piemontesi, e balenghi non solo di quel partito ma di molti altri che ci governano o ci hanno governato.

E poi: nella sonnacchiosa pasciuta città del Veneto, come la definisce un lettore, succede che un parroco ospiti dei senzatetto al riparo nella sua chiesa. E succede che alcuni parrocchiani raccolgano firme per allontanarlo, reo com’è di insulto evangelico: ha ospitato stranieri, ha vestito i nudi, ha sfamato gente non nostra. E infatti anche lì sarà risuonata nelle giornate di Natale la buona notizia di Chi si è fatto carne, perché nessuna carne restasse ormai sola; ma inascoltata come ovunque in questa sonnacchiosa Italia che si muove qua e là, non seguendo la Luce, che pure è data, ma lucette senza olio, perdendo forse per sempre lo Sposo che dà festa.
Ma certo: anche il presepe dei laici, cosiddetti; ma chi sa chi, laico, si sente offeso d’essere loro accomunato. “I laici, che non sono orfani di assoluto, di assolutezze e di assolutismi, dovrebbero irridere e smontare questo sbracato politicamente corretto, queste arlecchinate, le due Madonne col bambino, i due Giuseppe col bambino, una Madonna single con due Gesù e poi i pastorelli con la kefiah, la recita di Cappuccetto Rosso a Betlemme, la Madonna con il chador” e passi pure quest’ultima, ma il resto?
Sì, scegliendo di sottolineare quanto sopra – quel deputato, quei cristiani, quei laici – potrei essere imputato di quello di cui avvertivo gli studenti quando discutevamo di verità: dove sta? chi la porta? Se Epimenide dice che tutti cretesi sono bugiardi, lui stesso cretese; e se Socrate dice Platone afferma il falso, mentre Platone attesta che Socrate dice il vero, dove sta la verità? che è dire: quando un cattolico è vero? Quando un laico è puro? E quando una comunità merita di definirsi tale? Perché denunciando mi avvalgo di una convinzione di verità. Ma senza giudizio c’è verità?
Di solito, è ciò che porta gioia il Natale. Non a Betlemme, quest’anno: deserta di pellegrini, di che possono gioire i cristiani – ormai pochi – resilienti in una terra, la stessa di Gesù, che non li vuole? E non porta gioia a questa umanità che si abitua alle guerre, purché distanti da sé; che non riconosce le proprie colpe che stanno all’origine del male sulla terra: e tra le altre l’indifferenza per ogni altro diverso da sé. Eppure non possiamo vivere senza speranza. E dunque che il Natale continui, a importunarci. Ci disturbi. Ci infastidisca. Ci secchi. Ma continui. 4 gennaio 2024

al volger dell’anno
Filastrocca in assenza di neve
(e in presenza di guerra)
Manca qualcosa
Qualcosa manca
Ieri era lì
Oggi è mancanza.
C’era una madre
C’era l’infanzia
C’era la neve
Bianca bianca.
La neve cadeva
Cadeva la neve
Non torni più?
Col tuo candido viso?
Non c’è più il cielo?
Il paradiso?
Cada la neve
La neve cada
Camminerà l’infanzia
Sulla sua strada.
Giocheranno bambini
Sul suo bianco viso
Sia bianco l’inverno
Ci sia il paradiso.
Qualcuno spazzi
Questi venti di guerra
Che solo neve cada per terra
Che il rosso sangue
sia biancospino
Sia bucaneve
sia gelsomino.
Neve su neve domani mattina?
Da tanto ti aspetto
Dietro i vetri in cucina
Ti aspetta un cuore
Con la sua spina.
Cada la neve
La neve cada
Camminerà l’infanzia
Sulla sua strada.

24 dicembre 2023
Name:Filastrocca in assenza di neve
Publication:Corriere della Sera
Author:Di Vivian Lamarque  

Novissimi – Si può odiare? Brutto verbo da cancellare dal dizionario umano. E tuttavia, fatto salvo che ciascuno estirpi l’odio verso le persone, lo si può usare: ripudio a quello che scombina la propria vita, non sempre a buona ragione, ma insomma di fragilità si nutre il quotidiano di ciascuno. E dunque io odio il sono sereno che alcuni ti sibilano addosso quando sai che è solo una trapunta buttata sopra la realtà che vivono; e lo dicono rifiutando la tua sincera preoccupazione per l’innegabile difficoltà che stanno vivendo. Che è come se qualcuno vi dicesse d’essere sereno con tutto quello che ci circonda – i giovani medici sono ansiosi di mettersi a scuola di qualcuno per lasciarsi formare? i giovani preti no: si sanno “imparati”; il Censis dice che siamo un popolo di sonnambuli? e trovate quelli, e son tanti, che gli sta bene così; gli fai notare che confondere il rifiuto dei musulmani come un sostegno agli ebrei non è il massimo dell’intelligenza politica? per il sottile razzismo che praticano, ti ridono in faccia. Alla barba dei cattolici devoti (?!) che ripetono il ritornello di preti che non predicano più i novissimi, ricorderei loro che non sono solo le cose ultime, i novissimi (e li metto qua – morte, giudizio, inferno paradiso tanto per rassicurare che i preti le sanno!), ma secondo il latino Lucrezio novissima sono anche le cose inaudite. Ora: c’è qualcosa di più inaudito di quanto avviene? Suggerite di rimettere la chiesa al centro del villaggio? vi risponderanno che il centro ormai è un orio moltiplicato. Lamentate che una Chiesa polarizzata come quella attuale – papisti e antipapisti, per usare una dicitura luterana ma applicandola ahimè ai cattolici – non fa bene al Vangelo? illusorio tentativo, il vostro. Al margine della recente polemica su un possibile riassetto delle regole del Conclave, non sforzatevi di ricordare, agli oppositori a prescindere di papa Francesco, che ben tre suoi recenti predecessori hanno modificato le regole, predecessori di cui quelli pure sono fans sfegatati. (Certo: fosse vero, ma non lo sarà – per ora almeno – che oltre ai venerandi porporati entreranno nella Cappella Sistina anche preti e laici …). Tanto tempo fa mi hanno descritto come un parroco laico: che cosa volesse essere, se un complimento o il contrario, fate voi per come mi conoscete. Ma se laico vuol dire attento a non lasciar fuori nulla, pur non diventando plagiato di tutto, beh, non mi dispiace perché ho cercato d’essere così: pur non riuscendo al meglio. E dunque non mi lascio plagiare di chi inventa sempre nuovi santi, creando santini: com’è quella degli eroi che sarebbe bene riuscire a farne senza? Tante le cose inaudite. Tante anche belle, e ciascuno si faccia il suo elenco. Stretto oggi tra la festa dell’Immacolata e la seconda domenica d’avvento, molte cose il profeta Isaia dice inaudite sì. Ma possibili: che le spade si traducano in aratri. Basta mettersi all’incudine, e dare di martello (senza falce, sennò quel mio concittadino che mi chiedeva se fossi un catto-comunista si allarmerebbe pur nella tomba). I più tanti possibili, nella bottega del Fabbro delle anime: perché la cosa inconsueta che è l’anima torni di moda.    9 dicembre 2023

Commedie – Ho accumulato almeno sedici possibili argomenti con cui tediarvi. O divertirvi. O con cui semplicemente intrattenere un po’ di tempo ad arrabbiarci. Se non che se ne aggiungono sempre di nuovi: come quelli di ieri (Israeliani e Palestinesi), che vanno dal Papa, e poi gli fanno dire cose loro, o lo rimproverano per non aver detto cose loro. Ricordate quel neo-dittatore che Putin ha forgiato su, in Ucraina? Quello Zelensky che non voleva in una via crucis accomunate le bandiere dei due popoli in guerra: della serie, decido io quel che il Papa deve fare. Non solo la Bibbia, ma anche la testa di alcuni deve essere sezionata, alla ricerca di una ermeneutica che ci spinga fuori da queste pazzie che irrorano di sangue i giorni: e non solo dei guerrafondai ma degli autori dei femminicidi (povere le loro mamme, se naturalmente non li scusano i figli, come si denuncia essere una delle “inique” qualità materne: ed è l’accusa forte di questi giorni sull’onda della tragedia di Giulia; per tacere della già giudice ora parlamentare per la quale lo scompenso dei figli maschi è il risultato di mamme scompensate: ed è tutto dire, se non fosse che così le donne anche qui se la sono cercata!, solo che è una donna che pontifica e non il solito giudice maschio – patriarcale – che insiste a chiedere alle vittime come eran vestite).  
E quella tragica commedia. Quella violenta ipocrisia, di voler portare in Italia la piccola Indi, affetta da una malattia gravissima e da feroci sofferenze, senza alcuna speranza di miglioramento? Medici inglesi non certo inferiori ai nostri che non si prestano a un atto di vero accanimento terapeutico; e politici italiani che danno cittadinanza per sfruttare sa il diavolo cosa: certo, propaganda elettorale basandosi sulla pietas, che non è quella cristiana: lasciar andare a Dio è l’undicesimo comandamento, che proibisce di sentirsi onnipotenti.
Quello su cui dovremmo ragionare, come società civile, è il tema del limite, che in occidente spesso dimentichiamo. È un tema spinoso, di cui nessuno vuole parlare. Spesso esorcizziamo questa parola ed evitiamo di farci domande o parlare di “fine vita” o di “morte”, immaginando che la medicina sia miracolosa. Non lo è. Ma ditelo a quelli che assaltano il pronto soccorso e i medici, ditegli che lo trovino in sé il limite della vita, così da non pretenderlo per nessuno. E lo dica finalmente la Chiesa a se stessa e ai propri addetti: che una legge sul testamento biologico non è un tradimento del Vangelo, ma una squisita opera di carità.  
Un po’ meno seriosi? Quel cortile pettegolo che sono i social rimandano invece, della Chiesa, cose più banali: perché i preti non parlano più della morte? Perché non vestono più la talare. A parte che i preti ne parlano, ma mettere insieme le due cose è un po’ da cinepanettone, no? e detto dal pur bravo Pupi Avati fa un po’ tenerezza, ma a ciascuno le sue debolezze: il bel tempo che fu non costruisce il presente di chiese sì un poco svuotate, ma protese a ritrovare la giusta intonazione della buona notizia portata dal Nazzareno.
Con un mondo di frastornati come quello di adesso, una pandemia di tipo psichiatrico non ha la minima possibilità di poter essere affrontata. Purtroppo.    23 novembre 2023

Leggere di più

Numeri – Questo sembra ormai il vicolo cieco di una guerra a spicchi, ma mondiale. Leggi di più di duemila bambini uccisi in quindici giorni a Gaza, palestinesi; dei trenta israeliani uccisi, e poi non si sa quanti sono in ostaggio: bambini, il domani di due popoli. Non conta la sproporzione, o conta? Uno solo dovrebbe bastare a gridare l’orrore. E lamentano i cattolici di Gaza i 18 loro morti, che non sono pochi rispetto allo zero virgola qualcosa della loro presenza nella Striscia, laggiù, che è terra devastata: dalle bombe, ma più dall’odio che permea persone e cose con fetore peggiore dei cadaveri insepolti. Numeri come uno sfregio, per dirsi l’enormità di questo intreccio di dolori e di speranza. Finirà? quando? e quanti morti ancora?
Sto rileggendo l’avvincente romanzo dello spagnolo J.Marìas, che è una riflessione severa  sui limiti di ciò che è lecito, sulle macchie che sporcano la volontà di bene su chi tende ad evitare il peggio del male; l’autore scrive righe: “Viene un momento in cui la coscienza non è più in grado di farsi carico di grandi numeri, la sua capacità non è illimitata, e si disperde e si confonde e si disinteressa. Chi abbatte la gente come bestiame non ha il tempo di distinguere una persona dall’altra e così quelle morti sfumano, acquistano un che di irreale, diventano numero e carne, e quanto più alto è il loro numero e più pesante la carne, più si intorpidisce ed è sopraffatto il senso di colpa, che unisce per dileguarsi perché non basta più. Aggiungere e aggiungere, è forse l’unica soluzione che rimane agli assassini di massa, siano essi dittatori, terroristi, ministri che dichiarano guerre superflue o generali che li consigliano e li pungolano. Per questo bisogna eliminarli, perché sommano delitto a delitto e non si fermano mai”.  
Non si riesce a sopportare, e dunque il sudario dell’indifferenza, che poco a poco si stende: chi parla o scrive oggi della guerra dell’est Europa? O l’una o l’altra, ci si dice senza pronunciare parola: l’una che scansa l’altra, in attesa di scansare presto questa. E tra Ebrei e Islamici ci sono i Cristiani: pochi, i residenti, molti in pellegrinaggi che danno senso a una città divisa. Ma succede che, poco prima che la guerra svuotasse Gerusalemme dai suoi pellegrini, si è raccontato di un fondamentalista ebreo che al passaggio della Via Crucis sputasse i cristiani. C’è anche un nome, Elisha Yered, un colono sospettato di essere coinvolto nell’uccisione di un adolescente palestinese, che sostiene “sputare ai cristiani è un antico costume ebraico”.  Sostenere che sputare ai cristiani sia un costume antico e anche accettabile è orribile. Queste azioni sono di un pugno di estremisti: fanno odiare l’ebraismo, danneggiano l’immagine di Israele, e permettono ad alcuni di giustificare le azioni orribili dei terroristi di Hamas. Eppure raccontarlo è doveroso, quando le pieghe dell’animo umano coltivano queste pulsioni di malvagità: sapere è già cambiare.     26 ottobre 2023
… e per non lasciarci mancare nulla – essere eletti senatore con un numero da assemblea condominiale, e chiamarla vittoria? e non la sconfitta della democrazia?

Il Sinodo – “Il rischio è che la comunità diventi un guscio difensivo: la sfida è abbandonare una comunità difensiva forte della propria identità” diceva La Pira, uno cui veniva bene di esser universale. A questo occorrerebbe richiamare i cinque cardinali che si sono rimessi a fare domande provocatorie al Papa. Che non si è offeso. Anzi; avete dubbi su un Sinodo troppo democratico? Ma già facendo queste domande diventate voi stessi “sinodici” (invento un termine diverso da sinodali, e lo uso per quei cinque porporati che prendono la forma del Sinodo pur mantenendosi nel cuore distanti). Incomincia questa settimana, con l’augurio di quel profeta dei nostri tempi, già maestro generale dei domenicani, fra’ Timothy Radcliffe: “Nel Sinodo si ha il compito creativo di fare improbabili amicizie specialmente con coloro con cui non si concorda”. Che immagine veramente rinnovata di Chiesa ne uscirebbe! E invece già si sta giocando sui dubia, alimentando dubbi di altra natura dentro il popolo dei semplici; e questo in una comunità cristiana che dovrebbe continuamente cercare e trovare certezze nuove leggendo e rileggendo la parola del Signore. Il perché di questo fronte del rifiuto, daQui lo si è già più volte segnalato: è una propensione narcisista non curata, è una voglia di libertà che poi quelli teologicamente negano ad altri. Secondo la loro teologia: che è quella “dell’indietro”, come ha sottolineato il papa recentemente. La testa voltata “all’indietro”, i sentimenti evangelici capovolti. E infatti – il quinto dei dubia – per Cristo il pentimento ha la gradazione di ciascun individuo, come insegna nella parabola del figlio che torna da suo padre perché ha fame, più che convinto d’aver sbagliato. E dunque, nelle prassi religiose, il sacramento della penitenza resta chiaramente a sanare, ma anche davanti alla propria coscienza malata può già avvenire riconciliazione. Un diverso modo di concepire la misericordia: non nella rigidità di regole fissate e invalicabili, non con la declamazione di principi inderogabili (che di fatto diventano chiusure insopportabili) ma con l’attenzione dovuta ai cambiamenti culturali che la storia dell’uomo pone come sfide di conoscenza. A questi ex-teologi fatti cardinali, e fattisi su studi datati, il papa risponde dicendo che la teologia anch’essa ha delle correnti, delle sensibilità diverse: ma nell’evidenza dei rischi occorre non perdere le opportunità che sanno evocare. Diaconato alle donne? Vediamo. Preti sposati, accanto a celibi? E finalmente! Benedizione a coppie omosessuali? Se credenti, e se chiarendo che è altro rispetto al matrimonio, perché no? Creati a immagine e somiglianza del Creatore, tutti uguali e ciascuno diverso, non è forse l’amore che esprime il mistero difficile e bellissimo della Trinità di Dio? Insomma, un Sinodo per dirsi e ricominciare meglio, da dove nei secoli si è perso della nitidezza del Vangelo. E che i cinque dei dubia si mettano ad ascoltare. Cosa che sembra proprio non stiano facendo. E non da adesso.      3 ottobre 2023
E per non lasciarci mancare nulla – Meridionali e africani definiti fannulloni? Un deputato si è sentito diffamato perché qualcuno gli ha chiesto conto scrivendo in un post che piuttosto di votare uno così avrebbe votato Paperino. Nel caso i giudici non gli hanno dato ragione, e dunque posiamo votare Paperino.
Lo stesso deputato imputato per diffamazione aggravata (insulti scagliati sui social contro Carola Rackete – “zecca tedesca”, “criminale”, “complice di scafisti e trafficanti”), è stato sottratto al suo giudice col diniego dell’autorizzazione a procedere da tutta la destra, compresi i renziani. Un abuso di potere incostituzionale, poiché l’insindacabilità copre solo “le opinioni espresse e i voti dati nell’esercizio delle funzioni”, non gli insulti sparati fuori delle Camere contro cittadini indifesi. Che possono essere querelati dal deputato, ma non querelarlo. Chi è? quello del Ponte.  

considerando – Cala ormai il sipario sull’estate. La più calda? Sicuramente calda, ma alla fine sopportabile, almeno qui da noi pedemontani. E questo basterebbe a dire che le fragilità sono sempre a misura d’uomo: a meno che caschino le dighe libiche cui non si è messo mano come avrebbero richiesto, spazzando via migliaia di morti da far impallidire la nostra tragedia del Vajont. Siamo nelle mani del destino; e accettiamo la parola, dato che sulle disgrazie è difficile dirsi nelle mani della Provvidenza. A meno che si voglia “difendere” Dio: da che cosa è esso stesso una primaria bestemmia. Se è palese l’impudicizia di chi maneggia, s’appropria, costringe a un’idea di dio che non è, che è morto da sempre. Quello loro. Ed è questa la differenza che fa delle persone di destra dei pericolosi senza Dio: perché ne pronunciano il nome invano. Di antico testamento come cultura, e tuttavia bestemmiatori del loro stesso ambito. Che rende difficili anche quelli di Chiesa, che più o meno velatamente fanno l’occhiolino a “quelli sì che stanno dalla nostra parte”. La nostra e la loro: una inscindibilità che il Vangelo esige, ma che non è nelle storie umane. Finisce l’estate: ma resterà, ambigua, quell’omelia su un potente del nostro tempo: a legittimare una simpatia amorale? e la concezione della rapina del corpo femminile ammantato di amore per la bellezza? Certamente no, nelle intuizioni, ma sicuramente scivoloso nel darsi come inno in una celebrazione che non voleva scontentare i presenti. Finisce l’estate con la buona notizia che ci sarà un seguito alla Laudato si’: ci ha indicato come prenderci cura della casa comune, ma non è mai abbastanza, deve aver pensato il papa, che pure, con l’altra enciclica, la Fratelli tutti, già ci ha avvertito: della terra ce ne prendiamo davvero cura, se la cura primaria va a chi questa terra l’abita. Che non sembra essere quel che avviene: esce di scena l’estate e purtroppo continua nelle nebbie dell’autunno l’incongruenza del mondo: sempre più guerra. e una delle cose peggiori, oltre le morti e le distruzioni, avere trasformato in guerrafondaio quello Zelensky che s’era presentato come un cavaliere di pace. Sempre più armi, prima carri armati, poi aerei, poi missili; e no a trattative se la Russia non si libera del suo dittatore, e così via in una escalation sicuramente guerrafondaia. (Persino il papa filorusso: e dire che il ricordo dell’Ucraina nelle sue quotidiane parole è di una insistenza che rasenta per qualcuno ormai il pleonastico!). Il Gott mit uns di tutte le epoche, il dio che è mio, che è di quei vescovi ucraini e russi che non sanno più essere con il loro popolo senza piegare il Dio di Gesù Cristo ai loro popoli. “Li chiamavamo i nostri fratelli musulmani, sì, perché volevamo che tutti fossero fratelli”. Lo dice Jean Marie, l’ultimo testimone di Tibhirine, sopravvissuto alla carneficina di monaci portatori di pace, per mano di integralisti islamici. È lo spirito che pura a ventisette anni di distanza imploriamo che spiri sui giorni che si aprono.

* E per non lasciarci mancare nulla. Bimbi afflitti da malattie senza nome, o bambini affamati, o bambini da aiutare a crescere. Messaggi ripetuti anche decine di volte in un solo giorno in tv. Cause ottime, dona 9 euro. Ma se come credo quella pubblicità costa, su quei nove euro chi mangia? I bambini?

È estate. Qualche spuntatina come si fa a chi ha i capelli aggrovigliati, tanto per alleggerirsi da alcune pesantezze di questa prima parte della stagione.
***   Tante frecciatine al papa che ha avuto da dire sugli attaccamenti agli animali. Dare o no il nome dei bambini a cani e gatti? Ma il nome di cani e gatti ai bambini? Vedi falco lupo gallo. Natura e umanità ormai imbastite inscindibilmente? Il Luna e Sole di questi due gemelli dizigoti; o camomilla a questa bimba neppure bionda. E che Filippo – diacono e/o apostolo – stia per amico dei cavalli e Melissa, santa monaca greca, un’ape che produce miele: e dunque può non esserci una sacralità congenita, ma il cagnolino dentro il passeggino di signora ancora non in età l’ho rilevato io prima ancora del papa. E facciamoci su tutto dell’ironia, con una lacrima.
***   Di queste ore: la strage di Bologna e quelli sono innocenti, dice un fascista che si proclama tale per negare la matrice fascista che sembra conclamata. E lo dice aggiungendo io non ho visto le carte dei processi (in eco a non ho letto i libri ma ho votato per lo Strega: dev’essere uno stile per quei camerati!) ma so che sono innocenti. Perché quel giorno F e M erano al bar con te? e allora dillo ai giudici. O impara la regola del silenzio. Quando il potere dà alla testa si perde la dignità. Tanto da acclararsi al martirio di Giordano Bruno; ma solo per un giorno. Poi le scuse: già, anch’egli tiene famiglia.
***   Oroscopi: c’è gente che ci vive. E anche riviste di tono ci cascano, e sennò vuoi contare quanti abbonamenti in meno? e intortano l’estate tra pesci e capricorno con richiami di questa portata: Dopo anni, vi riprenderete tutto quello che era vostro – Il destino ha una missione: ricompensarvi di tutto – Cercate di essere saggi e lasciate stare le vendette – Dite addio alle delusioni e seguite l’intuito – La fortuna premia chi pensa a se stesso. Affermazioni generiche in cui facilmente riconoscersi. E perdersi.
***   Una GMG accettabile persino da me che non credo a muscolari esibizioni della fede, forse perché intonate a Francesco e meno all’esuberanza teatrale di Giovanni Paolo o baroccamente all’eterodiretto Benedetto. E tra tante parole sentite spesso, una un po’ meno ma che potrebbe esserne il marchio: obrigado. In portoghese grazie si dice obrigado, termine che esprime non solo gratitudine per ciò che si è ricevuto, ma anche il desiderio di ricambiare il bene. È la parola per eccellenza di un cristiano: fosse dei giovani cristiani, il mondo finalmente prenderebbe un’altra piega.  
***   Questo mi fa scrivere del cambio necessario a che Cristo possa rivivere nella Chiesa. Restituire quanto si è ricevuto chiede di uscire dalle strettoie dentro cui si è confinata la fede. È tempo di rivedere i dogmi, per proporre la verità del vangelo. In barba a prelati che si difendono con le cappe di piccole verità fabbricate lungo i secoli a sostenere privilegi, clericalismi appunto. Quanto potrebbe Francesco? e quanto gli si permetterebbe? Ritornato ringiovanito dalle giornate a Lisbona, si rinfocolano le speranze degli inizi: Zagarolo continui a insegnare; e pace all’inquietudine di Morselli che ha ispirato, lui comunista e dunque eretico cristiano, la possibile svolta che conduce dall’immobilità della città alla generatività delle periferie. 
9 agosto 2023
per non lasciarci mancare nulla – a quelli che hanno trovato troppo criptico l’articolo precedente “non me tra i migliori”: molta autoironia, a cominciare dal titolo, e un po’ di rabbia per prelati che non sanno vivere il dono che hanno ricevuto; e certo con qualche loro nome sottointeso per lasciar loro qualche spiraglio di ravvedimento prima di chiamarli apertamente (Mt 18, 15-17).

non me tra i “migliori” – A sorpresa un concistoro per la creazione di nuovi cardinali, con diritto di voto in un futuro conclave. Tre dei ventuno no: messi lì per riconoscer loro non il massimo diritto nella cappella sistina a dare il là a un nuovo costruttore di ponti, ma a mostrare in loro una presenza benefica nel mondo variegato e difficile del clero cattolico. La loro provenienza, ha detto Francesco, esprime l’universalità della Chiesa, che continua ad annunciare l’amore misericordioso di Dio a tutti gli uomini della Terra. E l’inserimento dei nuovi cardinali nella Diocesi di Roma, inoltre, manifesta l’inscindibile legame tra la Sede di Pietro e le Chiese particolari diffuse nel mondo. E su questa inscindibilità è il grande avvertimento del papa gesuita: rivolto a quei cardinali non ancora esclusi dagli ottant’anni, e lì ad aspettare di sostituirlo con un altro che sia meno gesuita. Perché su questo sta la grande battaglia: le “stranezze di questo papa”, e non ricordare appunto che è un gesuita, della scuola di sant’Ignazio che costruì una compagnia di mercenari della chiesa, spregiudicati, adusi a tutte le battaglie difficili che gli addomesticati (mi prude un po’ sentirmi tra questi, ma insomma …) non sono chiamati per costituzione ad affrontare viso a viso. Il gesuitismo tanto vituperato dentro e fuori la Chiesa, sta dando i suoi colpi: che, poiché vanno a segno, scompongono eminenti eminenze che han colto l’insediamento cardinalizio come investitura a un possesso della verità, naturalmente la propria. La porpora mi dà diritto di mettermi di fronte al papa? o è il battesimo? e dunque anch’io che anche stavolta non sono nell’elenco dei “migliori”(!)? Ma sono i migliori per il purpureo delle vesti o per il rossore che coglierebbe una umiltà coltivata? E dunque la berretta andrà sulla testa di un bergamasco a Gerusalemme: perché frate? O perché in un servizio di attenzione in mezzo a intifade e reazioni spropositate che non raccontano la pace? Ma certo, se bergamasco doveva essere perché no un prete dei minori – non frati – di quegli addomesticati la cui unica traccia importante è il servizio quotidiano e più celato del Vangelo? Se state pensando che mi riferissi a qualcuno di comune conoscenza scrivendo bergamasco, vergognatevi: ma vi pare? O sì?                                                tra luglio e agosto 2023
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per non farci mancare nulla – Però quella nomina a vescovo del cerimoniere pontificio, no. S’era detto, caro Francesco papa, che finisse l’era dei segretari papali fatti vescovi (e non solo perché poi finiscono male – e si fa per dire, neh). Ma perché, accanto a tanti altri ascolti sui suggerimenti che da battezzato mi sono sentito di farTi (il migliore? ricordi tra febbraio e marzo del 2013 la Zagarolo della residenza a Santa Marta?) ecco qua una ricaduta nelle prassi curiali. Caro papa ad ogni vescovo una chiesa vera: tutto il resto è fuffa, e lo Spirito santo ne avrebbe da dire … supponendo che quei vescovi siano frutto di Spirito santo.

è morto – La notizia viene in mattinata, quando i giornali di carta sono già impediti di fare paginate. Ma domani? domani sarà un trionfo del paese che amo: la sua frase migliore, in mezzo a battutacce che nessuno ricorderà. Con le sue barzellette da bar, con i suoi amori vissuti e disconosciuti alla prova dei tribunali. Ma certo anche con il successo: sei miliardi, si racconterà, che forse accenderanno una nuova guerra tra i figli non dello stesso letto? Chi vivrà vedrà, ma speriamo di no. Così come vedrà, chi vivrà, i funerali di stato. E per lui, l’avevo già anticipato in un daQui, non vorrei essere nei panni del celebrante: che dovrà dire non dicendo, certo offrendo la misericordia del Signore, come è giusto per tutti. Anche se un popolo trafitto da televisioni che ne hanno abbassato il grado di criticità, è più di una vendetta al cospetto di Dio. Ma appunto non si dirà, sui giornali di domani: forse qualcosa a piè di pagina. Forse. Ma all’eccellenza manifatturiera che è stato il Silvio nazionale, poiché Dio perdona, forse che non si debba noi perdonare? È un gran dilemma. Anche se queste righe di getto vogliono essere condoglianze. Sincere. Scritte per non mancare al gran concerto che risuonerà per vie e contrade di quest’Italia berlusconiana. Righe ad esprimere partecipazione anche se con un po’ di distacco. Come è giusto, una specie di preghiera in suffragio, per ottenergli già da subito quella penitenza da purgatorio che lo renda fruibile per il cielo.    h 12 del 12 giugno del ’23

C.V.D. – Già, come volevasi dimostrare. A volte, e spesso in certi campi, la realtà è come la geometria: basta poco per comporre un teorema del tipo se questo mi dà questo … visto il funerale? visti i commenti a quelle parole del vescovo Delpini? visto come la destra si è infuriata e la sinistra ha storto il naso? Chi lo voleva beatificato (nonostante – e qui un pietoso velo sulle sue, e pur nostre, malefatte) e chi maledetto. Perché non fare come Feltri (la parentela con Berlusconi è perché gli si è detto riconoscente per averlo fatto ricco: un gran giornalista per la prosa facile, ma poverino!), che dichiara di non credere in Dio e che solo due metri di terra metteranno fine; e così impedendo a chiunque di portarlo in chiesa, a mettere in difficoltà il malcapitato a presiedere? C.V.D., appunto: ma converrete con me sulla inevitabilità per un’epoca senza Dio. manche senza una verità delle nostre liturgie? è qui  che casca l’asino.   24 giugno 2023, giusto dodici giorni dopo il “grand’evento” per digerirlo.

per non lasciarci mancare niente – Meno male che c’è Vecchioni: per lui Dio c’è. E io preferisco il poeta al giornalista. Non per la professione, ma per l’uomo che l’uno e l’altro è.

e ancora – C’è sempre da imparare. Ad esempio frequentando napoletani allarghi il dizionario dalla Toscana al Golfo. Così, “’a cazzimma”: chi non è napoletano come me lo sente per la prima volta e chiede spiegazioni. Ebbene, “’a cazzimma” è un neologismo dialettale molto in voga negli ultimi tempi, mi dice l’Esposito di turno. Designa la furbizia accentuata, la pratica costante di attingere acqua per il proprio mulino, in qualunque momento e situazione, magari anche sfruttando i propri amici più intimi, i propri parenti. Insomma. è l’attitudine a cercare e trovare, d’istinto, sempre e comunque, il proprio tornaconto, dai grandi affari o business fino alle schermaglie meschine per chi deve pagare il pranzo o il caffè. Una furbizia del privato e del pubblico. Si direbbe del politico, se non fosse che quanti stan saltando sul carro della destra meloniana prima o poi lo faranno rovesciare (e noi a sghignazzare? boh!). Ma si dica di ogni invenzione che non sia frutto di lealtà. Sempre ad esempio: bisogna mangiare solo italiano, parlare solo italiano, sposarsi solo tra italiani. È bene avviarsi alla democratura visto che di democrazia non si sa vivere. E se poi i conti degli avvocati vengono minimizzati in notule? È furbizia?
Ma c’è anche il lato apparentemente ottimista, apparentemente: se nella Chiesa, la nostra, ci si avvale di proiezioni, di ipotesi, così tanto per sfuggire al presente pessimista di battezzati che non sanno che farsene di sacramentalizzazioni. Qui da noi. E si guarda con uno sguardo lungo, per sottolineare la ricca spiritualità dell’Oriente, anche se poco ha a che fare con la carnalità dell’Incarnazione; si guarda alla fede cristiana maggioritaria in America latina, anche se dispersa in rivoli non proprio evangelici. Si indebolisce a ritmi accelerati in Europa e America del nord? è ridotta al lumicino in Medio Oriente, dove nacque il Signore e da dove la fede sè diffusa? Sì, ma guarda alla crescita in Africa e in Asia, che è anche Cina: vedi anche Corea del sud, anche Filippine, e a macchia di leopardo in Giappone e in India. Appunto: la furbizia, questo sfuggire dalla faccia della realtà per non pagare il prezzo di un fallimento della predicazione del vangelo qui. Perché non si racconta più il cristianesimo delle passioni, dell’uomo e per l’uomo. O perché non paga più l’essere un testimone cristiano. Una inchiesta del Times rileva che il cristianesimo sta diventando un impedimento all’ascesa di una persona ai livelli alti della società. “Chiunque tenti di sposare gli insegnamenti cristiani tradizionali nell’ambito di un moderno studio legale, banca o società di consulenza, si vedrebbe messo alla porta”. Non c’è coincidenza con il mondo di oggi, affaristico e spietato? Ebbene, si può vivere di patate, ma non di ‘a cazzimma spirituale. Di quell’arte di sfuggire al meglio, all’adattarsi al peggio coltivando ormai l’indifferenza a una lealtà verso se stessi. Anche per questo quanto più Francesco fa apparire il Vangelo nella sua nudità tanto più scatenerà le potenze avverse contro di lui e contro la chiesa della quale è al servizio. E come lui quanti affermano il Vangelo integro di Gesù. Come ogni uomo e donna, il cristiano ha difetti, un carattere che può non piacere, ma è l’uomo fragile e limitato che va giudicato solo per come annuncia il Vangelo senza “accomodarsi fuori”, senza fuggire, senza rifugiarsi in ‘a cazzimma. Mai, possibilmente, o uscendone, semmai.    3 giugno 2023
per non lasciarci mancare niente – narra un giornale tedesco che il già segretario del papa Benedetto sarebbe “esiliato” in Germania: una punizione? eppure lui dice di non avere mai mancato alla fedeltà del regnante pontefice, naturalmente se si eccettua il libro qualche ora dopo la morte dell’Emerito dal titolo “null’altro che la verità”, un attacco proditorio a pp Francesco. Ah, i segretari!

senza preti. Tanti temi, nel mondo che vive. E il difficile scegliere fa rimandare. Così da pensieri sui massimi sistemi, si va verso territori più “umani”. Che non è detto non sia meglio. Anzi. Perché umano è interrogarsi su questa nostra Chiesa che, in assenza di preti, sta sempre più restringendo se stessa, mentre pretende di arrivare ovunque, comunque. Scherzando un po’ ma intendendo seriamente, ricordo spesso che le chierichette hanno sgomitato tanto da non aver più maschi a servire l’altare. Quello che succede agli Anglicani, ma tra i “Chiericotti d’alto bordo, preti e vescovi, chiamati così ma con poca analogia con i nostri, a parte le vesti liturgiche ancor più suntuose delle nostre: come si è potuto vedere dallo sfarzo dell’ incoronazione del re. Con quei vescovi-donna che davano l’impressione un poco dell’anatra zoppa (ma questo a me di liturgia cattolica, e non per un senso macho, ma solo estetico, se concedete un linguaggio schietto, se pur scorretto secondo i canoni del bon ton femminista- mah!). Dunque, pretende comunque di arrivare ovunque. E allora cinque parrocchie a un solo parroco. Ma orari e appuntamenti come se l’accorpamento non esistesse. Stare conni propri parrocchiani? Ma se devi fare nella stessa mattinata di domenica tre messe a cinque dieci km l’una dall’altra, il sagrato come incontro te lo sogni. Per essere di tutti, si finisce per non essere di nessuno. Una soluzione introdurre finalmente le donne nel sacramento dell’Ordine? Anche qui con linguaggio scorretto: si pretendono mogli ai preti per “correggere” la pedofilia: come se l’aberrazione di tale inclinazione fosse correggibile, come se violenze di tal genere non avvenissero dentro le famiglie in percentuali ancora peggiori. Le donne- preti non sono un diritto (è scorretto? ditelo a una lettura teologica della vocazione cristiana così come il Vangelo suggerisce: Maria, il grembo di Dio, Maria l’evangelizzatrice della resurrezione). A meno che si situi la parità tra maschio e femmina in quel crinale – ed è quel crinale – che è il potere. I maschi, preti e no, hanno un potere e lo esercitano spesso male. Ma si può servire – il verbo evangelico per eccellenza – senza necessariamente essere “al potere”. Accettando le differenze, si promuove la ricchezza. Meno preti, e certo è grave. Ma la soluzione sta nel rivedere dogmi o prassi su cui abbiamo pensato di defisse l’essere cristiani. Un’Eucarestia che non sia un precetto, ma una bellissima opportunità, e dunque non eucarestia tutte le domeniche, ma tutte le domeniche un incontro per l’ascolto della Parola del signore e per comunicare in sua memoria. Laici preparati a presiedere, diaconi finalmente resi protagonisti in forza del sacramento che hanno ricevuto: comunità finalmente responsabilizzate, per raccogliere re accogliere in servizi di carità e di consolazione. Una chiesa che s’allarga non per ruoli, ma per domande cui dà risposte puntuali: diverse da ieri ma promettenti pe il domani. e nel segno di un Vangelo ancor meglio riletto. [Rileggo e vedo che sono scivolato nei massimi sistemi, pur volendosi per questa volta starne lontano. Succede. Forse perché tutte le stelle, grandi e piccole, sono intrecciate tra loro].    12 maggio 2023
Per non lasciarsi mancare nulla – Se la prende con il me-too che cerca di far emergere soprusi sessuali di uomini di potere verso attrici di primo ciak; e lo fa dicendo che quelle parlano solo per farsi pubblicità. E poi, nella stessa intervista, dice dei propri soprusi, che preti di collegio avrebbero inflitto a lui. E, coerentemente, non si capisce se lo dice per farsi pubblicità, lui.  Due pesi e due misure. O solo un trombone teatrale, il barbaro che calca la destra?

Compagne/i, e non sono comunisti – Non sono per l’orso morto o solo accantonato. Ma su qualcosa bisogna pur dichiararsi: ed è così ovvio, che mi viene da ridere di me stesso mentre scrivo. Anche se c’è poco da ridere. Stiamo (=stanno) sistemando la Chiesa. Non dico dove né come. E qui non mi dichiaro, perché sento che le ferite di alcuni richiedono tutto il tempo di cicatrizzarsi. [Però: convocato in udienza il 13 settembre 1927, lo si vide uscire dall’ufficio del Papa senza zucchetto né anello né croce pettorale: era entrato cardinale e ne era uscito prete (infatti non aveva mai ricevuto la consacrazione episcopale, non necessaria per i Principi della Chiesa finché questa disciplina fu riformata nel 1962, da quel santo di papa Giovanni che purtroppo ha così dato il là a una pletora di vescovi senza chiesa); e pensare che fu proprio lui il protodiacono che incoronò lo stesso Pio XI nel 1922. Il padre Louis Billot si ritirò a vita privata nel noviziato di Galloro, dove morì di polmonite. Naturalmente non c’è da aspettarsi che qualcosa del genere possa avvenire per qualche odierno cardinale. Anche se …]. Di solito mi sforzo di seguire la regola di non oltraggiare il silenzio su ogni cosa. Ma su qualcosa non riesco più a tacere. Se ne va della credibilità dell’immagine che la Chiesa dà di se stessa. Secondo me. O esagero? come direbbero i soliti laudatori del tempo presente per il “mondo che ormai è cambiato, te ne devi rendere conto” (e dicendomelo non si riferiscono solo a cellulari o smartphone con relativi scambi di piatti in tempo reale seppure in modo virtuale). Che se la loro propensione a giustificare avesse la saggezza del papa che dice “non essere questa l’epoca dei cambiamenti, ma il cambio di un’epoca” io saprei ancor più convincermi che il mio disagio è giustificatissimo. Un cambio di epoca? Dunque un cambio di sguardo e di comportamenti da certificare. In breve: non mi sono mai augurato di essere, in quest’ultimo decennio, nei panni di parroci che debbono celebrare i funerali di chi ha un compagno, una compagna, al posto di un marito o di una moglie, nei banchi accanto alla bara. E non perché non possa darsi in pura coscienza. Ma perché occorre comporre nella verità di quel che si vive: poiché chi sta lì sa che nella “teoria” della chiesa questo non si dà. Ora. E dunque come può un prete dire senza dire, annunciando la Parola del Signore? che potrebbe sì collimare con il vissuto del defunto, ma non con quello che lì si rappresenta secondo i dettami ecclesiastici? Una Chiesa che si attorciglia su se stessa per permettere o no di accostarsi all’Eucarestia a chi si è dato a un secondo matrimonio; e poi celebra con monsignori romani funerali di chi si è fatto almeno tre “compagne” e a volte senza neppure il sigillo di un riconoscimento civile? Botteghe teologiche di morale da rifare? Certamente, e presto. Per non condannare all’ipocrisia tanti poveri preti di campagna e no, richiesti di celebrazioni che stridono, queste sì, con la dignità umana: e di chi viene funerato e di chi presiede quel funerale. Forse l’ho già scritto, ma qui può esemplificare. A me è successo di celebrare per un suicida ottantenne: l’accenno alla misericordia del Signore che accoglie l’imperscrutabile umano, e la rabbia di nipoti “che non si doveva dire”. A parte che la cosa era risaputa da tutti quelli che stavano lì, ma la mia dignità nel voler dire parole vere? e la dignità di quel defunto riconosciuto in una fragilità che rendeva ancor più pregevole una vita stimabile? Che Chiesa è quella che non sapesse finalmente dire una parola nuova sul nuovo modo di concepire l’esistenza di persone che pur vogliono vivere di fede cristiana? ed esserne comunque riconosciuti pienamente?   22 aprile 2023

dieci anni / Non sapendo più a quale santo appellarsi – santo del loro comparto, e cioè quegli anacoluti spariti persino dal calendario liturgico, e tuttavia tenuti in serbo nei loro messalini! – adesso invocano il silenzio. Ci hanno provato fin dall’inizio, avendo contato in piazza san Pietro ben ventidue persone in meno all’ascolto dell’Angelus rispetto al loro papa, che certo era il precedente; e hanno continuato con quella serie di invettive in tono accorato ma giudicante in maniera irrevocabile, aiutati da cardinali imporporati per nulla dalla vergogna; e non si rassegneranno, statene certi fino alla fine di questo pontificato. E dunque, ora sono arrivati a prendersela con chi racconta i dieci anni con gioia. Come vi permettete? Già fin dall’inizio, presentandosi vestito solo della talare, quel 13 del 3 del 2013 (tanti 3? Possibile che non si siano ancora afferrati alla numerologia per confortarsi della loro ripulsa per questo papa? Che tra l’altro si prende anche lo sfizio arrogante di darsi il nome di Francesco?).  Che cosa stava rifiutando? Forse l’inutile, direste voi? Ma non diteglielo, per carità cristiana: stanno ancora oggi leccandosi le ferite, come non si vergognano di scrivere in questi giorni.  Neanche un dubbio che potesse essere volontà del Signore quella scelta. E dicono di credere allo Spirito Santo: ma solo se lo Spirito fa quanto loro si aspettano. Così, più o meno apertamente, aderiscono a quel sede-vacantismo che per i credenti dovrebbe risultare del tutto improbabile per una comprensione autentica della chiesa cattolica. Ma tant’è: benedetto sia papa Benedetto nei secoli dei secoli; ma quello sgarbo del lasciare non ce lo doveva infilare, se l’eredità doveva essere di questo papa. Che chiama alla gioia del Vangelo? che bada alle persone più che alle rigidità morali? che s’imbarca in invettive contro il vissuto di tanti credenti maldisposti? Già: parole che sicuramente gli vengono anche dalla pancia, e sembrano non essere molto educate a quello stile sommesso, prelatizio appunto, proprio dei palazzi apostolici. Ma lo si capisca – è piemontese nelle radici: li vedete i simbolici baffi alla Vittorio Emanuele secondo?; trapiantato in Argentina, e i lazo nella rincorsa delle bistecche che saranno? – vive in un albergo di contenute stelle, abitato dai rumori dei troller di chi va e di chi viene, di chi vive la quotidianità in gioie e conflitti, domande e dolori.  Ci è stato dato un papa autentico, un uomo con difetti e con tanto pelo sullo stomaco. Ma non può essere una buona definizione per i detrattori: un papa così? ma quando mai. Eppure sono dieci anni che vive nel servizio petrino: per noi e per nostra salvezza intercedendo al Padre: sia, solitario, nel buio piovoso di quella piazza piena di assenze in quella notte carica di tragedie, sia nelle stanze segrete del suo ministero orante. Francesco osa essere un servo del Signore, un cristiano obbediente al Vangelo, un esperto di fragilità umane, un uomo che non ha paura dei potenti. Ci è stato dato: prendetelo e ringraziate.   13 marzo 2023

per non parlare di … – Per non parlare della guerra, e di Zelenski che vuole sempre più diventare come Golia, non accontentandosi della fionda; e senza diventare io putiniano, Dio ce ne scampi e liberi. Per non parlare dunque dei trecentomila morti, sommati a tutt’oggi nelle due parti: che, al confronto dei cinquantamila del terremoto, gridano vendetta a un Dio che non è né ortodosso né comunque cristiano. Per non parlare della siccità, della mancanza dell’acqua dal cielo, che da meteopatico soffrivo già otto mesi fa; e dunque per non imprecare contro i sudditi acritici del sole che non mi hanno seguito nella mia voglia di nuove rogazioni ad petendam pluviam. Per non parlare di, scrivo del Nicaragua. E certo per raccontare di quel vescovo imprigionato per essersi rifiutato di andare in esilio con 222 connazionali imbarcati su un aereo, almeno non per essere precipitati  nell’oceano, come già successo nelle dittature di quelle parti, ma per essere scaricati in altra America che nemmeno gli dà certezza di patria. Le cronache dicono, in rapida sintesi, di un processo contro cristiani, preti laici e quel vescovo, che da quattro anni denunciano; e la condanna per tutti, e l’espulsione dal paese; e i ventisei anni di carcere per il vescovo Rolando, a seguire il rifiuto di accettare la “grazia” dell’esilio. Un vescovo che preferisce rimanere a testimoniare la sua resistenza a quel dittatore che fin dagli anni settanta sta lì a “liberare” un popolo prima con derive sovietizzanti e poi con un populismo senza democrazia.  Ma se l’occasione è la resistenza di quel vescovo, parlo del Nicaragua per altro. Che poi altro non è. E dico di un mio compagno di messa che finisce nella prima rivoluzione di là: volontario a prestare azione e sostegno ai Contras, guerriglieri contro l’oppressione di tal Somoza, satrapo sanguinario. Uno dei tanti preti, l’Ubaldo, partito da qui per unirsi alla Chiesa di là, partecipe delle magnifiche sorti e progressive dell’avvenire. Certo una delusione: qualche anno, e vedere passare da una dittatura a un’altra. Il ritorno degli esuli è triste. E lui, quel mio compagno di studi e di ordinazione, segaligno nel fisico a raccontarne l’animo, che ora guarda alla persecuzione di una Chiesa, la cattolica, impedita, ed è di questi giorni, di fare processioni nei venerdì di quaresima; e tanto più nel venerdì santo, quando da sempre per quei popoli il Cristo morto è icona della loro voglia di resurrezione fin da questa terra. L’amaro dei giorni: la prepotenza che ti illude, la violenza che uccide. Da oriente a occidente, da quest’Europa antica per fede all’America giovane ma già rinsecchita.  Per non parlare di, si finisce per parlarne comunque. Abbiano il nome di Putin o di Ortega, dentro o fuori i propri confini – là dove non si accetta che “sì, i frutti della terra sono di tutti, ma la terra non è di nessuno” – si ripete lo stesso lugubre suono di armi o di catene. Una umanità che s’imprigiona. Ce n’è per pregare.     24 febbraio 2023
E per non farci mancare nulla. In gran Bretagna come qui da noi, l’appartenenza alla Chiesa conferiva uno status. Adesso si è derisi come bigotti scrive il Times, in una nazione post-religiosa, dove il numero dei non-credenti ha superato il numero dei credenti di tutte le fedi religiose messe insieme. Dio è morto. Per tanti.

divisivo o evangelico? – Qualche anno fa, in risposta a uno scritto di tal Socci (che nelle cronache future finirà a piè di pagina in una nota poco encomiastica) ,sapete, è quello che si è attaccato a una prima sconsiderata soffiata di un cardinale reduce dal Conclave, per dire che lui, l’eletto, non è Francesco, non è papa – che già scriverlo ti dovrebbe almeno farti chiedere ma chi ti sei? – solo per aver ripetuto, i conclavisti, una votazione a seguito di un conteggio errato; insomma volevo scrivere un pamphlet in risposta appunto intitolandolo È Francesco. Non ne feci nulla, preferendo, da qui, siglare note man mano che la marea, e si sentiva che sarebbe cresciuta, avesse portato a riva le proprie scelleratezze. Che è appunto quello cui stiamo assistendo: e non più con ciellini sfiancati o vaticanisti infastiditi (quel signore che il giorno dopo dei figli che si fanno responsabilmente, e lui che ne aveva otto o nove si è offeso: perché?!) ma con cardinali che parlano e scrivono in nome di una permalosità che non ti riesce facile permettergli. Anche se umani, come tenta di scusarli qualcuno dei buoni. Lettere post-morte, libri, interviste: il rosso della porpora messogli addosso per spronarli al martirio, e lo usano come il drappo in un’arena di tori. È vero: un papa così non è facile. Solo quattro anni dopo la sua elezione, esce un documento negli Usa e poi in Europa che lo accusa di eresia: tutti di estrazione lefebvriana, preti teologi giornalisti proclamano che ha dato scandalo al mondo in materia di fede e di morale con la Amoris laetitia e altri scritti. L’intento è chiaramente strumentale: si inchinano alla fine del documento al sacro bacio chiedendo benedizione, e lo intitolano Correzione fraterna. Ma il puzzo di ipocrisia è troppo forte: che esca giusto quattro giorni dopo che Francesco ha dato il benservito al cardinale prefetto della congregazione della fede che guarda caso comincia a tradurre i suoi sussurri in aperte scontente valutazioni, e che ora pubblica le sue riserve sul papato …  Avete sentito quel che dice e scrive: grave dolorosa è la ferita inflitta agli amanti del latino, con le restrizioni imposte da Francesco a scorno dei suoi predecessori che l’avevano permesso. Naturalmente al cardinale non viene da chiedersi il perché l’hanno permesso, e a qual fine (anche se a Benedetto, lo si deve riconoscere, quelle messe in latino piacevano proprio); e neppure ha letto (o non ha letto? o non ha capito?) i motivi esposti in una lettera ad hoc: lì non era più questione di latino, ma di fedeltà alla Chiesa che si è pronunciata in Concilio. Non basta: ma se sono ammessi altri riti, perché non quello voluto dai tradizionalisti? dice. Che è come dire agli ambrosiani che sono eretici o scismatici o quel che sono come è indubbio ormai per i lefebvriani. Povero cardinale a cui qualche amico dovrebbe dire: adesso taci, per il tuo bene, per la maggior gloria di Dio e la miglior salute tua. Sì, Francesco non è un papa facile: anche lui umano. Per accelerare quell’Ecclesia semper reformanda non è stato sul passo prelatizio che ha scambiato la prudenza con gli standard di sempre. E neppure ha tenuto in gran conto la difficoltà di tanti preti nel tenere il suo passo pastorale, spirituale. Modificare abitudini? Persino il suo stare a Santa Marta invece che nel Palazzo apostolico, non è facilmente digeribile per i tanti che pensano la dignità come una altezza. Nonostante si sia creato un Consiglio di nove cardinali (e anche lì dentro un qualche Giuda che scrive lettere da pubblicare dopo la propria morte – ed è stata pubblicata, e definisce questo papato un disastro) l’impressione dei più è che stia governando da solo. Ma forse questa è la condanna di chi si vuol mettere davanti per indicare un cammino difficile. Non mi inchino al sacro anello – guarda che non si usa più! – ma chiedo benedizione a lui cui si è un poco spento quel sorriso degli inizi che, ho scritto m’era piaciuto tanto.   28 gennaio 2023

Cose tante in questo volger dell’anno. Tra luci nevrotiche, ma non solo per vero, la morte di un ex-papa: della cui grandezza ho scritto al tempo della sua rinuncia. Per cui, avverto, quel che seguirà non vorrà diminuire, ma semmai più sottolineare lo specifico che è stata la sua presenza nella Chiesa. Se fate notare a qualcuno il bellissimo tempo uggioso, in cui nebbia e pioviggine hanno segnato alcune poche giornate, vi vedrete guardati male: gli amanti del sole anche se pallido, loro lo preferiscono comunque; a scapito di quel gelo che ristorerebbe terreni e corpi, e che manca a quest’inverno caldo oltre ogni misura di benessere. Anche se – il rovescio della medaglia – ci si sta augurando che continui a beneficio delle bollette del gas: per ricordare che di ogni cosa le scuole di pensiero sono sempre almeno due, se non quattro. Tante cose: per esempio scoprire che Benedetto ha avuto una sua corrispondenza con quell’odi-freddi cui io debbo una antipatia viscerale, da quando l’ho scoperto ateo professo di basso bordo, oltre che anticlericale da quando ha visto difficoltosa la strada a diventar papa e si è dimesso da chierichetto. (Ricompongo suoi irridenti appunti: ma solo per rammentare a quelli che rinfacciavano a Bergoglio la sua corrispondenza con Scalfari, che le intese con i “nemici” non sono accettabili per qualcuno e non per altri: e almeno queste son fatte da eminenti ecclesiastici. A differenza, ma lo devo scrivere?, di altri ecclesiastici che le loro intese le hanno con chi commercia sugli scandali!). Cose tante: anche di segretari beneficiati dell’episcopato (manco fosse una medaglia e non la successione apostolica!) e poi mostrano chiaramente di non esserne all’altezza, nonostante si vestano ancora oggi con pizzi vari. Chi? l’uno che a funerali non avvenuti del suo ex-capo lancia una coltellata a papa Francesco per la risoluzione che finalmente richiama all’unità della lex orandi che segna la lex credendi: che altro può fare un papa che si accorge di chiare deviazioni, se non richiamare che si crede come si prega? E lo dice in linguaggio ecclesialese, ma sarebbe più chiaro anche per il tedesco se avesse scritto: non è questione di latino sì o di latino no, il fatto è che voi non accettate il Concilio e dunque il sentire della Chiesa di Cristo. L’uno oggi a richiamare quell’altro: che invece se l’è presa con Benedetto il giorno delle sue dimissioni: dicendo che il suo Woytila non sarebbe mai sceso dalla croce: con quale finezza, l’uno e l’altro, ti chiedi; non hanno imparato dalla vicinanza a due Grandi? E sono vescovi, anzi arcivescovo uno e cardinale l’altro: e poi non sbotti in un ma che Chiesa è? E tuttavia starci dentro perché la si ama nelle sue pochezze, sapendo comunque la ricchezza che ti dà: in libertà – molto più di quella che il mondo pensa; e in verità – sull’essenziale che tocca alla vita. Farsi domande inutili è fondamentale: ad esempio sulle teorie dei quanti e sull’esistenza di Dio. Ma anche sulle proprie capacità di sopportazione del difficile che gli altri si inventano? perché no? Basta solo alla fine avvertirne il limite e saperci sorridere sopra.  5 gennaio 2023

E per non farci mancare nulla: pubblicità televisiva, le foto accostate della suora canterina, prima e dopo, con la scritta: mi sono potuta truccare. Il mio gusto estetico dice: molto meglio prima, e non è deformazione professionale.

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