Leggete qui. Inutile che in clima ferragostano, nell’attesa di un buon temporale che si protragga per qualche giorno, mi sforzi di dire con altra prosa quanto ha pensato per me (e spero per voi) il direttore del giornale L’Avvenire. Un giornale di parte, dirà qualcuno. Bisognerebbe però stabilire una volta per tutte che i salvini stanno dall’altra parte. E trattarli come tali rispetto al Vangelo.
Il buon Salvini e il suo sosia-di Marco Tarquinio, 13 agosto 2015 – Qui registriamo due notizie, una bella e una brutta. E i lettori ci perdoneranno questa amara non-barzelletta. Prima la notizia bella. Al culmine di un agosto insonne per la preoccupazione circa la sorte degli italiani in difficoltà economiche e per gli anziani soli, il segretario della Lega Nord Matteo Salvini ha deciso di dedicarsi alle mense per i poveri e alla distribuzione di pacchi viveri e di vestiario attraverso le “reti” di persone costruite ogni giorno dalla Caritas e dal volontariato cattolico. Naturalmente Salvini sta agendo rigorosamente in incognito, come si addice a un politico che non cerca notorietà a buon mercato e rifugge dal battutismo. E questa umile discrezione fa sorvolare sul fatto che il gran capo leghista non voglia neanche avvicinarsi a persone povere che non abbiano almeno due nonni su quattro di origine celtica. E ora la notizia brutta. Un petulante e iroso sosidel segretario leghista, ha preso subito il posto di Salvini e, prontamente affiancato da altri esternatori politici, ha deciso di regolare definitivamente i conti coi poaréti foresti (come il vescovo di Vittorio Veneto, Corrado Pizziolo, chiama i richiedenti asilo d’Africa e d’Asia, accomunandoli nella stessa predilezione cristiana ai poaréti nostrani). Ha preso di mira loro e, ovviamente, i pastori di una Chiesa che si preoccupa di accogliere e sostenere chi è nella debolezza e nel bisogno, dando una mano, anzi due, allo Stato che in tanti suoi servitori e, grazie a Dio, anche in alcuni lucidi esponenti politici di diverso orientamento mette a sua volta in campo un po’ di saggia visione del futuro e una dedizione ammirevole. Una Chiesa che però – il sosia di Salvini ne ha trovato le prove in un paio di affreschi e una dispensa di storia a puntate – venne fondata da pericolosi migranti dal Vicino Oriente e che da duemila anni si ostina a predicare e a cercare di vivere il Vangelo e a proporre la via della fraternità e delle Beatitudini a tutti, ricchi o poveri che siano, qualunque storia, lignaggio e – ohibò – color di pelle abbiano. Ce l’ha in particolare, il sosia, con il segretario generale della Cei, il vescovo Galantino. E conduce, sempre il sosia, la sua polemica con la stessa volgarità che mesi fa, prima del generoso e segreto cambiamento agostano, valse su queste colonne al vero Salvini l’appellativo di «parolaio verde». Allora, l’originale capo leghista aveva preso a dare lezione ai vescovi e persino al Papa. E proprio sui poveri. Quelli di cui ora invece il buon Salvini si occupa durante le sue ferie di politico, in segreto, fianco a fianco coi preti e i laici “cattocomunisti” (come li chiamava e come non li chiama più: vincenziani, santegidini, ciellini, neocatecumenali, msacchini, scout…) che chiacchierano poco e nulla, ma fanno molto. Qualcuno a questo punto avrà magari sorriso, sia pure senza allegria. Queste notizie sono in realtà una sola: c’è chi blatera e insulta per pessima politichetta e c’è chi si spende. E quelli che niente di serio fanno (e cercano per di più di avvelenare il cuore degli italiani) se la prendono smodatamente e odiosamente con coloro che invece fanno la cosa giusta e con chi, come i vescovi, la nostra bella e solidale gente motiva e difende. Si può rispondere solo coi fatti, stando con più gioia accanto ai poveri. Che non hanno quasi mai il passaporto in regola e sono tutti uguali e tutti speciali. Perciò non si possono usare, soprattutto non gli uni contro gli altri. Chi ci prova – che creda o no in Dio, che riesca o meno a tacitare la coscienza – presto o tardi ne dovrà rendere conto.