Mettete una trasmissione televisiva del sabato pomeriggio. I bambini sono naturalmente ancora alzati. Tre di un gruppo musicale sono intervistati in una chiesa sconsacrata: voce impastata, profusione di metallo sulle orecchie e sulle mani, e occhi naturalmente nascosti da lenti scure. Giovani che appartengono dunque alla normalità del look contemporaneo, da Brindisi a Berlino. Intervistatore che s’affanna sull’intelligenza: come la mettete con la religione? Dicono che nel loro albergo ci sta una setta (forse di cattolici) che fanno cori religiosi tutto il giorno, e loro fanno musica profana in una chiesa: bello, no, in un tempo di ribaltoni? . Non saranno certo

 i catechisti a dire che male c’è, non c’è sesso, non c’è violenza, averne di trasmissioni così, che avvicinano i giovani ai grandi temi; magari un po’ sullo sbagliato, ma almeno si parla di religione. Non lo dicono i catechisti, ma molti cristiani sì: e cristiani della domenica, non quelli che molto sguaiatamente si sono costruiti da sé la professione dei credenti non praticanti.

Non ci sta che ci sia ancora una religione codificata, si prende un po’ qui un po’ là, il meglio che risulta, dove capita. E così, di rosicchiamento in rosicchiamento, ancora un poco e l’oceano può arrivare a stroncare le resistenze delle ultime falesie che tengono su la Chiesa. La Chiesa, il cristianesimo o la cristianità? Basta poco a confondere le cose. Un titolo di giornale, ad esempio, che ingenera confusione (volutamente? per ignoranza?) scambiando Chiesa con cristianità, e decretando così l’impossibile fine della prima: e attribuendo la sentenza al vescovo scrittore del libro recensito.

Fine della cristianità? Ma quale? Ma c’è mai stata un’unica cristianità? Se riferita al solo culto cattolico esteso universalmente da Roma a Cartagine, sì. Ma se cristianità è anche cultura, inculturazione, incarnazione di luogo e di tempo, dunque civiltà, no. Sono sparite le Chiese gloriose dei primi secoli, le Chiese di Cipriano e di Agostino, quando è finito un modo di concepire l’esistenza umana che accoglie il cristianesimo. Sparendo, non si è dissolto il seme trasportato dal vento dello Spirito su altri terreni: finché l’evangelo, pur nelle povertà degli uomini, è predicato, le porte degli inferi non prevarranno contro la Chiesa. Questa è sacrosanta dottrina. Ma non impedisce che stiano emergendo angosce grandi, generate dalla paura che con la sparizione di un modo di Chiesa – quella in cui viviamo, qui, nell’Occidente cristiano – possa sparire la Chiesa. È una impaurita argomentazione indotta dal sentire comune: che decide quali cose e quando e come assumere, e quali abbandonare; che distacca la morale dall’annuncio, non possedendo più il nocciolo dell’annuncio. Si formano cristianesimi senza sacramenti, attenzione ai poveri senza carità, pacifismi senza pace, senza il Cristo che la sa dare. È il radicale problema della fede, che è chiamata a pronunciarsi in una società non più cristiana in termini sociologici. Il grido di alcuni vescovi, per chiese prive ormai di giovani, non è da sottovalutare. Ma è esso stesso che rivela il dove cercare i rimedi: non certo sui polloni non sbocciati, ma sulle radici che non hanno attecchito o si sono disseccate. Dunque, una cristianità che si è interrotta. Non sempre le cause stanno nella malevolenza degli uomini, di Chiesa o non, anche se il maligno lavora sempre nel campo che non è suo. Le svolte epocali portano con sé chiamate a novità di vita: a modulazioni dell’annuncio – sempre lo stesso, sempre attinto al deposito della fede apostolica – che s’attagliano al nuovo ascolto. Che è ben più che udito: è occhi, piantati sulla coerenza tra il necessario che si predica e l’effimero di cui si soffre a staccarsi; è mani, affidate all’unicità provvidenziale del Padre che sta nei cieli; è bocca, che dice la verità ultima riconoscendo le verità dell’uomo contemporaneo; è fiuto del bene che si disvela a partire dalle conoscenze nuove, che possono liberare da griglie etiche che hanno imposto fardelli non evangelici.

Senza fondamentalismi acritici – ma anche senza modernismi di maniera – si deve rischiare di perdere quello che sembra eterno, ed è solo idolo. Per trovare le cose nuove contenute nelle antiche. Perché la Chiesa riedifichi una cristianità più sobria, più rispettosa degli altri, e più sicura dei propri passi verso la resurrezione: una cristianità certamente più vera, se appartiene all’oggi di Cristo nel mondo.