Se hai avuto una settimana di immersione nella Parola, accompagnandoti nel silenzio a monache claustrali; se hai chiuso orecchi e mente a quanto nel frattempo è continuato a succedere oltre le mura del monastero; se, insomma, hai avuto possibilità di un digiuno salutare dello spirito, in quella disintossicazione indispensabile a scovare la serenità degli dei; se questo ti è stato dato, non puoi che ringraziare. E infatti. Se però i primi muri che vedi, nel tornare a casa, non fossero tappezzati da quei sì e quei no che ti aspettano al varco di una gabina elettorale… I manifesti sono dati per informare. Questi non informano. Soprattutto – spiace dirlo per chi lo voterà convintamente un no dopo essersi altrove informato – quelli del no disinformano. Perché chiamano ad altro rispetto a quanto è richiesto da questa tornata elettorale. Mandare a casa il governo è lecito, talvolta doveroso: ma non è questa la volta. Ma se sei un esodato ancora non rientrato nei parametri pieni che ti aspetti; se sei uno che pensava di andare in pensione tra un anno e invece deve aspettare un po’ di più; se hai preteso dalle banche dell’Etruria di avere interessi impossibili, e adesso ti trovi coinvolto nelle loro crisi (a cui hai partecipato anche tu con una certa tua avidità, ammetti?); se hai un familiare padano o pentastellato che perderebbe il posto nella cancellazione dei senatori; se hai fumo negli occhi per la misurazione delle banane imposta dall’Europa ai tuoi gusti: se per tutto questo dai la colpa al governo e con il tuo no ne vuoi la crisi – come ti invitano a fare i muri degli ipocriti – sappi che non è questa la votazione. Sappi che giocano sui tuoi risentimenti, che hanno il gorgoglio della pancia sociale, e mai su quel piccolo mal di testa che accetti volentieri purché sgorghi dal consentirti di ragionare. Perché tante bugie, e soprattutto la bugia che ti svia dalla ragionevolezza? E perché entrare nello stagno delle nostre passioni pur di ottenere quel che risulta utile a sé, a un consenso che non promuove ma distorce? L’inganno è diventata una virtù? In politica è ormai così, e negarlo è darci ragione sul fatto che la democrazia non sta più nelle stanze di certi capipopolo. Perché democrazia è libertà nella verità, o non è. Una democrazia che, nelle sue distorsioni, entra pure nella Chiesa. Avere dei dubbi sui pronunciamenti papali, è lecito. Purché siano dubbi sinceri: e non sottigliezze interrogative che nascondono proprie certezze da cui non ci si vuole smuovere. Prima l’episodio non bello di cardinali che pubblicano un libro con l’intento di condizionare il sentire di chi è stato ecclesialmente radunato in Sinodo; poi – a Sinodo concluso con le indicazioni racchiuse nella Amoris laetitia – la recente lettera che torna a ridire di fatto, da parte degli stessi, che l’obbedienza non è più una virtù cardinalizia: perché non è più fondata su quell’umiltà da cui forse si è tratti in inganno dai paludamenti purpurei in cui ci si avvolge. Dire nella Chiesa, dire con la parresia dovuta: ma l’ostinazione? Pietro e Paolo si confrontarono in piedi l’uno davanti all’altro. Ma oggi, davanti a Pietro che Francesco è, i Paolo sono proprio quei quattro emeriti per ufficio, e un pochino meno per virtù? Per grazia, scendendo nella quotidianità dal silenzio corroborante di una settimana di esercizi spirituali – hai fatto passare innanzi tutto attraverso te la Parola che sei stato chiamato a servire alle sorelle claustrali – trovi l’intervento del patriarca di Costantinopoli. Che scrive: “Indubbiamente, ad avere soffocato e ostacolato le persone – è stata in passato la paura che un “padre celeste” in qualche modo detti la condotta umana e prescriva le usanze umane. È vero esattamente l’opposto, e i leader religiosi sono chiamati a ricordare a loro stessi, e poi agli altri, che Dio è vita e amore e luce. Di fatto, sono queste le parole ripetutamente sottolineate da Papa Francesco nel suo documento, che discerne l’esperienza e le sfide della società contemporanea al fine di definire una spiritualità del matrimonio e della famiglie per il mondo attuale”. Dover sentire questo nell’ecumene, sarà sufficiente a superare certe occulte ipocrisie che s’annidano dietro dichiarate (ma sospette) sottomissioni?