due interventi che facciamo nostri, per non essere né papisti, né, tantopiù, antonsocciani_ «Fratelli e sorelle, buonasera!». Così si presentò al mondo Jorge Mario Bergoglio in quella sera di tre anni fa, il 13 marzo 2013, quando si affacciò vestito di bianco dalla loggia di San Pietro, dopo essere stato eletto papa dal Conclave successivo alla rinuncia di Benedetto XVI. In questo triennio il primo papa col nome Francesco, il primo gesuita e il primo latinoamericano, ha compiuto e realizzato 12 viaggi all’estero per un totale di 20 Paesi visitati, 11 visite in Italia, 168 Angelus e 124 udienze generali, 2 encicliche, 15 costituzioni, un’esortazione apostolica – «Evangelii gaudium» – che rappresenta la linea-guida del pontificato, un’altra in arrivo fra pochi giorni dedicata alla famiglia; e poi, 153 messaggi, 130 lettere, 180 omelie pubbliche, 628 discorsi, 382 meditazioni durante le messe a Santa Marta, una delle novità simbolo del papato di Bergoglio. Inoltre, un libro intervista, con Andrea Tornielli, coordinatore di Vatican Insider oltre che vaticanista del quotidiano La Stampa. I principali “cantieri aperti” sono tre: la riforma del sistema economico-finanziario vaticano, quella della Curia, e la riorganizzazione del sistema mediatico d’Oltretevere. Con una certezza: il sostegno della gente, dei fedeli e dei non credenti, che sentono questo Papa dal linguaggio semplice e profondo e dai gesti significativi, che chiede ponti e non muri, un papa vicino, soprattutto a chi soffre (di Domenico Agasso jr e Pablo Lombó).
Commenti, articoli commemorativi, tentativi di bilancio: il terzo anniversario dell’elezione di Papa Francesco è stato oggetto di riflessioni varie. Con una caratteristica: il consolidarsi di due categorie. Su fronti contrapposti ma con lo stesso giudizio di delusione. Da una parte, i critici dal fronte tradizional-conservatore. I quali riducono un po’ ossessivamente il magistero del Papa ad alcune mezze frasi contenute in qualche intervista vera o presunta. Questi commentatori censurano quanto Francesco dice e insegna quotidianamente, e ripetono invece in continuazione quelle due o tre mezze frasi «da intervista» cercando di affermare che il Papa cambia la «dottrina». Dall’altra parte ci sono i critici dal fronte progressista-riformista. I quali si aspettavano dal Papa argentino le riforme e i cambiamenti dottrinali ormai da lungo tempo ribaditi nella loro agenda. E ora si dicono delusi perché questi cambiamenti non sono avvenuti. Per i critici del primo tipo, Francesco è un rivoluzionario che rompe con la tradizione dei predecessori. Per i critici del secondo tipo, è un conservatore che si è presentato sotto le mentite spoglie del progressista. A queste due categorie sono da aggiungere coloro che riducono il pontificato di Francesco e il suo magistero a slogan. Come se per vivere la «conversione pastorale» e la «riforma dei cuori» proposta dal Papa bastasse soltanto cambiare alcune parole d’ordine. I critici da fronti opposti, come pure gli ermeneuti dello slogan, finiscono così per non fare veramente i conti con la testimonianza talvolta spiazzante di Francesco. Un Papa che attira quanti non si sentono a posto, gli irregolari, coloro che sono in ricerca, quelli che non sanno già tutto o che non hanno già chiuso tutto nei propri schemi e pregiudizi (di Andrea Tornielli).